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Piligrimai - Pilgrims

Piligrimai - Pilgrims

Regista: Laurynas Bareisa

Cast: Gabija Bargailaite, Jolanta Dapkunaite, Zygimante Jakstaite, Giedrius Kiela , Paulius Markevicius, Indre Patkauskaite, Julius Zalakevicius

Provenienza: Lituania

Anno 2021

Autore recensione: Roberto Matteucci

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Chi vuoi che me lo porti via.”

La Lituania è una nazione profondamente cattolica. Questa coscienza cristiana è stato basilare per avere l'indipendenza dall'URSS. Specialmente, ha consentito ai lituani di mantenere intatta una identità nazionale difendendosi dagli influssi materialistici sovietici.

Nel 1989, la cattedrale di Vilnius fu riaperta al culto cattolico e, il 5 febbraio, il Cardinale Sladkevicius riconsacrò la chiesa davanti a una popolazione immensa. Qualche anno dopo ci fu la liberazione definitiva.

Simbolo della resistenza all'occupazione fu la Collina delle croci a Šiauliai. Dal tempo dello zar, i lituani iniziarono a piantare crocifissi sulla collina. Il luogo si trasformò in un sito di venerazione, con un pellegrinaggio continuo. Durante la dominazione russa le croci si moltiplicarono, diventarono migliaia. I sovietici le distrussero numerose volte ma le croci erano conficcate nuovamente, nonostante la sorveglianza dell'esercito. 

Questa sensibilità religiosa si riversa pure nell'affrontare la morte. Quando una persona cara manca, è naturale reagire con una lancinante sofferenza. Ci si affligge, si piange, si rimane prostrati però il lutto ha un termine, è scritto nella Bibbia: “Alla sera sopraggiunge il pianto, e al mattino, ecco la gioia.” (Salmo 30:6) 

La prima reazione all'arrivo della morte sono le lacrime. Il lutto è il pianto. Infatti, l'etimologia della parola lutto deriva dal latino luctus del tema di lugēre piangere. (1)

La tribolazione della scomparsa si combatte sia con rituali collettivi, comuni e pubblici, sia con comportamenti individuali. Spesso lo strazio e la disperazione sono rovinosi, inguaribili. Gli effetti sono un doloroso stato d'animo, un distacco totale dal mondo esterno e una inadeguatezza ad avere un nuovo oggetto amoroso, una diminuzione dell'autostima, un'autoflagellazione con autoaccuse, autopunizioni e autocritiche negative per l'accaduto: la vita entra in stallo. Si nega la realtà della morte, si crea un simulacro, nel quale si perpetua una comunicazione con il defunto.

Una elaborazione del lutto è necessaria ma complicata e oscura. Bisogna lavorare per ridurre l'influenza sul defunto, restituendo la forza psicologica per nuovi contatti affettivi. Non è una sostituzione, è il quid obbligatorio per riprendersi dalla pausa del vivere e procedere con nuovi sentimenti. 

Gli sforzi per conquistare questo livello sono insidiosi e faticosi, e non sempre hanno un buon esito. Una delle tecniche fondamentali è ottenere l'aiuto specifico della famiglia, degli amici, di gruppi. Soprattutto, quest'ultimi sono primari per concludere positivamente l'elaborazione, in quanto impediscono di rinchiudersi in se stesso e in solitudine. Con il gruppo, il dolore è condiviso, il peso ripartito fra più persone e la possibilità di vincere lo sconforto è fattibile. 

In un paese della Lituania, un ragazzo è ucciso dopo una lunga tortura. Il fratello è sconvolto, e chiede sostegno alla ex fidanzata. Insieme sono un piccolo gruppo, solo così potranno elaborare il tragico, penoso lutto. È la trama del film lituano Piligrimai – Pilgrims del filmmaker Laurynas Bareisa presentato alla 78° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. A Venezia ha vinto il prestigioso premio come Miglior Film della sezione Orizzonti.

In un paesino, nel quale tutti si conoscono, è stato commesso un assassinio orripilante. L'ucciso è Matas, un giovane omosessuale martoriato dal sadico e innamorato Vytenis. Prima di ammazzarlo l'ha trasportato in vari punti della città, mostrandosi ripetutamente alla gente. Una morte incomprensibile soprattutto per chi lo amava. Paulus, il fratello, è il più sofferente, è angosciato dal dispiacere. Da solo non può uscirne, vorrebbe guarire, vorrebbe intuire le ragioni. Perciò, chiama Indre, la sua ex. Tutti è tre avevano avuto dei bei momenti, erano stati felici. Paulus e Indre peregrineranno in ogni luogo nel quale uccisore e vittima sono stati il giorno fatale. Una peregrinazione triste e travagliata.

Le tematiche dell'autore sono sensibili. Concerne una sfera privata ma Laurynas Bareisa la inquadra in un contesto sociale ermetico, arduo da penetrare. Per riuscirci unisce omosessualità, morte, elaborazione del lutto, calvario e il silenzio delle comunità. 

Per facilità di comprensione, il regista sceglie il genere del giallo, la definisce una detective story:

“… it starts as some kind of a detective story … it moves … of an investigation of what do we how do we cope with it like how do you ...” (3)

Il tragitto, nelle varie tappe del dolore, ricorda ovviamente le quattordici stazioni della Via Crucis, la Via della Croce del periodo pasquale. Ogni fermata ha un significato. È la sacralità della pellicola, evidenziata da Laurynas Bareisa:

“… they just go to the places which are important for them and in a way also like sacral ...”

“… this place becomes some kind of sacred place ...” (3)

Ogni sosta è ieratica, poiché serve a purificare con un rito gli eventi compiuti in quel luogo. Intuire le motivazioni è impossibili. 

Il pellegrinaggio proviene dal latino peregrinum, vale a dire straniero (2). Il film è un viaggio spirituale dice l'autore: 

“… pilgrimage is an universal concept ...”  (3)

Indre e Paulius sono due stranieri alla ricerca di luoghi sacri, all'interno del loro stesso paese. Percorrono posti già conosciuti, ma ora li scoprono senza identità. E come forestieri sono fronteggiati dai residenti, fino a incontrare, in alcuni casi, un'aperta ostilità. 

Questa comunità, appare misteriosa e, Indre e Paulius, l'affrontano con rabbia. I due ragazzi credono in una colpa collettiva, una responsabilità oggettiva degli abitanti, accusandoli di non aver capito o, peggio, di non aver impedito o favorito il delitto. 

Il regista espone la sua idea della comunità: 

“… they are the main characters and also where the community of the town because we have to live there you know and we still you pretend you forget you really don't forget like if something this bad happened in your community your proximity so we are also dealing in a different way maybe in a way that we are not emphasizing a lot but still dealing so ...” (3)

È Il paese dei protagonisti, sembra una amena cittadina al riparo dalla brutalità invece, ci accade un fatto efferato.

Laurynas Bareisa lo definisce un posto tossico:

“… sensazione di trovarmi in un posto di per sé semplice che non avesse nulla di particolare ma di sperimentare davvero un sentimento molto negativo quasi tossico con una forte sensazione di non di non volermi trovare in quel posto …” (4)

La domanda è ovvia: ci voleva un massacro per accorgersi?

I personaggi principali sono Paulus e Indre, ma intorno aleggia lo spettro di Matas.

Paulus è sconsolato, depresso, singhiozza vergognosamente sul pavimento sotto un lenzuolo. Ha un carattere iracondo, aggredisce un uomo unicamente per aver chiesto una sigaretta a Indre. Sono le caratteristiche di chi non riesce a elaborare il lutto. È incapace di avere un nuovo oggetto amoroso sebbene abbia un'altra fidanzata, addirittura incinta. Per tutto il film non ne parla e non si mostra. Soltanto alla fine, quando il rimorso si è razionalizzato, compare e Paulus la riempe di amore. Adesso è capace di avere una consapevole relazione. Se non avesse percorso il pellegrinaggio non avrebbe potuto mostrare una emotività più intensa.

Paulus si autoaccusava, si autopuniva, si autocriticava, sentiva ancora la presenza di Matas. Ne esce con l'aiuto del gruppo, in questo caso minuscolo, solo la ex fidanzata. Condividendo il dolore con essa, può impegnarsi per capire la verità. Paulus riesce a essere più leggero.

Persino Indre ha l'esigenza di combattere quel passato. È collegato a un suo dramma personale. Dopo il crimine ha avuto un aborto, sarebbe stato il figlio di Paulus. Indre è forte e guida il suo ex. La sua tristezza è più controllata ma è pur sempre un macigno.

Ma chi era Matas? Sicuramente era smanioso di vivere, di amare, e forse era succube di quella relazione. Rappresenta un fantasma, costantemente presente nel tragitto. Un fantasma inquieto, si libererà quando i due ragazzi comprenderanno gli avvenimenti.

Il merito dell'autore è una introduzione ambientale e una presentazione dei personaggi approfondita. La nascita del conflitto è determinata, chiara: una violenta elaborazione del lutto. La conseguenza è positiva, un amore e una paternità da avvicinarsi con una affettività matura.

Il regista realizza una struttura con flashback, con episodi autosufficienti, per poi proseguire lentamente fino a una chiarificazione generale dell'omicidio, come deve essere un giallo.

Quando la catarsi finale esplode nei pressi di una diga, tutto il dolore, il tormento si deflagrerà sia fra i due ragazzi, sia nel paese.

È la componente raziocinante del film. Esempio è quando Paulus vuole rievocare le stesse terribili sensazioni di Matas, la descrive il regista:

“… era importante per i personaggi anche calarsi davvero in esperienze che possono essere forse percepite come razionali quando ad esempio il personaggio nel bagagliaio della macchina proprio per sentire come Matas aveva vissuto per provare le stesse emozioni sicuramente non è questo un percorso razionale un processo razionale però è naturale e anche appunto da un punto di vista cronologico, la cronologia come abbiamo già detto è stata importante avevo anche previsto un finale diverso dei finali diverse poi ho deciso di riscriverlo proprio per mostrare questi aspetti …” (4)

È un rituale. I riti aiutano a liberarsi dalla pena; lo racconta il regista:

“… cercano un modo per alleviare il loro dolore e quindi per gestire anche questo dolore attraverso effettivamente dei rituali … dei personaggi che ritornano su questo sul luogo proprio per non dimenticare come fosse un rituale per gestire ed elaborare il dolore che provano ...” (4)

Una cerimonia non compiuta in una chiesa ma direttamente nei luoghi macabri dell'omicidio.

Un sistema di aspettative mostra le vicende passo a passo, consentendo al ritmo di non cedere all'interno di uno schema preciso.

Il regista ha i suoi tempi. Prende una cadenza calma per dispiegare la storia. 

Il montaggio è lineare, intercalato con dei flashback scoperti step by step. Le pause sono lunghissime, l'andatura delle scene è talvolta sospesa in attesa di qualcosa. 

Questa è l'atmosfera del film, qualcosa d'inquietante si aggira in ogni inquadratura. Non è il fantasma di Matas ma un blocco affettivo. 

È l'elemento sociale a identificare il dolore. I concittadini appaiono menefreghisti, ostici, omertosi, ma questi sono i loro compaesani e amici. Il dubbio è evidente: anchePaulus e Indre sono così? Anch'essi avrebbero voltato la testa di fronte a una circostanza simile esclusivamente perché non li riguardava?

Questa è l'affascinante Lituania, dove le croci spuntano di notte benché siano abbattute di giorno, qualunque cosa accada “Stat crux dum volvitur orbis”.




  1. https://www.etimo.it/?term=lutto

  2. https://www.treccani.it/vocabolario/pellegrino/

  3. https://youtu.be/LZ53mah-vs4

  4. https://youtu.be/88z-03P4Ab0




Sitografia sui cattolici in Litunia:

Bibliografia sulla elaborazione del lutto;

  • Edoardo Giusti, Anna Milone, Terapia del lutto. La cura delle perdite significative, Armando Editore, 2021