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Il lato positivo - Silver Linings Playbook Regista: David O. Russell Cast: Bradley Cooper

Il lato positivo - Silver Linings Playbook

Regista: David O. Russell

Cast: Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Jacki Weaver, Chris Tucker

Anno: 2012 Provenienza: USA

Autore Recensione: Roberto Matteucci

“Sono uno positivo.”

Il regista David O. Russell ha una figlia sofferente di bipolarismo. [1] Ha diretto Il lato positivo, una pellicola sulla dimensione fragile ed effimera della nostra vita.

In un istituto psichiatrico di Baltimora è ricoverato Pat. Ha avuto una profonda crisi di nervi dopo aver trovato l’amata moglie nuda nella doccia con un altro uomo. “Mi sto ricostruendo” è il sentimento di Pat dopo il disastro. Riportato a casa, torna ad abitare con i genitori: una madre ossessiva e un padre senza lavoro, cacciato dallo stadio per condotta violenta.

Il film descrive il mondo dei comportamenti bipolari delle persone. Si concentra su Pat e su Tiffany una ragazza anch’essa soggetta a bipolarismo a causa della morte del marito.

Il film supera la concezione individuale mostrandoci una condizione simile per i tanti personaggi della storia. I genitori hanno le loro belle compulsioni ossessive. Il padre ha una tormentata superstizione, il vizio del gioco e costringe le persone a mantenere e a ripetere la stessa posizione se ritiene vincente. Gioca con i fazzoletti e i telecomandi. Il fratello mostra dei problemi di relazione. L’amico Ronnie soffre per un rapporto passivo con la moglie e vive l’angoscia quotidiana. Perfino il suo psichiatra lo ritroviamo tifoso acceso della squadra degli Eagles.

Il regista tende a tranquillizzare, a normalizzare, perché il messaggio è di mostrare come sia diffuso, anzi come tutti siamo bipolari.

La normalizzazione avviene per merito di Pat e Tiffany. La loro storia d’amore, il lieto fine è il viatico divertente e commovente per un’accettazione.

Pat cerca di leggere gli stessi libri della moglie, ma il suo comportamento psichico lo spinge a dire una nevrotica verità, perfino la più crudele.

In una piacevole scena lo osserviamo mentre lancia violentemente un romanzo di Hemingway dalla finestra sulla strada. La colpa è di Hemingway, come gli è venuto in mente a scrivere quel finale, e i genitori accondiscendono: “Facci un favore non leggere per un po'“.

Il personaggio di Pat è il più ricercato, il più profondo perché si sviluppa con una crescita relazionale diversa. Per accentuare l’ansia, il regista utilizza parzialmente delle soggettive, mettendo gli oggetti molto ravvicinanti per illustrare l’inquietudine del ragazzo.

Ma la bellezza sta nel ritmo. Un ritmo dettato dalla logorroica di Pat, dal suo parlare parlare parlare all’infinito, usando un vocabolario completo. Il suono delle parole infinite s’intreccerà con le frasi di Tiffany, pure lei una verbosa parolaia. I suoni fuoriescono all’infinito, senza senso, ma con la finalità di accogliere la pellicola con divertimento e profondità. Perché uno sfondo di tristezza permane indelebile.

I dialoghi sono surreali come nell’assurdo primo incontro fra Pat e Tiffany a casa dell’amico. Entrambi si sparlano addosso, non si ascoltano e finiscono per uscire insieme: “Puoi scoparmi se spegniamo la luce.”

I colloqui fra i due sono sempre più folli. Essa gli racconta di aver scopato con tutti i colleghi di ufficio nonostante il dolore per la morte del consorte. Il giudizio di Pat è lapidario: “Perciò è una troia fedele al marito che è morto.

Il dialogo nella tavola calda è altrettanto esagerato, un’alternanza di campo e controcampo veloce e impazzito: “Tu credi che io sia più pazza di te?”

Il ballo finale è catartico. I due ‘’pazzi’’ iniziano la comprensione e una corsa di notte per Filadelfia concede il lieto fine che mancava a Hemingway: “Cercavo di essere romantico”.

Il film è bello, ben diretto, con tanta cura nel concepire l’ossessione senza mai enfatizzare, senza andare fuori dalle righe. I personaggi sono ben raffigurati, perché nella loro follia, nella loro ansia, nei loro scatti d’ira mantengono un fondo umano. Il regista contraccambia con l’ossessione per i dialoghi e tanta definizione nelle immagini.

[1] http://www.interviewmagazine.com/film/david-o-russell-silver-linings-playbook/