We Want Sex - Made in Dagenham Regista: Nigel Cole Cast: Sally Hawkins, Andrea Riseborough

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We Want Sex - Made in Dagenham

Regista: Nigel Cole

Cast: Sally Hawkins; Andrea Riseborough; Bob Hoskins

Anno: 2010

Provenienza: UK

Autore Recensione: Roberto Matteucci

Siamo nel 1968 in una fabbrica di automobili della Ford in Inghilterra.

Il reparto tappezzeria è composto totalmente da donne.

“In guerra ho combattuto contro Rommel, ma non ho mai avuto tanta paura come quando entro qui” è affermazione di un sindacalista che rende l’idea di come sia la vita quotidiana della sezione tessile.

Sembrano innocue, Sono delle brave mogli e madri, ma sono anche capaci operaie; lavorano e soprattutto producono come i mariti e i figli, eppure il loro stipendio è la metà di quello degli uomini.

È un dato di fatto; una realtà, nonostante che in quegli anni il governo fosse in mano al partito laburista.

Primo ministro era Harold Wilson e nella sua compagine governativa c’era Barbara Castle, combattiva signora della sinistra inglese.

Nigel Cole, regista inglese de L'erba di Grace e Calendar Girls, piace raccontare le donne forti, energiche e combattive. La sua è una devozione pienamente asservita alla femminilità prorompente, soprattutto quando fuoriesce con orgogliosa esuberanza dal solito ambiente maschilista in cui è circoscritta. La stessa caratteristica ritorna in We Want Sex.

Colori opachi, vestiti esageratamente di moda, pettinature azzardate ci raccontano la società inglese del tempo.

Le donne erano tollerate e mai viste come motore della nazione in funzione economica.

C’è un forte collegamento tra i vestiti delle attrici e la società inglese del tempo. Da questo collegamento parte la ribellione delle operaie.

Rita è una docile madre di famiglia, lavoratrice indefessa, però sente il peso delle sue fatiche – e pure della sua pettinatura – così si getta, anima e cuore nella battaglia sindacale.

La sua determinazione e capacità di farsi ascoltare la condurrà a essere il leader della vittoria del movimento femminile.

Il film dirige il suo pensiero battagliero non al movimento operaio come lotta di classe, ma a un livello interamente sessista. Le donne non hanno come antagonista i proprietari delle fabbriche, come sarebbe in una richiesta maschile, ma si devono confrontare, anche con zuffe impetuose, con gli operai uomini, con i mariti, con padri, con i figli.

Le donne sono isolate. Un problema che non riguarda solo le lavoratrici ma le donne in genere.

Infatti, una vittima del machismo è pure la ricca moglie del dirigente Ford.

Il film è corretto, forse troppo.

Ha linguaggio mansueto, ma anche delle tenerezze come il cartello sulle pari opportunità; parzialmente nascosto che scopre il we want sex ... del titolo.

Tutti vogliono sesso … ma nessuno nel film se ne accorge.

Roberto Matteucci

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“There’d he even less chance in a next life,” she smiled.
“In the old days, people woke up at dawn to cook food to give to monks. That’s why they had good meals to eat. But people these days just buy ready-to-eat food in plastic bags for the monks. As the result, we may have to eat meals from plastic bags for the next several lives.”

Letter from a Blind Old Man, Prabhassorn Sevikul (Nilubol Publishing House, 2009)

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