Spring Breakers - Una vacanza da sballo Regista: Harmony Korine Cast: James Franco, Selena Gomez
Spring Breakers - Una vacanza da sballo
Regista: Harmony Korine
Cast: James Franco, Selena Gomez
Anno: 2012
Provenienza: USA
Autore Recensione: Roberto Matteucci
“Basta fingere che sia un videogioco.”
Alla Mostra di Venezia del 2012 fu presentato Spring Breakers – Una vacanza da sballo di Harmony Korine. Ragazzini festanti erano di fronte al tappetto rosso ad accogliere Selena Gomez e James Franco.
Il film ha tutte le caratteristiche per dividere, infatti, i commenti sono concentrati nei due estremi. È un buon segno, un motivo di discussione, di conoscenza, di dibattito, segno indiscusso della poliedricità del cinema.
Spring Breakers è la dimostrazione di come si può fabbricare una confezione giovanile di buona qualità..
Il linguaggio è brillante, moderno, un videogioco.
Il contenuto ha tutte le caratteristiche di una rappresentazione del disagio giovanile e sociale americano.
Il film ci racconta l’avventura di alcune ragazze universitarie abitanti in una noiosa provincia: “Sono tutti tristi qui.”
Le studentesse hanno un impellente bisogno di fuggire dal loro piccolo mondo. Quale località più esotica ed erotica di St. Pete Beach in Florida può soddisfare le esigenze di passionali ragazze.
All’inizio il regista ci mostra le studentesse durante una lezione accademica. L’autorevole professore spiega di Hitler e dei diritti dei neri. Argomenti ricercati, importanti, fondamentali ma le eccitate ragazze, nel quaderno degli appunti, stanno disegnando dei falli da fare invidia a Priapo. Inoltre con movenze oscene manifestano la loro impellente necessità di compiere urgentemente un congresso carnale allargato.
Ecco l’argomento di Spring Breakers: il sesso.
Il sesso appare in tutte le sue manifestazioni. Soprattutto emerge deliziosamente nella prima parte, dove St. Pete Beach è descritta e sognata da una moltitudine di belle e appariscenti ragazze, mentre compiono – simulati - dei carnali e libidinosi giochi con doppi sensi spassosi.
La luce è incandescente, non è solo il sole, è la passione voluttuosa di tanti ormoni e testosteroni bivaccati sulle spiagge. I colori sono incommensurabili, vivaci e inusuali.
L’inizio è imperdibile: sederi, tette, muscoli, pacchi ci ubriacano di bellezza.
Ma raggiungere il paradiso del sesso non è facile per quattro studentesse senza soldi.
Allora è necessario scatenare una bizzarra rapina, trasformando delle ingenue e rispettose ragazze in spietate criminali.
Una lettura del film è senz’altro la formazione stravagante di queste giovani.
Faith una curiosa ragazza cresciuta in un ambiente religioso cristiano. Eppure solo in Florida apprenderà il significato della vita: “Inizio a pensare che questo sia il posto più spirituale in cui sono stata.”
Tuttavia qualcosa andrà storto. Le ragazze si ritrovano in prigione.
La loro esaltazione è notata da Alien – James Franco – un folle e strampalato delinquente. È un tatuato mafioso, gestisce il racket della droga e prostituzione. Ha un rapporto fisico con il denaro, ci dorme e ci balla. Mentre le sue gigantesche armi sono le ramificazioni della sua distorta fisicità e metaforicamente un prolungamento mostruoso del suo ammennicolo.
James Franco è fenomenale come rapper criminoso. Si esprime come un pazzoide pieno di droga.
Nel suo essere fuori di testa, la sua recitazione è tonica ed estrema; per tutto il film è elettrico e nevrotico; fino all’ultima scena, quando il paranoico personaggio di Franco si diletta con una serie di movimenti del corpo fra la breakdance e l’ubriaco. Il regista utilizza una serie di ralenti, smorfie, assurde posture. Il personaggio è sopra le righe, perché tutto deve esserlo.
Tutta la scenografia è inesistente nella realtà e contemporaneamente irrazionale per entusiasmo.
Il montaggio è inaudito, perché possiede la dote di spezzare e moltiplicare nello stesso tempo le assurde azioni di tanti strampalati personaggi.
La fotografia raffigura la partenza al fulmicotone con una luminosità solare, per poi trasformare le immagini in giochi di luce nell’oscurità.
La prima parte è rovente, euforica e accaldante per una serie di trivi doppi sensi sessuali ma divertenti e smodati. Poi il film si trasforma in una follia collettiva, in una descrizione di una socialità pazzesca. Non c’è uno sfondo reale, il surrealismo prevale come nella scena finale.
Ricordo alla Mostra uscendo dalla sala, il commento di due signore: se voglio vedere seni e nudi guardo la televisione.