In cerca di un amico Regista: Karma Gava e Alvise Morato

In cerca di un amico

Anno: 2013

Regista: Karma Gava e Alvise Morato

Autore Recensione: Roberto Matteucci

Provenienza: Italia

Pesaro Doc Fest 2015

“Penso che, prima o poi, mi farò degli amici in modo naturale ma ci vorrà del tempo.”

Uno dei registi del documentario In cerca di un amico, Alvise Morato (insieme a Karma Gava), nella presentazione durante la prima edizione del Pesaro Doc Fest 2015 diretto da Luca Zingaretti, ci insinua che l’idea del film è arrivata: “Cercando qualcosa di bizzarro in giro per il mondo.”

Non c’è dubbio, la capitale della stravaganza e della singolarità è Tokyo.

Ancora rido quando ripenso a quell’amoreggiante Aquafan che era il water del mio hotel a Shinjuku.

Gli autori sono penetrati, con forza e intelligenza, nella variegata umanità di Tokyo.

Il documentario, in diciannove minuti, ci racconta il compito delle agenzie di affitto di relazioni umane.

Parlando del Giappone il pensiero potrebbe volare a qualche eccentricità sessuale a pagamento. Si tratta, invece, di un fenomeno più profondo.

A richiesta, l’agenzia fornisce un individuo specializzato nelle veci di una persona affettiva nella vita del richiedente.

Hai bisogno di un amico: ecco un estraneo, è l’amico con cui si va a cena.

Il padre non può venire al matrimonio della figlia: ecco un estraneo, è il genitore della sposa.

Non puoi andare a un funerale: ecco un estraneo, partecipa alle esequie.

Durante la visione esce un ghigno ironico: che pazzi che sono.

Ma abbiamo poco da stare allegri se proviamo a pensarci più intimamente.

Non solo i giapponesi, pure noi occidentali fatichiamo a intavolare delle relazioni umane soddisfacenti. La solitudine avanza in società sempre più complicate, isolamento mascherato dalle migliaia di messaggi inviati giornalmente.

I registi aggiungono qualcosa di più.

In realtà non è una semplice “ricerca di qualcosa di bizzarro in giro per il mondo”, gli autori conoscono bene il cosmo nipponico e, con grande maestria e un linguaggio brillante, ci conducono all’interno di Tokyo.

La città immensa è ripresa con garbo, nonostante sia sommersa da palazzi, strade, macchine, pedoni.

La gente è inquadrata dall’alto mentre attraversa gli incroci. Sono tanti robottini. Ognuno va per la propria strada senza mai incontrarsi, neppure per scontrarsi. È la simbologia di come, pure in una metropoli di venti milioni ci si possa sentirsi soli.

Il documentario appare a volte fantascientifico, altre divertente, assurdo, irreale.

Rivediamo tutte le altre tensioni umane della città come le manifestazioni dei cosplay negli angoli delle strade o i giocatori compulsivi delle cadenzate e rumorose pachinko.

D’altronde il film ci mostra le stesse eccentricità – pecore, corvi, fantasmi – dei popolari romanzi di Haruki Murakami.

Roberto Matteucci

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“There’d he even less chance in a next life,” she smiled.
“In the old days, people woke up at dawn to cook food to give to monks. That’s why they had good meals to eat. But people these days just buy ready-to-eat food in plastic bags for the monks. As the result, we may have to eat meals from plastic bags for the next several lives.”

Letter from a Blind Old Man, Prabhassorn Sevikul (Nilubol Publishing House, 2009)

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