Ser ser salhi – City of Wind – Città del vento Regista: Lkhagvadulam Purev-Ochir
Ser ser salhi – City of Wind – Città del vento
Regista: Lkhagvadulam Purev-Ochir
Cast: Nomin-Erdene Ariunbyamba, Tergel Bold-Erdene, Bulgan Chuluunbat, Tsend-Ayush Nyamsuren, Ganzorig Tsetsgee
Provenienza: Qatar Germania Paesi Bassi Portogallo Mongolia Francia
Anno 2023
Autore recensione: Roberto Matteucci
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“Your dream is distant.”
Il popolo mongolo ha segnato la storia di moltissime nazioni:
“… circa l'1 per cento della popolazione maschile mondiale ha nel suo patrimonio genetico la prova che discende da Chinggis Qa'an o dai suoi immediati antenati.” (1)
Nei primi anni del XIII secolo, il mongolo Gengis Khan iniziò una travolgente conquista del mondo conosciuto:
“Il loro impero arrivò sul mare Adriatico, raggiungendo la Croazia.” (2)
La Mongolia ha il fascino di una natura potente, e soprattutto magica.
Magica per la dimensione bucolica con una steppa vastissima, un'estate torrida e un inverno crudele. I territori fuori di Ulan Bator sono estesi ma con una popolazione limitata.
Gli abitanti hanno una spiritualità profonda.
Il simbolo della Mongolia, presente nella bandiera e in qualsiasi luogo pubblico, è il Soyombo. L'ideogramma fu ideato da Zanabazar, un monaco artista del mille seicento. Il significato è “may the Mongol nation exist by its own right”. Il Soyombo ha un valore religioso, il centro rappresenta lo yin e lo yang. Intorno, le altre figure geometriche richiamano le spiritualità, come il cielo, il fuoco, il sole, la natura.
Nonostante numerosi anni di comunismo e di ateismo (durante la dittatura furono distrutti tutti i templi buddisti), la spiritualità non sparì, rimanendo indispensabile per i mongoli, giovani compresi.
La devozione del buddhismo è la più evidente, quella più dissimulata è lo sciamanesimo. Entrambe convivono senza problemi. Nelle tende denso di fumo, gli sciamani celebrano riti con canti, tamburi per evocare gli spiriti.
Ma altresì questa Mongolia sta subendo dei cambiamenti. La popolazione nomade si sta stabilizzando negli alti grattacieli di Ulan Bator. I vasti spazi tuttavia esistono, le grandi yurta ancora dominano il panorama persino poco fuori del centro.
Lontano dalla città si vive un sentimento di solitudine, di difficoltà, di sofferenza, di considerevole lavoro, analizzato dai romanzi dello scrittore mongolo Galsan Tschinag, come il sensibilissimo Il cielo azzurro (AER Edizione, Bolzano, 1996). Il bambino Dschurukuwaa, cresce privo del cellulare e del computer, costretto ad affrontare già da fanciullo le sevizie di una natura matrigna, eppure esso ama questo condizione, la sua steppa perché consapevole di esserne parte integrante quantunque l'arrivo del terribile, insopportabile e brutale inverno:
“Oh, che padre dal cuore crudele sei tu!
…
O tu che ci punisci così duramente! Di che cosa ci siamo resi colpevoli?! Non siamo sempre vissuti nella fedeli a te, nella sottomissione e nell’assoluto rispetto delle tue leggi, ah?! Perché allora ci punisci con tanta ferocia e senza nessuna pietà, iiih? Vuoi costringerci a rinnegarti a seguire altri insegnamenti! …” (3)
La Mongolia di Dschurukuwaa sta mutando, forse lentamente ma inesorabilmente.
Questa nuova Mongolia è narrata con affetto e passione dalla regista mongola Lkhagvadulam Purev-Ochir nel film Ser ser salhi – City of Wind – Città del vento, presentato alla 80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Inquadratura della steppa, una montagna, la neve.
In una tenda, un vecchio e uno stregone stanno eseguendo un rito. Il figlio dell'anziano è lontano. Attorno ci sono ancora tante baracche.
Stacco sulla scuola. È una scuola moderna, gli studenti sono in divisa. L'allievo migliore è Ze. E Ze è pure lo stregone della scena precedente. Ha solo diciassette anni, ma è maturo, studia attentamente, si cura della famiglia, vive con i genitori e la sorella. Ha una forte emotività. Questa emotività lo spinge a sentire gli spiriti e a trasformarsi in uno stregone ricercato.
Un giorno è chiamato a fare un rito per una adolescente, Maralaa. Essa deve sottoporsi a una complicata operazione. La madre chiede allo stregone Ze di compiere un rituale per proteggerla.
La giovane è scettica, riluttante. Lo insulta, lo considera un imbroglione, un mascalzone.
Ze è l’opposto di Maralaa ma è attratto dal suo temperamento, dalla sua personalità. La visita all'ospedale dopo l'operazione, Ze, forse è un lestofante, ma è un bellissimo e sexy ragazzo.
Fra i due inizia un amore, con gesti inconsulti, gironzolando nella storia di Ulan Bator. Ma la diversità alla fine prevale. Maralaa lo lascia per andare a vivere nella Corea del Sud dal padre mentre Ze resta lo spirituale stregone capace di comprendere nei cuori e nella natura.
L'argomento prioritario è quella della Mongolia. Ma l'autrice esce da schemi illuministici ribadendo un concetto, non c'è un contrasto fra modernità e spiritualità.
“... ma in pratica nella vita reale quello che trovo è che niente è così dualistico e dialettico … per questo per me è estremamente importante che questo film non parli di tradizione contrapposta al modernismo … era molto importante che io rappresentassi la vita in Mongolia come un mosaico … immagino si possa dire che è una questione di tensione, si può dire che c'è una tensione tra questi due aspetti ...” (4)
Non c'è dualismo e dialettica, non c'è una lotta fra progresso e tradizione. Per la regista la trama è un “mosaico” ed è vero. Il film ha una struttura con parecchi piccoli episodi, scene minime, alcune riguardanti lo sciamano e altri più contemporanei come il furto della borsa. Ze interpreta ambedue i ruoli, è attuale e conservatore, non c'è una distinzione. Per Ze, la scuola moderna e lo studio dell'inglese, non inquinano gli influssi della natura e degli spiriti ancestrali.
Se in Ze coesistono, possono convivere persino in Mongolia.
L'affetto per il suo paese, è il tema di Ser ser salhi. Essendo la pellicola un “mosaico” riprende tanti aspetti della storia. Quelli palesi e quelli nascosti. La yurta offuscata, la religiosità, il naturalismo. Ovviamente sono presenti le influenze sovietiche, come l'architettura dell'epoca, le scritte:
“... vedi un po di monumenti sovietici e gli appartamenti sovietici ma allo stesso tempo ci sono tutti questi appartamenti moderni ma poi ci sono i quartieri dove sempre più nomadi si stanno trasferendo in città e poi ci sono le montagne che in un certo senso suggeriscono la campagna della Mongolia e c'è anche la musica.” (5)
I due ragazzi frequentano questi posti oltre all'opulento mall. Sono le richieste di una borghesia nascente, di un capitalismo rampante, di grattacieli dove si sogna di vivere abbandonando le fumose tenda:
“... cercando di dare un ritratto, quasi una documentazione della vita in Mongolia in questo momento … (6)
...
“... raccontano la storia degli ultimi venti anni della nostra storia … voglio dare quasi un punto di vista storico … rappresentativo delle nostre storie da quando siamo diventati capitalisti” (7)
Per raccontare la storia, l'autrice è precisa, osservatrice, culturalmente diligente, effettua delle scelte rigorose e descrive con attenzione psicologica i due personaggi principali.
Ze è un adolescente responsabile ma con tante esperienze da realizzare. Il fattore spirituale gli nasce da dentro, mentre è la modernità di Maralaa a svezzarlo. Essa lo sfrutta, spingendolo forzatamente all'amore, alla sessualità, e, premeditatamente gli spezza il cuore per egoismo e futili motivi.
Ze ha un potere. Vede in una allucinazione frammenti veloci di una vita separata, capace di rilevare la morte. D'altra parte vive con la sorella e di notte suona lo scacciapensieri.
Non ha difetti caratteriali, è aperto con la famiglia, con gli amici e con i compagni. Argomento fondamentale per la regista:
“... capire quale fosse il suo rapporto con i suoi genitori, con sua sorella, con i suoi amici, con il suo vicino e con la società più ampia … “ (8)
Ze è sempre disponibile, con molta ingenuità non riconosce le minacce delle persone. È pronto ad amare una ragazza aggressiva e offensiva per rispondere al suo desiderio.
È intelligente, percettivo, gentile, generoso, ieratico, sacerdotale, solenne, lavoratore, assennato, ha un elevato senso del dovere, rinuncia a un impiego per poter continuare a stare con la famiglia.
Il senso del dovere non appartiene a Maralaa. Essa è altera, aspra, benpensante, cinica, imbronciata, ingrata, meschina, snob. È l'elemento finto riformista, capitalista, liberal. Non ama il suo paese, infatti gli preferisce la Corea. Sono due sensibilità discordanti. Maralaa accusa Ze di essere un imbroglione ma in realtà è essa a essere un'imbrogliona.
Separatamente sono diversi, insieme sono il mosaico della Mongolia.
C'è inquietudine nelle sequenze delle cerimonie sciamaniche. Ci aveva provato la regista francese Fabienne Berthaud nel film Un Monde Plus Grand - A Bigger World presentato a Venezia nel 2019, con giochi di musica, di ritmo, di movimento della camera ma lasciando un dubbio e disinteressandosi dell'elemento sociale.
La peculiarità di Lkhagvadulam Purev-Ochir è una meticolosità degli sguardi, dei primi piano dei volti. Usando questi due componenti la regista disegna lo sciamanesimo:
“... volevo davvero concentrarmi anche sui volti delle persone, volevo davvero farlo concentrarmi sugli sguardi delle persone e le persone semplicemente si guardano e si vedono … perchè questo fa parte della mia esplorazione della spiritualità, come cos'è la spiritualità, come la rappresenterò.” (9)
...
“... risale a quel momento in cui sono andato da uno sciamano e una specie di ispirazione dietro l'intero film. Finti che i rituali siano estremamente intimi … è il fatto che siete così vicini durante i rituali e il fatto che vi annusano come si baciano i mongoli e voi sapete che sarete accarezzati e sei confortato … la spiritualità in questo film è l'intimità.” (10)
...
“... è anche con le persone che non sono più presenti e questo è ciò di cui trattano questi rituali nello Sciamanesimo: puoi parlare con i tuoi 9,29 Spiriti ancestrali … quindi è anche questa intimità che c'è tra le persone che non ci sono più, non sono più presenti ed è anche in intimità con il cosmo …” (11)
Questi dettagli servono a tratteggiare l'intimità nei riti. I baci, l'annusare, il toccamento sono gli avvicinamenti dello stregone con il corpo degli altri, effusione pure verso persone sconosciute. Queste premure fisiche e introspettive coinvolgono nello stesso momento stregone e ospite.
Accade pure nell'ambito familiare come i sogni di Ze con i suoi scabrosi coiti con persone vicine. Perciò il film mantiene un tono, una composizione volutamente minimalista, lo afferma la regista:
“... ed è per questo che mi sono avvicinato in generale allo stile del film in modo naturalistico, molto minimale, non volevo, non conosco il realismo magico, solo perchè abbiamo lo sciamanesimo … non volevo fare affermazioni di grandi dimensioni … “ (12)
Nella inquadratura del rito di Maralaa, Ze è circondato dai suoni dei tamburi, la camera si alza e si dissolve nel primo piano della ragazza.
Lo stile essenziale è accompagnato da una struttura chiara, esatta, con una progressiva tensione, un ritmo dettato dalle caratteristiche dell'esalazioni, del bianco della neve, dell'isolamento in mezzo alla natura, del sole, della luna, del fiume:
“... mi preme mostrare anche come i mongoli interagiscono con la natura, conversando costantemente con il sole, con la luna e con il fiume … per me questa è la spiritualità … voglio rappresentare l'intimità della Mongolia.” (13)
Tutto nel film è collegato alla natura:
“Ormai la montagna e la steppa erano diventate di un bianconero abbagliante, come travolte dalle onde burrascose di un mare di neve in movimento. Quella gelida luce faceva perfino male agli occhi. Soffiava un vento che sembrava tagliare, segare, penetrate e scorticare tutto ciò che incontrava sulla sua strada.” (14)
Il film è poderoso, onesto, patriotico. Un patriottismo intenso, intellettuale, religioso.
Certo ci sono delle cadute. Ad esempio la terrificante scena degli studenti ululanti come dei cani, un Attimo fuggente canino angosciante, ovvero un allarme per i numerosi randagi gironzolanti nelle strade buie.
Anche qualche taglio più esteso avrebbe aumentato il divertimento e il dissidio, ma la regista orgogliosamente solleva una bandiera nazionale con il Soyombo disegnato.
Michele Bernardini, Donatella Guida, I Mongoli. Espansione, imperi, eredità, Piccola Biblioteca Einaudi. Mappe. Storia, Torino, 2012, Pag. XVI
Michele Bernardini, Donatella Guida, I Mongoli. Espansione, imperi, eredità, Piccola Biblioteca Einaudi. Mappe. Storia, Torino, 2012, Pag. 62
Galsan Tschinag, Il cielo azzurro, AER Edizione, Bolzano, 1996, Pag. 139
https://youtu.be/FyrQsd5O-2E?si=eQIPzTL15DlI8vC9 (11,29)
https://youtu.be/FyrQsd5O-2E?si=eQIPzTL15DlI8vC9 (6,30)
https://youtu.be/FyrQsd5O-2E?si=eQIPzTL15DlI8vC9 (4,00)
https://youtu.be/FyrQsd5O-2E?si=eQIPzTL15DlI8vC9 (6,03)
https://youtu.be/FyrQsd5O-2E?si=eQIPzTL15DlI8vC9 (3,48)
https://youtu.be/FyrQsd5O-2E?si=eQIPzTL15DlI8vC9 (7,23)
https://youtu.be/FyrQsd5O-2E?si=eQIPzTL15DlI8vC9 (7,49)
https://youtu.be/FyrQsd5O-2E?si=eQIPzTL15DlI8vC9 (9,19)
https://youtu.be/FyrQsd5O-2E?si=eQIPzTL15DlI8vC9 (4,16)
https://youtu.be/FyrQsd5O-2E?si=eQIPzTL15DlI8vC9 (9,35)
Galsan Tschinag, Il cielo azzurro, AER Edizione, Bolzano, 1996