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The First Shot Regista: Federico Francioni, Cheng Yan

The First Shot

Regista: Federico Francioni, Cheng Yan

Cast: Peng Haitao, Liu Yixing, You Yiyi

Anno: 2017

Provenienza: Cina, Italia

Autore Recensione: Roberto Matteucci

“I peli dei gatti sono infiniti.”

Nel maggio del 1988 il governo cinese liberalizzò i prezzi dei beni di consumo bloccati due anni prima L’effetto non fu positivo, provocò una grave crisi economica, un aumento del costo della vita fino al 50 per cento. Le aziende aumentarono i salari, però senza avere un corrispettivo aumento di produttività. La paura di ulteriori aumenti provocò una altra spinta inflazionista, l'aumento dei consumi spinsse un ulteriore aumento dei prezzi.

Un malessere sociale si diffuse in tutto il paese e si arrivò a una rivolta di studenti repressa con la strage di piazza Tiānānmén nel giugno 1989. (i) I morti furono duecento: “Non si riusci a comprendere perché, per disperdere i manifestanti, fosse stato necessario ricorrere ai carri armati, e non semplicemente alla pubblica sicurezza.” (ii) O forse i motivi sono in linea con secoli di storia cinese, una resa di conti all’interno del partito comunista cinese per eliminare qualche avversario.

Le rimostranze internazionali sul massacro non fermarono lo sviluppo economico delineato anzi forse lo accelerò.

Gli anni successivi furono incredibili, una esplosione della crescita: nel 1993 il PIL aumento del 13,7, gli investimenti stranieri arrivarono al 700 per cento. Fu l’inizio di una serie di incrementi importanti, e nonostante alcune gravi crisi internazionali, la Cina riusci sempre a schivare i danni peggiori, a differenza di ciò che accadde in altri paesi.

“Dopo i fatti di Tiānānmén, molti commentatori furono convinti che la modernizzazione cinese non avrebbe avuto futuro … La crisi invece è stata superata e il processo di riforma ha subito un’ulteriore accelerazione che ha portato a una serie di grandi successi agli inizi del nuovo millennio.” (iii)

Gli accadimenti del 1989 sono una pietra miliare nel processo culturale cinese, una data storica che delimita un prima e un dopo.

È il criterio seguito dai registi Federico Francioni e Cheng Yan con il film The First Shot, vincitori del concorso alla 53a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. I due giovani autori sono nati entrambi dopo il 1989, vale a dire di Piazza Tiānānmén ne hanno solo sentito parlare.

In realtà la pellicola parte ancora più distante. È il 10 ottobre del 1911 quando a Wuchang iniziò la rivolta per la destituzione dell’Imperatore. Il titolo è un richiamo proprio a quello sparo.

Il documentario racconta la passione, i sogni, le debolezze, le paure di tre ragazzi nati dopo il 1989. Nessuno ha vissuto direttamente le rivolte dei loro coetanei a Tiānānmén, però su di essi ci sono i residui, le scorie delle inevitabili contro indicazioni di una crescita esagerata. Essi si ritrovano ad affrontare un mondo, una società che corre oltre la velocità della luce, e come spesso succede, i giovani – i più deboli, incerti, dubbiosi del futuro - sono le vittime più fragili.

Il film inizia con un gruppo di ragazzi in macchina mentre cantano l’Internazionale. E’ un inizio emblematico perché non bisogna dimenticare che la Cina è guidata da un partito comunista. Il comunismo, sogno utopico di tante generazioni, di tante giovani, in tutti i paesi del mondo. Ma quando il vagheggiamento diviene realtà, l’utopia sparisce e appare di fronte un realismo imprescindibile.

Il primo ragazzo è un artista, un blogger, un presunto tuttologo come giustamente deve essere un ragazzo ambizioso. Vive in un grande open space a Pechino. Lo sviluppo economico e sociale si manifesta principalmente nella manipolazione edile. Si distruggono vecchi quartieri di antiche fatiscenti case e al loro posto si costruiscono dei palazzi capaci di contenere le milioni di persone trasferite in città.

Intorno alla sua casa, il ragazzo osserva proprio questo cambiamento. Una distesa di macerie di abitazione abbattute, con tante persone impegnate a frugare per trovare qualcosa ancora utilizzabile.

La casa del blogger è molto spartana con pochi oggetti e diversi gatti. La utilizza anche come studio per le sue attività. È un lavoro difficile, osserviamo dal suo cellulare un suo blog è censurato. Il rapporto con la censura è infatti un problema.

Si passa a un altro ragazzo, viveva in Canada ma è ritornato in Cina.

Pure lui mostra una disillusione del mondo circostante. Una solitudine architettonica perché i registi lo mostrano sempre affacciato o vicino a una finestra o a un balcone. Dai pertugi, dalle fessure della propria casa vede il mondo intorno, anche qui rilevata con tante rivoluzioni edili. Si intravede lo smog, una ingegneria edile con scarsa fantasia; si vedono tante finestre dalle quali si comprendono le esistenze vissute all’interno. Il ragazzo ha una lamentela continua, una insoddisfazione persistente, non ama il cambiamento: “i dettagli si sono persi.”

Ultima è una ragazza, vive in Inghilterra. Ritorna forse sollecitata dagli stessi autori: “…la ragazza studia moda a Londra e le abbiamo proposto di tornare dai suoi nonni per incontrarli dopo molto tempo. E' stato un momento molto intenso e anche difficile per lei.“ (iv)

Infatti, se i due ragazzi mostrano una solitudine di fondo, la ragazza ha una famiglia, amici, li rivede con gioia, nostalgia, come quando insieme al padre rivive la gioventù del genitore accendendo semplicemente un fuoco.

È la ragazza a lanciare la frase più discutibile del documentario: “non ho messo nessun passato nel mio futuro.”

Per un paese fortemente tradizionalista, con una cultura ricchissima, una filosofia sfarzosa trovare una ragazza negazioni è un elemento di grave provocazion.

Si tratterebbe di comprendere le motivazioni: ci crede realmente? È un pensiero decadente derivato dal disfattismo totale di vivere a Londra? Oppure è una frase a effetto lanciata per vedere le reazioni?

Lascia attoniti perché non coincide con la personalità docile e sensibile mostrata del suo frammento. Forse si tratta della volontà di scandalizzare senza crederci.

Il film è un compito a casa, un “saggio di diploma” (v) richiesto dalla scuola e finanziato con cinque mila euro.

Il risultato è positivo, il documentario è stato girato con “mezzi molto leggeri” (vi), di cui il 50 per cento con Iphone come dichiarato nei titoli di coda.

I due giovani registi hanno una visione dei personaggi ricercata, con visioni analizzate e le pose rispecchiano i racconti dei ragazzi. Le inquadrature sono belle, come le immagini allo specchio per dilatare la personalità o le inquadrature angolari e in profondità delle stanze.

L’utilizzo massiccio di tante scene dentro o fuori di una finestra, è una metafora per una generazione nata a cavallo di un momento storico. I ragazzi si mettono in posa, guardano di traverso, in posizione, con una ricerca di bianco e nero importante. Ad accentuare la solitudine è la presenza marcata di grate alle finestre, come elemento divisorio con quel mondo bistrattato visto da lontano.

I registi utilizzano anche il montaggio con immagini non diegetiche, come un macellaio che spezzetta con abilità la carne, ovvero dei bambini, ovvero una ragazzina con un tutu bianco e le scarpette rosse. Immagini senza un legame ma rappresentative di un mondo totale come quello cinese.

I registi aggiungono scene rallentate, elettroniche come la finestra elettronica finale, da quelle fisiche arriviamo agli infissi di luce.

Nello stacco delle storie, gli autori montano una scena autorevole: un ragazzo nudo cammina all’alba sulla muraglia cinese, l’inquadratura è totale. La storia della Cina rappresentata dal suo monumento più famoso è segnata dalla presenza irrequieta di un ragazzo ignudo, pure questa è una scena simbolica. Un paese di una cultura immensa come la loro muraglia è scalfita da un giovane solitario e provocatorio.

Positivo è l’affermazione della volontà di essere presenti, di essere parte integrante e guida anche in un documentario. Il regista italiano Francioni alla domanda: ”Gianfranco Rosi vi ha influenzati?” la risposta è matura e determinata: “Poco. Sacro GRA ha una pretesa di oggettività che non ci appartiene. Il cineasta si pone come invisibile ma non lo è.” (vii)

E infatti i ragazzi guardano nella camera non si nascondono, non hanno la presunzione di parlare all’universo, parlano con gli autori tengono in mano il loro mezzo di comunicazione.

Il regista Cheng Yan intervistato alla fine della presentazione alla 53 Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro:

“… viviamo in una epoca in cui tutto stanno trasformando che io personalmente non capisco, la logica di questa direzione.” (viii)

Una bella storia sulla paura di crescere, di cambiare, di affrontare una società vastissima con milioni, anzi miliardi di problemi. Un umano sentimento ma c’è da affrontare un realismo difficile che non consente sentimentalismi, come la necessità di andare avanti, di sfamare 1,373,541,278 (ix) di persone, di trovargli un lavoro, una casa dove abitare. Di fronte a una oceanica massa di gente una persona si sente minuscolo, isolato, spaventato incapace di fronte alle tante decisioni della vita. È un film di formazione, un film sul contrasto generazionale. Questi tre ragazzi un giorno avranno successo, avranno soddisfazioni un lavoro, diventeranno famosi e ricorderanno gli anni della loro crescita con nostalgia anziché con rabbia.

(i) Mario Sabattini, Paolo Santangelo, Storia della Cina, Laterza, Bari, Quinta edizione, 2008

(ii) Mario Sabattini, Paolo Santangelo, Storia della Cina, Laterza, Bari, Quinta edizione, 2008, pag. 646

(iii) Mario Sabattini, Paolo Santangelo, Storia della Cina, Laterza, Bari, Quinta edizione, 2008, pag. 649

(iv) http://news.cinecitta.com/IT/it-it/news/54/70246/federico-francioni-viaggio-nella-generazione-post-tienanmen.aspx

(v) www.youtube.com/watch?v=UUmlkJWl7aU

(vi) www.youtube.com/watch?v=UUmlkJWl7aU

(vii) http://news.cinecitta.com/IT/it-it/news/54/70246/federico-francioni-viaggio-nella-generazione-post-tienanmen.aspx

(viii) https://www.youtube.com/watch?v=YsrcBOyBVJg

(ix) https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/ch.html

The First Shot, regista Cheng Yan e Federico Francioni, intervista alla 53 Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro