Arnold Is a Model Student - Arnon pen nakrian tuayang Regista: Sorayos Prapapan
Arnold Is a Model Student - Arnon pen nakrian tuayang
Regista: Sorayos Prapapan
Cast: Korndanai Marc Dautzenberg, Virot Ali, Chayut Anantapong, Natanon Jariyaprasertsin, Anaphat Rueanhiranthanakit, Siraphop Punmanee, Yanin Pongsuwan, Winyu Wongsurawat, Siriboon Naddhabh, Niramon Busapavanich, Darunbhorn Likitkererat
Provenienza: Thailand
Anno 2022
Autore recensione: Roberto Matteucci
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“Bangkok traffic is terrible.”
Anne Cheng, una sinologa fra le più autorevoli, considera il pensiero di Confucio basato su tre principi essenziali: l'apprendimento, la qualità peculiare dell'uomo e lo spirito rituale. (1)
I tre principi non valgono singolarmente ma devono essere rispettati tutti insieme, solo così lo studio ha una validità. Comportamento non facile, pure lo stesso Confucio nei Dialoghi afferma di non esserci ancora riuscito:
Il Maestro disse: «Nello studio dei testi antichi, non credo di es sere inferiore ad altri, ma il comportamento da autentico uomo di valore non credo di averlo ancora raggiunto!» (VII, 33). (2)
L'obiettivo dell'istruzione, dell'imparare, del ricercare, dell'educazione, dell'insegnamento è modellare un uomo capace di adoperarsi per la comunità, sul piano politico, e di diventare un “uomo di valore” sul piano morale; i due ambiti si identificano nello junzi. La definizione di Anne Cheng:
“Il junzi è dunque «l'uomo di qualità» o «l'uomo di valore», in opposizione allo xiaoren «l'uomo meschino, piccolo» in senso morale, ossia «l'uomo dappoco».” (3)
Che serve essere un genio della matematica, vincere un premio autorevole, una borsa di studio, frequentare per un anno una scuola negli Stati Uniti se si è disonesti, corrotti, falsi e vigliacchi?
È il caso di Arnold uno studente di un liceo di Bangkok. È il protagonista negativo del film Arnold Is a Model Student - Arnon pen nakrian tuayang del regista thailandese Sorayos Prapapan presentato al Bangkok World Film Festival 2022.
In una prestigiosa high school di Bangkok, le classi sono tutte schierate per l'alzabandiera. Il preside deve accogliere Arnold. Arnold è un bel ragazzo, massiccio, simpatico, vivace. È intelligente. È arrivato primo nelle olimpiadi di matematica ottenendo il premio di studiare negli Stati Uniti. Oggi è il suo ritorno dall’estero. Il preside utilizza la sua vittoria per pubblicizzare l'istituto e ottenere più iscritti.
Arnold è pur sempre un adolescente, un po' discolo ma accattivante. Arriva in ritardo, gioca con i compagni mentre la sua immagine è esposta nei manifesti fra gli allievi più meritevoli, come accade in ogni scuola thailandese.
Arnold è furbo. È consapevole della sua importanza e, a volte, ne approfitta per avere dei piccoli benefici.
È l'inizio appariscente e festoso del film. Successivamente succede l'impossibile. Manifestazioni degli studenti, tumulti, cariche della polizia.
Arnold ne rimane fuori. Vuole i soldi per poter tornare in America. Un insegnate spudorato gli propone di lavorare per la sua scuola. Gli esami per l'iscrizione ai college più celebri della Thailandia sono difficili e complicati. Arnold è assunto per suggerire le risposte dei test ai figli delle famiglie benestanti, con scarsa capacità nella matematica. Arnold per denaro accetta questo fruttuoso mestiere, fregandosene degli amici. Abbandona tutti e fugge.
I temi sono sociali: la meritocrazia scolastica, lo stress e le difficoltà degli esami, le scuole private. Poi ci sono gli argomenti politici, la situazione in Thailandia. Argomenti interessanti, edificanti ma qualcosa non funziona.
Arnold è bivalente. Ha un aspetto amichevole. È un giuggiolone, allegro e gioioso. I compagni di classe lo invidiano perché è brillante, è stato in America. Laddove Arnold trionfa, essi vivono nel dubbio, nelle normali incertezze sul futuro come un qualsiasi adolescente.
Persino Arnold ha delle oscurità. È brillante ma ha anche delle sofferenze, il padre è morto. È disilluso, fragile, immaturo, egoista, pensa esclusivamente a se stesso e ingrato con i compagni.
Ma non c'è solo Arnold. C'è una splendida e originale professoressa, un carattere di altri tempi. Stravagante, focosa, nel video appare con una empatia incredibile, sorprendentemente politicamente scorretta.
Il film comincia con una inappuntabile sequenza. Dei ragazzi ballano, eseguono una coreografia bizzarra, gioviale accompagnata da una colonna sonora eccellente in armonia.
Se questa prima parte è gestita elegantemente con il desiderio di avere un tono lieve, improvvisamente c'è una frattura netta.
Il conflitto di Arnold con se stesso è superato da quello fintamente politico di un gruppo di esagitate studentesse comparse dal nulla. Come gli è sia passato per la mente al regista rappresentare le ragazze come delle fanatiche? forse dovevano far ridere? Sembra necessitano di un esorcismo. Queste povere studentesse sono completamente frastornate, annientano l'iniziale ritmo, spezzano la tensione. Dovrebbe essere un simbolo delle donne attive ma in realtà sono delle macchiette, delle offensive caricature.
La conseguenza del film è dominata dalla noia. Una profonda noia.
Il colpo di scena è diviso in due parti. C'è la partenza di Arnold, il quale non piange perché si allontana dai compagni, piange perché lascia la madre. La seconda è la protesta di un manipolo di allieve. Qui a piangere non sono gli studenti ma il pubblico emaciato dalla banalità.
Solo all'inizio si possono trovare dei riscontri positivi. Ad esempio la piacevole e ironica scena dell’auto presentazione degli studenti della classe. Uno dietro l'altro, velocemente, esprimono i loro sogni: chi vuole essere dottore, chi veterinario, chi vuole studiare e chi vuole essere il critico delle critiche cinematografie. Una sequenza perfetta, veloce, perspicace, sarcastica.
La fase successiva ha un deficit di regia, una lentezza esasperante. I temi scompaiono: il film diventa una farsa mal riuscita.
Lunghe inquadrature. La camera è guidata con apatia, con calma, con tedio, come nella scena del workshop. Pause assurde, estremamente soporifere, come la lettura della lettera. Una camera indugiante sui particolari insignificanti. Queste tipicità uccidono il ritmo e le aspettative.
È il primo lungometraggio per Sorayos Prapapan. Fino a ora ha unicamente diretto degli apprezzati cortometraggi. Probabilmente, l'autore non ha ancora preso le misure per le direzioni di due ore di storia. La colpa è anche della sceneggiatura. Il regista deve allungare la trama con infinite riprese e senza un significato. Il montaggio anziché alleggerire il film lo appesantisce.
Cosa è successo? Il cinema thailandese ha un influsso culturale importante, un fascino delle grandi storie sia intimistiche, sia corali, sia umoristiche.
Quali erano le motivazioni del regista? Dirigere un film comico? Certo era questo il suo fine, voleva sentire le risate del pubblico.
È disorientate la dichiarazione di Sorayos Prapapan a una domanda sincera del giornalista Yun-hua Chen.:
“The film is incredibly funny, but the audience in Locarno did not seem to laugh that much?
I thought, what’s wrong with you people? They might be shocked or shy though. In some of the jokes, I was giving the audience the opportunity to make fun of our Thai accent portrayed in the movie, but they did not laugh. Maybe they are too politically correct? Or maybe they were shocked? When I screened my short film that was supposed to be very funny, people laughed a bit in the end.” (4)
Il film dovrebbe fare ridere ma il pubblico di Locarno è rimasto indifferente. Il regista da eccentrico democratico accusa gli altri, il pubblico. È il pubblico a essere ignorante.
Purtroppo il film non è piacevole, né comico, né derisorio per difetto del filmmaker. Il pubblico paga e guarda al film. Non ride a comando.
Non è la differenza culturale a impedire agli svizzeri di divertirsi, d'altronde neppure gli spettatori di Bangkok hanno riso.
La democrazia non esiste solo se si vince, esiste anche se si perde, e il rispetto dovrebbe prevalere. Dovrebbe prevalere lo junzi, l'uomo di qualità ma Arnold, come Ensor, si nasconde fra le maschere.
Anne Cheng, volume primo Storia del pensiero cinese, dalle origini allo studio del «Mistero», Giulio Einaudi editore, Torino, 2000
Confucio, Dialoghi, a cura di Tiziana Lippiello, Giulio Einaudi editore, 2006
Anne Cheng, volume primo Storia del pensiero cinese, dalle origini allo studio del «Mistero», Giulio Einaudi editore, Torino, 2000 (pag. 51)