Chola – Shadow of Water Regista: Sanal Kumar Sasidharan
Chola – Shadow of Water
Regista: Sanal Kumar Sasidharan
Cast: Joju George, Nimisha Sajayan, Akhil Vishnawath
Provenienza: India
Anno 2019
Autore recensione: Roberto Matteucci
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“Mi fidavo di te”.
Suryanelli è una studentessa di sedici anni del Kerala. Un giorno del 1996 fugge con il fidanzato Raju. Raju è un fannullone approfittatore, fintantoché la ragazza lo aiutava economicamente. La ricatta per costringerla a fuggire con esso, ma l'abbandona durante il viaggio. Sull'autobus fu adescata da una signora (probabilmente complice di Raji). Infatti, conosceva il nome di Suryanelli. Rapita, fu consegnata a un altro uomo. Suryanelli fu picchiata, nascosta, violentata per quaranta giorni.
Le vicissitudini giudiziarie furono pigre e intricate a causa di molte coperture. Purtroppo, nella opinione pubblica indiana ci furono dubbi sul comportamento di Suryanelli. (1)
Dal Kerala proviene il più bravo dei giovani registi indiani Sanal Kumar Sasidharan. Ha uno stile personale, dimostrato nell'angoscioso, bellissimo on the road Sexy Durga. Un dark movie ambientato su una interminabile, oscura strada del Kerala. Un ragazzo e una ragazza, anch'essi fidanzati, cercano una fuga d'amore dalle loro famiglie. Un allontanamento non facile per i folli, cattivi, surreali incontri.
Alla 76° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia Sanal Kumar Sasidharan presenta il disturbante film Chola.
L’autore ammette un collegamento con la triste storia di Suryanelli:
“You’ve said the Suryanelli case was an inspiration for Chola. But was there anything more? The reason I ask is that I sensed a lot of anger in the film. [...]
The Suryanelli case was shocking to me. It happened when I was in school, and a lot of questions about the attitude of the victim and her captors popped up in my mind.
The idea of Chola stemmed from these questions. People didn’t understand certain things back then and they don’t understand it even today, which explains why some viewers responded negatively to the film. They’re not willing to analyse the psychological state that prompts this kind of behaviour. They see the female character doing something and immediately go, “That’s problematic!” (2)
Nel verdeggiante confine fra Kerala e Tamil Nadu, due uomini aspettano su una vecchia e malandata jeep. È l'alba, il tempo è brutto, tanto vento, freddo, nebbia. Essi sono un giovanotto e il suo boss.
Sono in attesa della giovanissima Janaki. È la fidanzata del ragazzo. Desiderano prendersi qualche ora insieme, una semplice vacanza in città. Si fermano in un centro commerciale, passeggiano sulla battigia. Si amano.
Ma nel paese di diffonde la notizia della scappatella, Janaki è in preda al terrore. Il boss, fino a quel momento in disparte, prende in mano la situazione. In piena notte li porta in uno spregevole motel.
Il boss è una specie di orso cattivo. Comprende le debolezze della coppia e si trasforma in un mostro, capace delle più infime turpitudini umane.
Chola significa wetland, palude, terreno acquitrinoso, piane alluvionali. Il potere dell'acqua è sovrannaturale, il regista lo specifica:
“In Malayalam, chola means wetland. It also means waterfall. Water is one of the powerful forces of Nature. It’s beautiful when it’s calm and violent when there’s a surge. In that sense, water is a metaphor for life.” (2)
L'ultima parte si svolge in un fiume in piena, con una bella cascata, è possibile, addirittura, pescare con le mani. L'acqua è la metafora di purificazione in un finale shocking.
Il tema è la violenza sulle donne. Nella fattispecie in l'India ma ovviamente è un affare mondiale.
È la medesima tematica di Sexy Dunga, la questione femminile indiana sta a cuore del regista:
“90 per cent of the marriages are facilitated by the family members, even today. Once a girl turns 18 or 19, she is married off the next day, to someone she has not yet seen or interacted with. Her parents look at the man’s financial status, looks, power, family background, and then force her to marry him. There is no other communication between them whatsoever.” (1)
Janaki è una studentessa adolescente, goffa, non bella, non si trucca, indossa dei vestiti trasandati.
È molto umile, timida, non appare intelligente, ma è onesta, ama la famiglia, ama il suo ragazzo.
Lussuria, superbia, ira, non gli appartengono è solo maldestra.
Pure il fidanzato è modesto, ma esuberante, giocoso, si sente libero, è innamorato.
All'inizio nella jeep giocano, nel mall si tengono per mano, si siedono sulla spiaggia bagnati dalle onde.
Sciaguratamente, entrambi saranno schiacciati dalla turpe libido sessuale del boss.
È un orso sia fisicamente, sia nei gesti come quando pesca con le mani nel torrente.
Non parla, si impone esteriormente e piega i due giovani sotto la sua cupola maligna.
Il Sanal Kumar Sasidharan ha la abilità di unire una vigorosa desinenza realista con un tono fantasioso macabro.
Il motel è squallido. Il lavandino è lurido, nero. Il rubinetto è gocciolante, un disgustoso scarafaggio ci passa sopra. È il luogo dell'angosciante litigio dei due ragazzi. E dei continui lamenti e urla di una fanciulla completamente succube, senza forza per difendersi e per ribellarsi. Ma poi, che senso avrebbe avuto ribellarsi?
Il regista predilige le riprese nella natura del Kerala. Con un establishing-shot riprende dall'alto il tragitto della jeep nella foresta. L'inquadratura disegna una strada di curve. Lo stesso accade nel fiume.
Le scene nel motel, il viaggio nell’oscurità e quello iniziale nella nebbia delineano una scelta di luce alternata e scura. Solo poche fonti d'illuminazione, spesso artificiali; sono sempre intense, come i fanali della macchina in Sexy Durga.
La camera è frequentemente statica con campo lungo. Nel motel, la camera è fuori dall'edificio. Campo lungo, è notte. Il muro è un bianco sporco. Ci sono due porte. La prima è quella delle scale nell'oscurità. Nell'altra porta si intravede, spaventata, seduta, offesa, persa, stanca Janaki.
La colonna sonora è altisonante, dolorosa. Il rumore dell'acqua diegetico, è in similitudine alla musica extradiegetica. Del suono diegetico è composto perfino dalle ripetitive e ossessive frasi di Janaki: “voglio andare a casa” oppure il contrario “non voglio andare a casa”. Sono voci insopportabili, maniacali, martellanti. Colpiscono la nostra logica. Che logica può esistere in uno stupro di una adolescente indifesa?
Anche il ragazzo ha un mantra “capo”, con il quale chiama, supplica, piange, il suo boss.
In queste ripetizioni c'è sia dolore, sia incapacità di reagire.
Il film è ricco di elementi sociali, ma non etici. Troppo confusi i personaggi per avere una loro statura morale e ragionevoli spiegazioni.
L’autore descrive l'accoglienza di spettatori stupiti da una storia dicotomica:
“It was a 1,200-seater theatre. My sales agent gave me a warning saying there won’t be more than 100 people. She said it might drop down to 50 (laughs). Fortunately for us, over 800 people turned up for the screening.
How did they react?
“Most of them were foreigners and they were in a state of shock. The movie was too harsh for them. Chola ends by asking a cardinal question and people were curious to find answers. This is why I like Kieslowski. His movies do something inwards, but there’s no rational explanation. Sometimes, I’m compelled to explain what I intended, when the audience comes up with a reading that is totally against the idea.” (3)
Non c'è una razionale, sensata motivazione negli avvenimenti in un viaggio nel Kerala.