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Gukôroku – Trace of Sin Regista: Kei Ishikawa

Gukôroku – Trace of Sin

Anno: 2016

Regista: Kei Ishikawa

Provenienza: Giappone

Autore: Roberto Matteucci

73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

“Una cosa simile alla vendetta.”

La competizione nella scuola in Giappone raggiunge livelli parossistici. I giorni degli esami, per gli studenti e le loro famiglie, sono di grande tensione psicologica e fisica. Per chi non riesce c’è il dramma:

“… l’iscrizione alla università prestigiosa dipende dalla frequentazione della scuola superiore prestigiosa, e così via. Perfino l’esame di ammissione alla scuola materna si rivela determinante ai fini del curriculum. Non c’è da stupirsi che i bambini prendono lezioni private per superarlo nel migliore dei modi, o che il suicidio, a 5 o 6 anni, sia abbastanza diffuso.” [i]

Mischiando alcuni generi il regista Kei Ishikawa nel film Gukôroku – Trace of Sin, presentato alla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ci narra di un Giappone nel quale, le difficoltà di emergere, portano a compiere atti drammatici.

Il film inizia con una carrellata di visi all’interno di un autobus di Tokyo. Sta piovendo, una musica leggera accompagna diversi volti: uno sbadiglia, uno ha una mascherina ecc.

Ognuno va per i fatti propri. Tutti si allontanano, salvo Tanaka, un ragazzo zoppicante ripreso dal basso. Sta andando in una prigione a incontrare Mitsuko, la sorella detenuta, accusata di un fatto doloroso.

Tanaka è un giornalista, chiede al direttore del giornale di occuparsi di una strage accaduta anni prima. L’intera famiglia Takoua era stata sanguinosamente uccisa: “chiunque sia stato non era umano”.

La polizia non ha mai trovato il colpevole. L’investigazione del giornalista inizia intervistando gli amici e compagni della coppia. Ricostruito con dei flash back scopriamo la terribile verità. La coppia tranquilla, apparentemente amorevole e buona, ha creato il proprio fascino e successo sulle spalle di persone innocenti: “la gente è nata per essere egoista.”

Il regista ci racconta la struttura del film: “Si può dire che sia un social thriller. Fondamentalmente è un crime mistery, ma allo stesso tempo non credo sia troppo un crime mistery. La ricerca della verità è un punto importante ma non è il tema portante del film a mio parere. Interpreto più il film come un dramma umano. Io provengo da una famiglia molto normale, quindi non ho esperienza diretta di quello che viene narrato, delle gerarchie sociali ecc, ma dalla mi esperienza in Polonia ad esempio, una delle differenze più grandi tra Giappone ed Europa è che in Europa questo gap sociale è quasi visibile. Ad esempio dal cognome che porti o da dove vivi o come parli puoi capire se appartieni all’alta società o meno. In Giappone non puoi dedurre niente dalla persona accanto a te basandoti sul cognome. In Giappone esiste una sorta di ‘sogno americano’, ma allo stesso tempo c’è questo scarto sociale… Quando ho letto il libro su cui si basa il film ho pensato che fosse una grande storia crime ma che fosse anche una specie di Il grande Gatsby ambientato in Giappone, in cui la gente sogna di diventare qualcuno.” [ii]

I generi sono vari, addirittura c’è un accenno al filone del giornalismo investigativo. Ma nessuno è marcato o prevalente. Circondano il dramma umano e maggiormente il conflitto sociale all’interno del Giappone, anche se lascerei andare Il grande Gatsby."

Nonostante l’apparente somiglianza, all’interno dell’esclusiva università, le differenze sociali ed economiche prevalgono fra gli studenti. Anche se sono tutti giovani e amici, si determina un’estrazione sociale, una disuguaglianza alimentata dai clan universitari.

All’interno di quest’ambiente spietato, Mitsuko scopre quanta cattiveria ci possa essere stata. Le motivazioni implicano una scalata sociale. “La amo come ragazza e come figlia del presidente” non c’è amore, ma solo l’implacabile desiderio di arrampicata sociale. Tante ragazze sono vittime del bullismo economico dei ragazzi.

S’intrecciano i rapporti fra i due fratelli e la famiglia trucidata. La storia si scopre nel montaggio fra due colloqui intimisti. La sorella racconta ciò che gli è accaduto al suo psicologo, mentre il fratello parla in macchina con l’avvocato, raccontando i retroscena della famiglia Takou.

“Takou egoista “Che ne dici del secondo posto?”, purtroppo la scoperta è fatale.

L’autore compie una scelta di campo, appare traumatizzato da tanta malvagità. Un gesto violento, vendicativo, è liberatorio nei confronti di tutti, in un mondo di folli:

“Non è facile spiegarlo a parole, ma nella mia testa la struttura del film è come una spirale. In questo senso non c’è centro, ma allo stesso tempo è molto regolare. Il titolo letterale in giapponese significa ‘catalogo di follie‘.” [iii]

[i] Leonardo Vittorio Arena, Lo spirito del Giappone, RCS Libri, Milano, gennaio 2008

[ii] http://www.ilcineocchio.it/cinema/esclusivo-intervista-a-kei-ishikawa-su-gukoroku-traces-of-sin/

[iii] http://www.ilcineocchio.it/cinema/esclusivo-intervista-a-kei-ishikawa-su-gukoroku-traces-of-sin/