Frantz Regista: François Ozon

Frantz

Anno: 2016

Regista: François Ozon

Provenienza: Francia, Germania

Autore: Roberto Matteucci

73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

“Non si sostituisce una persona amata.”

La prima guerra mondiale fu un’ecatombe di proporzioni apocalittiche.

I due nemici, Francia e Germania, subirono una carneficina: un milione settecento mila furono i morti francesi, mentre per i tedeschi arrivarono a due milioni e mezzo. Alla fine della guerra, ovviamene, entrambe le nazioni si ritirano nei propri confini ma i risultati del massacro rimassero nella mente e nel cuore delle popolazioni, per lungo tempo la diffidenza, il ripudio, e anche l’odio minarono le relazioni. Le accuse di sterminio furono reciproche.

Nel 1919, quattro anni dopo la fine della guerra, a Quedlinburg in Germania il regista François Ozon ambienta il film Frantz presentato alla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Frantz è morto durante la guerra, in una battaglia con l’esercito francese. È uno dei tanti. E come tanti ha lasciato la fidanzata Anna e dei genitori stravolti. Ma Anna non è l’unica a piangerlo, un ragazzo da alcuni giorni si presenta al cimitero per dolersi sulla tomba di Frantz. Il ragazzo francese è Adrien.

Adrien entra in contatto con i genitori e con Anna. In pochi giorni riesce a colmare un vuoto raccontando delle comuni esperienze con Frantz.

Il film è girato in bianco e nero, con macchie di colore. Poetico è il regista per giustificare la scelta, in una intervista il regista spiega: “Il bianco e nero è il colore della verità e del realismo, soprattutto per quel periodo storico: per noi la memoria è in bianco e nero, le immagini d'archivio sono in bianco e nero, come se la Prima Guerra Mondiale si fosse svolta in bianco e nero. Ho inserito però questi accenni di colore come un'iniezione di sangue nelle vene, per indicare la vita che riprende dopo un lutto; volevo però che tutto questo avesse un effetto sensoriale e non dogmatico.” (1)

Il lutto non è di facile elaborazione per degli anziani genitori. La mancanza del figlio ha annientato la loro vita, non c’è speranza, non c’è futuro. C’è solo stanchezza. Ma c’è anche la bella fotografia. I due protagonisti, si scambiano le prime effusioni sentimentali, per scacciare il dolore. Ma nei momenti di pace interiore ritorna il colore: Adrien suona il violino alla famiglia come faceva Frantz. In quel momento il cuore dei genitori si consolava nelle note del violino: “Grazie per le vostre lacrime”.

Altro tema è la menzogna:

François Ozon: “Il tema della menzogna e del segreto ricorre spesso nel mio cinema, ma qui mi interessava analizzarlo in un contesto drammatico: capire come noi affrontiamo i momento di sofferenza e quali metodi adattiamo, metodi che spesso passano attraverso la finzione, inducendoci a prendere dei percorsi anomali.” (2)

Mente Adrien, mente Anna, entrambi rifuggono dalla verità, troppa sofferenza la verità può creare e tutti hanno sopportato una tristezza incommensurabile. Non c’è cattiveria nel falsificare la realtà ma solo amore, è impossibile non giustificare la menzogna in questi casi.

Il regista si serve dei bellissimi flashback fra Adrien e Frantz. Sono belli, fraterni, amichevoli, pieni di amore ma sono falsi. Falsissimi, eppure sono allegri, gioiosi, non siamo di fronte a un’ignobile menzogna, a una spregevole bugia ma vediamo un sogno, una verità artistica, allegorica; pensiamo che sarebbe bello se fosse vero. A questo punto a nessuno interessa la bugia, interessa il sogno.

L’ostilità fra le due popolazioni.

La rappresentazione arriva dal padre di Frantz. Prima caccia Adrien dal suo studio medico: “Mi dispiace non posso curarvi”. Nonostante il giuramento di Ippocrate lo allontana perché è francese. Un francese ha ucciso il figlio e la sua condanna si trasmette a tutti i francesi.

Ma quando allontana i pregiudizi, grazie alla conoscenza di Adrien, scopre che tutti i giovani soldati, lanciati in una guerra mostruosa, sono uguali. Adrien e Franz sono identici, hanno avuto gli stessi sogni, le stesse speranze, le stesse avventure, ed entrambi non sanno i motivi per cui si trovano al fronte, argomento solo per politici guerrafondai.

È l’emotiva scena dell’arrivo del padre nel bar, dove si ritrova con gli amici. Di fronte all’oltranzismo nazionalista dei compagni, esso sfoga la terribile verità:

“Siamo padri che bevono alla morte dei loro figli.”

“Hai giovani si perdona sempre tutto.”

È vero. I mandati sono da ricercare fra i genitori, la loro protervia, la loro sicurezza, la loro mancanza di priorità ha fatto si che i figli morissero.

La stessa situazione odiosa la trova Anna in Francia. Il sospetto, la diffidenza dei francesi è uguale a quella dei tedeschi. Non c’è speranza.

Il regista si serve anche di due strumenti artistici per motivare le proprie scelte linguistiche.

Una poesia di Paul Verlaine la “Canzone d’autunno” e il dipinto di Èdouard Manet “Il suicida”.

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Ozon richiama da Verlaine i violini, il ricordo, il pianto, il vento ostile, e la foglia morta.

Da Manet riprende il bianco e nero del vestito del suicida, del letto, il colore rosso del sangue del morto e della coperta. Ma il dipinto soprattutto provoca una reazione umana, classica nei suicidi, perché un uomo elegante, forse borghese, rinchiuso nella stanza decide di uccidersi? E perché un giovane ragazzo vestito da militare, di famiglia borghese, di studi importanti, si trova solo in una trincea, pronto a farsi ammazzare? Perché dovrà morire?


(1) http://movieplayer.it/articoli/frantz-la-nostra-intervista-al-festival-di-venezia-a-francois-ozon-pie_16261/

(2) http://movieplayer.it/articoli/frantz-la-nostra-intervista-al-festival-di-venezia-a-francois-ozon-pie_16261/

Roberto Matteucci

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“There’d he even less chance in a next life,” she smiled.
“In the old days, people woke up at dawn to cook food to give to monks. That’s why they had good meals to eat. But people these days just buy ready-to-eat food in plastic bags for the monks. As the result, we may have to eat meals from plastic bags for the next several lives.”

Letter from a Blind Old Man, Prabhassorn Sevikul (Nilubol Publishing House, 2009)

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