Peterloo Regista: Mike Leigh
Peterloo
Regista: Mike Leigh
Cast: Rory Kinnear, Maxine Peake, Pearce Quigley, David Moorst, Rachel Finnegan, Tom Meredith, Simona Bitmate, Robert Wilfort, Karl Johnson, Sam Troughton, Roger Sloman, Kenneth Hadley, Tom Edward-Kane, Lizzy McInnerny, Alastair Mackenzie, Neil Bell, Lisa Millett, Philip Jackson, John-Paul Hurley, Tom Gill, Lizzie Frain, Harry Hepple, Ian Mercer, Adam Long, Nico Mirallegro, Danny Kirrane, Johnny Byrom, Victor McGuire, Stephen Wight, Ryan Pope, Dorothy Atkinson, Tim McInnerny, Marion Bailey, Vincent Franklin, Jeff Rawle, Eileen Davies, Philip Whitchurch, Martin Savage, Al Weaver, David Bamber, Paul Day, David Fielder, Fine Time Fontayne, Robert Gillespie, Jonathan Jaynes, Nicholas Lumley, Shaun Prendergast, Alan Williams, Dorothy Duffy, Victoria Moseley, Joseph Kloska, Leo Bill, Brian Fletcher, Gary Cargill, Patrick Kennedy, Guy Williams
Anno: 2018
Provenienza: UK
Autore Recensione: Roberto Matteucci
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“Hai visto Napoleone?”
Waterloo, 18 giugno 1815, Napoleone Bonaparte fu sconfitto definitivamente dalle truppe prussiane e inglesi, comandate dal Duca di Wellington.
Alla fine della battaglia i soldati vincitori iniziarono un lungo viaggio di ritorno a casa. Fra essi ci fu John Leeds. Fu un lento, triste rientro a Oldham in Lancashire, vicino a Manchester.
A Waterloo rimasse ferito, scosso, colpito nell'animo per le atrocità ma si salvò. Non ebbe la stessa fortuna quattro anni dopo quando fu ucciso dalle spade dello stesso esercito britannico che aveva servito fedelmente in Belgio.
Il 16 agosto 1819 su uno spazio chiamato St. Peter's Field a Manchester si tenne una manifestazione radicale in opposizione alla situazione politica ed economica. Il suffragio spettava solo al ceto elevato e ricco, i quali nominavano i deputati della regione, escludendo le altre classi sociali. Inoltre, la crisi economica stava affamando la popolazione, lo sviluppo industriale eliminava moltissima gente dal mondo del lavoro.
Circa sessanta mila persone si radunarono pacificamente ad ascoltare gli oratori. Furono attaccati dai Yeomanry, dagli ussari e fu una strage con morti, feriti e tanti arresti. I militari inglesi lasciarono un campo pieno di vittime civili. Fra essi ci fu John Leeds, salvo a Waterloo e ucciso a Peterloo, come fu chiamato, avvicinando i due nomi, il massacro a St. Peter's Field.
Un episodio storico poco sconosciuto perfino in Gran Bretagna. A trasformarlo in cinema ci ha pensato il navigato regista Mike Leigh nel film Peterloo presentato alla 75ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.
“Questo film non c’entra niente con la nostalgia. Non è un film malinconico, nostalgico, che cerca di tornare al passato. Èsulle persone e le nostre necessità come essere umani. Poi, il discorso come manifestazione non è per niente morto, ancora le persone sono in grado di fare bei discorsi, ma si articolano in modo diverso grazie ai media, alla tecnologia… non sono d’accordo per niente, non è sparito”. (1)
Mike Leigh, come nel suo stile, evita la nostalgia ma realizza un film chiaramente politico, con sottolineature di linguaggio chiare e definite.
Per alcuni storici Peterloo fu visto con questa idea:
“There are two points about Peterloo which have, somehow, become lost in recent accounts. The first is the actual bloody violence of the day. It really was a massacre … The presence of so many women and children was overwhelming testimony to the pacific character of the meeting which (the reformers knew) all England was watching. The attack was made on this multitude with the venom of panic.
But the panic was not (as has been suggested) the panic of bad horsemen hemmed in by a crowd. It was the panic of class hatred. It was the Yeomanry – the Manchester manufactures, merchants, publicans, and shopkeepers on horseback – which did more damage than the regulars. (Hussars) … There is no term for this but class war. But it was a pitifully one-sided war. ...” (2)
Peterloo fu una lotta di classe, uno scontro fra strati sociali. Erano i primi segni di socialismo, i quali saranno, qualche decennio dopo, codificati e filosofeggiati da Karl Marx.
Partendo da questi principi, l'autore analizza tutte le fasi degli avvenimenti, creando, come deve essere, una storia corale, una visione dal proletariato, con numerosi personaggi, con una dualità esatta e precisa.
La dicotomia è nelle atmosfere, nella continuità formale e storica.
L'inizio riguarda ovviamente Waterloo. Una scena di guerra con morti, feriti, lamenti; un trombettiere – John Leeds - è sconvolto dalla carneficina, si guarda intorno, solo sangue, non sa come comportarsi, perciò istintivamente prende la tromba e suona; non si sa per chi, ma suona. Segue uno scontato primo piano fino allo scoppio di una bomba vicino a John. Si ritrova con il viso insanguinato, stordito, non sente più bene.
Il viaggio è una inquadratura dei pochi superstiti, camminano in fila indiana cupi e senza parlare. Eppure hanno vinto, sono i vincitori contro il terribile nemico Napoleone.
La prima dissonanza è nella sequenza successiva; è una riunione della camera dei Lords, sta decidendo una ricca rendita, per aver sconfitto Bonaparte, a favore del Duca di Wellington. Anche il soldato John ha vinto come il Duca, ma la differenza umana e sociale è eclatante. Uno torna a casa distrutto e l'altro come un eroe.
Uno dei generali trionfatore nella guerra, al servizio di Wellington, fu il generale Byng, anch'esso fu premiato con un comando prestigioso.
John arriva a Oldham, indossa ancora la stracciata divisa dell'esercito, non se la toglierà mai. Riottiene l'affetto della famiglia ma deve affrontare una congiuntura economica difficile per la industrializzazione della manifatturiera del tessile. Camminerà disperato sotto la pioggia, a cercare invano una occupazione.
Prima di arrivare alla battaglia finale, è tutto un crescere costante di tanti protagonisti, sia fra i radicali, sia per i conservatori.
Si passa da una affollata riunione all'altra per entrambe le fazioni.
Fra i progressisti ci sono due differenti visioni. Molti sono illuminati ricchi borghesi o intellettuali. È evidente la diseguaglianza fra loro, sottolineate dalle divergenze nei discorsi, nelle lettere altisonanti, e nelle retoriche piene di metafore.
Il lavoro di scavo dei caratteri è potente soprattutto nell'umiliarli, nel degradarli come macchiette umane. In molte scene è trasparente questo pensiero.
Dimostrazione è la scena del tribunale. Davanti a un sadico magistrato sfilano una serie di imputati, tutti con la stessa motivazione. I giudici sono gaudenti, ripresi ironicamente dal basso mentre mostrano disprezzo per gli incriminati. In realtà non sono criminali ma unicamente dei casi disperazioni, sono poveri e hanno fame: “Vi condanno alla deportazione in Australia.”
Da convinto repubblicano, il regista, senza pietà e con totale svilimento, riprende in poche scene l'immagine della Corona e della sua partecipazione diretta nella strage. A gioco facile, anche storicamente parlando, con il principe reggente all'epoca dei fatti e in seguito Re Giorgio IV. È ripreso mentre da una carrozza saluta con faccia strana, piena di altezzosità la gente, la quale lo insulta per la sua negatività umana e politica.
Nel finale il principe reggente è riportato come cretino, un pagliaccio ma consapevole e volitivo nell'ordinare la morte di persone e a legiferare leggi di repressione ancora più severe. Al fianco una moglie ancora più ripugnante nei gesti e nelle parole.
Neppure il leader dei radicali Henry Hunt si salva. È irritante, superbo, è schifato dall'abitazione nel quale è ospitato con gentilezza ma lontano dalle comodità della sua vita borghese.
L'ultima scena è di azione, un attacco contro civili, un atto di terrorismo. Nessuno lavorava quel giorno, è una festa collettiva, tutti sono vestiti bene, eleganti, marciano in gruppo con musica e bandiere. Ma l'ultima descrizione di disgusto è verso il generale Byng. Non poteva essere personalmente a Peterloo a comandare l'esercito perché aveva un impegno importante. Invece lo vediamo, nello stesso momento della carica della cavalleria, impegnato a seguire e scommettere una gara di cavalli. Il peggio del peggio.
Il film ha una struttura, osserva la storia in maniera chiara, diretta, senza paura. Eppure la pellicola fu rifiutata sia dal festival di Cannes, sia da quello di New York, prima di approdare a Venezia:
“David Walsh: I think it’s a tremendous film. I was astonished to hear that the Cannes film festival turned it down.
Mike Leigh: There are many theories. But mine is the most straightforward. It’s not a red-carpet film. There are no stars; it’s not very sexy. Frankly, I don’t care. ...
ML: We did what we always do, including working very hard to get excellent French subtitles. It’s not arrogance, but we assumed we would be in Cannes. Then the word started to come back that there was an issue, and they said, no. ‘We respect the film, but it’s not for us.’
What I found far more upsetting and disappointing was that it was rejected by the New York film festival. Because almost every one of the films I’ve made, with perhaps one or two exceptions, has been in that festival. I was pretty cross about that.” (3)
C'è qualcosa di strano. Secondo il regista Peterloo fu rifiutato perché: “It’s not a red-carpet film. There are no stars; it’s not very sexy.” Pure i precedenti film di Leigh partecipanti e vincitori nei festival di tutto il mondo non avevano star o sexy story. Solo nella mente di Thierry Frémaux ci sono le ragioni del rifiuto per Cannes ma certamente la sua scelta non fu sbagliata.
(1) https://www.sentieriselvaggi.it/venezia75-peterloo-incontro-con-mike-leigh-e-maxine-peake/
(2) Robert Walmsley, Peterloo: The Case Reopened, Manchester University Press, Manchester, 1969
(3) https://www.wsws.org/en/articles/2018/09/28/inte-s28.html