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Hysteria Regista: Tanya Wexler Cast: Maggie Gyllenhaal, Hugh Dancy, Jonathan Pryce, Rupert Everett

Hysteria

Regista: Tanya Wexler

Cast: Maggie Gyllenhaal, Hugh Dancy, Jonathan Pryce, Rupert Everett, Sheridan Smith, Felicity Jones,

Anno: 2011

Provenienza: UK, Francia, Germania, Svizzera, Lussemburgo

Autore Recensione: Roberto Matteucci

"La teoria dei germi è solo una corbelleria."

Sigmund Freud in Tre saggi sulla teoria sessuale aveva le idee chiare sull'origine dell'isteria: "Il carattere isterico rivela un grado di rimozione sessuale che oltrepassa la misura normale, una intensificazione di quelle resistenze contro la pulsione sessuale che abbiamo imparato a conoscere sotto il nome di pudore, disgusto e morale, un rifuggire quasi istintivo dall'occupare l'intelletto con il problema sessuale." (1)

Il pensiero di Freud è la base del film Hysteria della regista Tanya Wexler.

Nel 1880 a Londra regnava la regina Vittoria. La situazione medica rispecchiava gli standard del tempo e non lasciava molto scampo alle norme igieniche e sanitarie da noi conosciute. Nello squallore fantasioso degli ospedali emergono alcuni, pochi, idealisti della libera e pura sanità. Uno di questi è il Dottor Mortimer, interpretato da Hugh Dancy.

I suoi desideri utopici non sono ben graditi alle cliniche dell'epoca vittoriana, è quindi licenziato in tronco. La sua ricerca di lavoro è assillante ma nessuno è disposto ad assumere un filantropico visionario, finché un giorno arriva nello studio del Dottor Robert Dalrymple. Il primo approccio è strabiliante. La sala d'aspetto è piena, non ci sono posti a sedere liberi, Mortimer intimidito osserva la stanza: sono tutte donne.

E' assunto all'istante perché il dottore ha un vitale bisogno – letteralmente - di una mano. La sua specialità è la cura dell'isteria femminile, di cui soffre la "metà delle donne di Londra."

La terapia del Dottor Robert è sottoporre, le sue pazienti donne, a un trattamento stupefacente. In realtà pratica un'esplorazione manuale della vagina, alla ricerca di placare la "iperattività dell'utero." Semplicemente gli fa un ditalino.

Il Dottor Mortimer è inserito a questa nuova attività, ma l'intenso lavoro del polso gli provoca degli spasmi e delle fitte alla mano destra. Grazie all'aiuto del suo mentore Lord Edmund St. John-Smythe - Rupert Everett - sostituirà il continuo e insistente uso della mano con un aggeggio elettronico.

Abbiamo l'invenzione del vibratore. Con un costante uso, l'isteria della donna sparisce.

Il film è divertente, la regista Tanya Wexler sfoggia un linguaggio ironico, aiutata anche da un argomento vibrante, mai volgare. La pellicola è adagiata su una velatura soffice, delicata, disegnata con sfondi patinati e teatrali, come la panchina dell'incontro degli innamorati posta al centro dell'inquadratura e circondata da una cornice d'alberi ricchi di foglie gialle. La Londra è palesemente finta, artificiale, costruita come un gioco. I personaggi sono esagerati, sopra le righe, si muovono come delle marionette, sapendo già dove incanalarsi.

Il risultato è delicato e gentile.

Esempi. La ricerca martellante del lavoro è una scena senza voce. L'incontro con stravaganti dottori si osserva in una poltrona un depresso il Dottor Mortimer, la risposta è stata, ovviamente, un ennesimo rifiuto. Il tutto è ripetuto fino a diventare una comica.

Le paludate immagini dei quadri dell'aristocratica casa del Dottor Robert, assistono al primo sconvolgente intervento del vibratore su una paziente.

Il finale è un raggruppamento di femminismo e socialismo tout court. Le donne della casa dei poveri sono le uniche a non essere isteriche "perché sono troppo impegnate a procurarsi un pasto."

La concentrazione ideologica è talmente fasulla da sembrare vera, allineata e simmetrica con tutta la cifra del film. In alcune situazioni mi ricordava Irina Palm, l'anziana donna impiegata in una catena di montaggio di masturbazione intensiva, anche lei sommersa da una Londra oscura e ferita per eccesso d'attività lavorativa.

(1) Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale, Bollati Boringhieri, Torino, Prima edizioni 1975, ristampa maggio 2010, pag.47