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Through the Wall – Laavor et Hakir – Un appuntamento per la sposa Regista: Rama Burshtein

Through the Wall – Laavor et Hakir – Un appuntamento per la sposa

Anno: 2016

Regista: Rama Burshtein

Provenienza: Israele

Autore: Roberto Matteucci

73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

“È un vero miracolo.”

Se Elie Wiesel ha processato Dio, per essere rimasto indifferente di fronte lo sterminio degli ebrei, (“Delle due l’una: o sa ciò che accade o non lo sa. In entrambi i casi è colpevole” ), Michal l’ha sfidato per essere rimasto imperturbabile quando il futuro marito è scappato, (“È un piccolo impegno per Dio trovarmi uno sposo per la fine di Hanukkah.” (1)

Michal è il personaggio del film Through the Wall – Laavor et Hakir – Un appuntamento per la sposa della regista Rama Burshtein, presentato alla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Nel 2012 la regista aveva già presentato a Venezia La sposa promessa – Fill the Void.

Imprescindibile è la conoscenza culturale religiosa di Rama Burshtein, appartenente alla comunità Chassidim. La stessa regista ci racconta in un’intervista il collegamento con il suo lavoro:

“Questo è il mio primo film visibile nel “mondo fuori”, ma io ho cominciato a fare film vent'anni fa, solo che per voi sono sempre stati invisibili, non li ho mai mostrati a nessuno che non facesse parte della comunità haredi. Sono nata a New York, vengo da una famiglia non religiosa e anche io, fino a 25 anni sono stata laica. Sono cresciuta a Tel Aviv dove i miei erano emigrati e ho studiato alla Sam Spiegel School di Gerusalemme, una buona scuola di cinema. Quando ho incontrato la religione ho mollato tutto, nell'arco di tre mesi ho lasciato gli studi, ho iniziato a insegnare alle ragazze della comunità, mi sono sposata, ho avuto 4 figli uno dopo l'altro e la famiglia è diventata il mio lavoro full time. Da allora ho cominciato a fare film per la comunità femminile ortodossa. C'è un'industria fiorentissima di film riservati alle donne haredi, niente a che vedere col femminismo, anzi, si offenderebbero a morte se vi venissero associate. Semplicemente, donne e uomini della comunità ortodossa non potrebbero mai andare al cinema insieme e poi solo le donne possono vedere altre donne nella loro intimità sullo schermo. Siamo una quindicina di film maker in tutto, facciamo film per tutte le donne ortodosse del mondo, ci finanziamo da sole e dobbiamo fare film che producano utili. È un'industria decisamente in attivo.” (ii)

Sarebbe interessante sbirciare questi film per sole donne ortodosse, però possiamo comprendere il sentimento nei due lavori aperti al mondo.

Le donne sono le protagoniste incontraste. In entrambe le storie ricercano un matrimonio, perché la famiglia è la base per costruzione del futuro e della vita.

La storia inizia con una visita di Michal, una ragazza di trentadue anni, a una veggente per aiutarla a sposarsi, gli deve togliere il malocchio.

Il risultato sembra positivo, nella seconda scena, infatti, la vediamo insieme a Gidi, un bel ragazzo di trentasei anni, seduti di fronte una tavola imbandita di cibo. Stanno provando il pranzo nunziale, a breve Michal e Gidi si dovrebbero sposare. “Non ti amo” Gidi gli confessa mentre stanno assaggiando cibi kosher, facendo saltare il matrimonio.

Michal non si arrende, non accetta l’interferenza, forse divina, e perciò lancia la sua sfida a tutto e a tutti. I preparativi della cerimonia andranno avanti, lei si presenterà il giorno delle nozze e, sfidando l’universo intero, avrà al suo fianco l’uomo amato.

È una sfida sconfortate, irrealizzabile e sicuramente folle per i nostri stereotipati occhi.

La storia prosegue con tanti incontri, tante speranze.

Il tono è leggero, divertente, ironico.

Ha un appuntamento con un uomo presuntuoso che si aspetta sempre un sì dalle donne.

Un altro è sordomuto e si presenta con l’interprete.

C’è perfino l’uomo ideale, Asaf, professore brillante e affasciante.

Addirittura il giovane bello mondano rock star Yos.

Non può mancare il religioso e separato Shimi, figlio della veggente.

Tutti potrebbero essere perfetti, ma il problema è il poco tempo a disposizione.

Uno di essi sarà accanto a Michal oppure si troverà sconfitta di fronte la competizione impossibile?

Il tono delicato del film non deve ingannare, abbiamo di fronte una ricerca della complessità umana, di una donna non disposta ad accettare passivamente la sorte.

Il primo piano di Michal ricerca i particolari del volto quando supplica: “Voglio essere normale.”

Ovvero la visita alla tomba di Nahman, fondatore della filosofia chassidica, a Uman in Ucraina. Michal affronta con coraggio la situazione “sono disperata” lamentandosi come in una preghiera di fronte al muro divisorio fra uomini e donne.

Ma il miracolo esiste, e la lagnanza raggiunge Yos, un bellissimo ragazzo, cantante e idolo di tante giovani. Separati da un muro, i due ragazzi iniziano un corteggiamento.

“Sei tu la star Michal” è la realtà presentata dalla regista in tutta la maestosità il giorno delle nozze. Michal è al centro dell’attenzione, seduta con un vestito bellissimo, con tutti gli occhi su di lei. La regista impazzisce a mostrarci i dubbi, le apprensioni e le paure della coraggiosa donna. Ci riesce con semplicità, ritagliando un mondo maschile intorno alla donna.

Da profonda donna religiosa Rama Burshtein ci lascia tanti simboli ebraici alle pareti, e da donna divertente ci distrae con le amiche di Michal e da un bizzarro giapponese convertito che appare con tanto di payot.

(i) Elie Wiesel, Il processo di Shamgorod, Firenze, 4° edizione, 1998, pag. 82

(ii) www.iodonna.it/personaggi/interviste/2012/rama-burshtein-intervista-401059585958.shtml