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Un monde plus grand - A Bigger World Regista: Fabienne Berthaud

Un monde plus grand - A Bigger World

Regista: Fabienne Berthaud

Cast: Cécile de France, Narantsetseg Dash, Tserendarizav Dashnyam, Ludivine Sagnier, Arieh Worthalter, Catherine Salée, Thomas Coumans, Steven Laureys, Timothée Régnier, Jeremy Alonzi, Ganbat Ulziibayar, Elyne Knauf, Galiya Barii, Naranjargal Bayaraa, Bolormaa Galiya, Ulziichimeg Naranjargal, Otgonnyam Choijil

Provenienza: Francia, Belgio

Anno 2019

Autore recensione: Roberto Matteucci

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Ogni dolore ha una fine.”

La Mongolia ha il fascino di una terra vergine da scoprire, fantastica, e soprattutto magica.

Magica per la dimensione naturale, una steppa vastissima, un'estate torrida e un inverno crudele. I territori fuori di Ulan Bator sono infiniti ma con una popolazione limitata.

Gli abitanti hanno una spiritualità profonda e devota.

Soyombo, Ulan Bator

Il simbolo della Mongolia, presente nella bandiera e in qualsiasi luogo pubblico, è il Soyombo. L'ideogramma fu ideato da Zanabazar, un monaco artista del mille seicento. Il significato è “may the Mongol nation exist by its own right”. Il Soyombo ha un valore religioso, il centro rappresenta lo yin e lo yang. Intorno le altre figure geometriche hanno significati spirituali, come il cielo, il fuoco, il sole, la natura.

Nonostante molti anni di comunismo, di ateismo (durante la dittatura furono distrutti tutti i templi buddisti) la spiritualità non scomparve mai, rimanendo indispensabile per i mongoli, giovani compresi.

La religione del buddhismo è la più evidente, quella più dissimulata è lo sciamanesimo. Entrambe convivono senza problemi. Nelle tende piene di fumo, gli sciamani celebrano riti con canti, tamburi per richiamare gli spiriti. 

L'eccesso di spiritualità - in un mondo aspro, solitario, abitato da gente dura ma forte, con una natura affascinante ma pure spietata - potrebbe avere effetti sconvolgenti per una francese ricca benpensante viziata illuminista in crisi depressiva.

Succede a Corine, nel film Un monde plus grand - A Bigger World della regista Fabienne Berthaud, presentato alla 76° Mostra Internazionale dell'Arte Cinematografica di Venezia.

Corine Sombrun è sposata con Paul. Il loro rapporto è idilliaco, si amano follemente. Improvvisamente Paul muore. Corine è stravolta dal dolore. Sprofonda in depressione. Un amico gli offre un lavoro come tecnico del suono in Mongolia. Nella steppa mongola incontra un gruppo di nomadi. Lo sciamano Oyun riconosce in Corine delle doti: “This woman is a shaman”.

Ritorna a Parigi, dubbiosa. Inizia il confronto fra scienza e trascendenza. 

Ma esistono gli spiriti? La regista spiega la sua opinione:

Do you believe in spirits? In the dark world? 

I still don’t know anything, but I decided to believe in it. When you are in Mongolia, it is difficult not to believe. Everyone believes in spirits, they are a very connected, spiritual people. The Mongolians do not do anything significant without asking the spirits and nature if they agree. As for us, we have been plundering nature for a long time without asking! There, you consult the shaman like we go to the doctor. During my first scouting trip, someone suggested to me to do a ceremony to see if the spirits agreed with my making the film. An old shaman brought us into the forest and, luckily, the answer was positive!  (1)

Corine è un vero sciamano?

Indubbiamente è una donna borghese, altezzosa, superba, atea. Crede in un naturalismo miscredente, nell'ecologismo senza Dio, è una bio-capitalista: il miele bio sulla tavola. La reazione alla scomparsa del marito è tipica per una persona agnostica: annichilimento, accidia, malinconia, inerzia. Per una irreligiosa egoista la morte è definitiva, uccide la speranza e la vita.

Perciò Corine da perfetta opportunista segue la prima forma di spiritualità con la quale entra in contatto. Diventa sciamano perché è andata in Mongolia. Se fosse andata in Giappone sarebbe diventata una buddista zen, se fosse andata in Africa una animista.

Corine accetta la religiosità mongola ma non per timore o per misticismo o per fortezza. È unicamente interesse, come se lo sciamanesimo fosse un prozac.

High light, close-up Corine e Paul ansimano, hanno un coito, tutto è bianco, sono felici.

Cut, stesso letto, stesso close-up, Corine piange, la felicità è sparita, Paul è morto.

La rappresentazione è implacabile: un bel appartamento borghese, disseminati ci sono decine di spartiti musicali.

Contraltare è la pochezza di agi e benessere della Mongolia. Establishment-shot sul cielo, natura per dimostrare come sia un luogo incontaminato. Un autobus strapieno e sporco sta portando Corine nella steppa. Attorno c'è la strabiliante paesaggio: i cavalli corrono liberi. È estate, la luce è brillante, la regista alterna immagini della corriera con quelle esterne.

Nella tenda dormono tutti insieme. Il rito sciamano avviene con tamburo fortissimo accentuato dal ritmo delle inquadrature. Lo sciamano è sconvolta, esagitata.

Come può un artista descrivere la soprannaturalità evitando di essere patetico?

Fabienne Berthaud illustra la sua esperienza:

A major issue of the film was how to deal with the trances and visions. How to portray the invisible. What does the black world that the shamans talk about look like? How to portray your heroine’s visions? I imagined an organic, monochrome, spectral and mysterious world. I sought inspiration from Artavazd Pelechian. A world of sensations rather than a world of representations. I wanted to work with texture, shadows, blurs, to distort real images. Sound also plays a crucial role in the film. The acoustic vibrations of the shamanic drums, the animals’ breath, their hooves on the earth. I tried to make the spectator experience something physical, that they feel rather than see. I never tried to explain. Maybe that is what the invisible world is. (1)

Sensazioni più che rappresentazioni, distorsione d'immagini reali, suoni, tamburi, respiro degli animali. 

Corine vede luci sullo sfondo nero, oppure completamente bianco. Le inquadrature sono sfuocate perché gli spiriti non possono essere nitidi. È simile ai dipinti new age, come i quadri di Redon o Moreau. Perciò l'autrice si concentra sulla proiezione onirica, come delle immagini inconsce. Sequenze appartenenti esclusivamente a Corine, solo essa le vede. È diverso per Oyun, lo sciamanesimo è la sua esistenza, e non ha bisogno di una esposizione iconografica. Il simbolismo appartiene a noi occidentali, per i mongoli tutto fa parte della vita, non c'è intermediazione come passare tramite un lutto personale per avere una percezione.

Il film possiede un potente linguaggio metafisico, formale, con la fiducia di unire un microcosmo di una depressione parigina a un macrocosmo mistico in Mongolia. La regista racconta un'ambiente poetico con passione, ma alcune volte esagera e ne nasce una parodia divertente.

È l'ironia prevale: spiriti che amano alcool e biscotti, un nomade che cavalca nella steppa con delle ricariche solari legate nella sella del cavallo.

La scena più piacevole è una finta cerimonia. I nomadi recitano, come una sceneggiata, dei finti riti sciamanici per fregare degli ingenui turisti. Il fine è vendergli delle cianfrusaglie passate come oggetti magici. 

L'esagerazione produce delle macchiette. Lo sciamano Oyun assomiglia al Maestro Miyagi. Ordina a Corine di tagliare la legna, mungere le mucche, andare al fiume a prendere l'acqua, le urla in faccia di ubbidire. Corinne è ingenua: “Quando cominciamo?”

La disputa scienza versus spiritualità si svolge in un ospedale a Parigi. Ritornata nella capitale francese, Corine prima si confida con la sorella, poi si reca in una clinica per dei check. La dottoressa gli pone, perplessa, domande imbarazzanti. La scienza è rappresentata dallo zigzag di un elettroencefalogramma, dalla luce alternata. Close-up di Corine con gli elettrodi in testa, lo sguardo vuoto e perso. Negli occhi possiamo leggerci la sua incredulità: un elettroencefalogramma, seppure prodotto da una macchina scientifica avanzata e moderna, non può leggere l'animo di una persona. 

Chi vince fra scienza e misticismo?

Sicuramente Corine, perché la regista è la sua complice. E nel fiume Corine ha una catabasi, ha la visione liberatoria del marito come suggerito dal sciamano: “devi lasciarlo in pace”.

(1) https://medias.unifrance.org/medias/130/73/215426/presse/a-bigger-world-presskit-english.pdf