59. Esposizione Internazionale d’Arte Biennale Arte 2022 dal 23 aprile al 27 novembre 2022, Venezia
59. Esposizione Internazionale d'Arte Biennale Arte 2022 “Il Latte dei Sogni”, 23 aprile al 27 novembre 2022
Autore recensione: rmatteuc@tin.it
Credit photo: popcinema.org
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La 59. Esposizione Internazionale d’Arte, “Il Latte dei Sogni”, curata da Cecilia Alemani, è stata inaugurata il 23 aprile e si è chiusa il 27 novembre 2022.
In una Biennale Arte super policroma e variopinta, il colore nero domina su tutto. È un colore egemone, non ammette altre sfumature artistiche. La statunitense Simone Leigh nata a Chicago vince il Leone d'oro con Brick House, una casa di mattoni.
Il significato è raccontato dall'autrice:
"Se chiamassi qualcuno una casa di mattoni- ha spiegato l’artista sempre a New Yorker- qualsiasi persona di colore saprebbe di cosa stavo parlando. È una donna che... esito a usare la parola 'forte', a causa degli stereotipi delle donne nere come torri di forza. Si tratta dell'idea di una donna ideale, ma molto diversa dalla donna ideale occidentale, che è fragile”. (1)
Perciò per Simone Leigh le donne nere sono forti mentre quelle bianche e occidentale sono fragili. La lettura sotto traccia ha una giusta accezione: Simone Leigh è forte mentre le autrice bianchi alla Biennale sono fragili. La vittoria è già predeterminata dal fato dell'arte. Simone Leigh è fondatrice del BWAforBLM vale a dire Black Women Artists for Black Lives Matter. (Negli Stati Uniti, sfoggiare delle sigle lunghissime ha sostituito l'esibizionismo dei peni XXXL dei maniaci sessuali.)
Pertanto, Simona Leigh ci presenta un'arte divisiva, oscura, con delle scelte certe e dominante da sigle infinite. La donna di Brick House non ha occhi, i quali sono forse nascosti. La finalità è duplice, non mostrare il colore degli occhi (forse non sono neri?) rende impossibile penetrare l'anima.
Il successo di Simone Leigh è meritato è visivamente imponente per lo spettatore. Si rimane colpiti, spaventati, ossessionati da quegli occhi celati. La donna di Brick House è stilisticamente perfetta ma è pure eticamente corretta? La risposta di Karl Marx sarebbe negativa, la considererebbe un aspetto egoistico:
“ … richiedete per voi un'emancipazione particolare, siete degli egoisti. … dovreste occuparvi dell'emancipazione politica della Germania, come uomini, dell'emancipazione umana. Dovreste percepire la forma particolare della vostra oppressione e della vostra umiliazione non come eccezione, ma piuttosto come conferma della regola.” (2)
Maggiormente emozionate, irreprensibile e meno egoistica è la profonda Last Garment sempre di Simone Leigh. È un'evoluzione artistica secondo l'arte vista da Walter Benjamin:
“A queste istanze corrispondono però non tanto le tesi relative all'arte del proletariato in seguito alla presa del potere, per non parlare di quelle della società senza classi, quanto piuttosto tesi sopra le tendenze dello sviluppo dell'arte nelle attuali condizioni di produzione. La dialettica di queste ultime si fa notare nella sovrastruttura non meno che nell'economia.” (3)
Con Last Garment si parla di lotta di classe non di case di mattoni.
Anch'essa afroamericana, una donna con la schiena piegata per lavare i panni probabilmente in un fiume. Questa è una donna diversa, non nasconde nulla, gli occhi sono rivolti al basso ma sono aperti. Nell'opera si intravede la fatica, il dolore alla spina dorsale, la stanchezza, il lungo tempo passato con i piedi nell'acqua. È un'immagine sociale, è il simbolo dell'emancipazione umana. Last Garment non è divisiva, rappresenta l'impegno civile profondo. In quella posizione stavano per ore pure le mondine italiane per raccogliere il riso nei campi. È un'opera sociale, forse inconsapevolmente, perché l'autrice conosce Chicago ma non la storia sociale del proletariato. Conosce Patrisse Cullors – nelle sue ville – ma non conosce Karl Marx.
La colombiana Delcy Morelos con Earthly Paradise riempie l'Arsenale di terra, argilla, cannella, chiodi di garofano in polvere, cacao in polvere, amido di manioca, tabacco, copaiba, bicarbonato. Nei meandri il travolgente odore di una fattoria agricola lacera gli pubblico. La terra è altezza d'occhio, sarebbe più semplice da lavorare, la donna di Last Garment avrebbe avuto una vita diversa.
Simile idea ha avuto la nigeriana Precious Okoyomon in To See the Earth Before the End of the World. L'ennesima artista millenarista ma poco Cassandra.
Ed è strano, un autrice nigeriana ha la priorità della fine del mondo mentre milioni di compatrioti hanno la precedenza giornaliera di arrivare a sera mangiando qualcosa. Ma Precious Okoyomon ha vissuto poco tempo a Lagos. Nata a Londra e da sette anni ha vissuto tra Houston, Ohio, Chicago, New York. (4)
Il giardino realizzato da Precious Okoyomon è bello, lussureggiante, verde, un paradiso terrestre. Lo spaventapasseri è divertente, è sbuca dalle piante.
Più maturo è il Padiglione dell'Italia dell'artista Gian Maria Tosatti (curatore Eugenio Viola) intitolato Storia della Notte e Destino delle Comete. Tosatti ci porta dentro la storia italiana, la storia degli operai, delle fabbriche e racconta i mutamenti avvenuti. Adopera la produzione tessile. Migliaia di donne hanno cucito all'unisono, muovendosi come membri di un'orchestra. Gian Maria Tosatti la riproduce in una sala dell'Arsenale. Si entra negli ufficio con un'ampia vetrata, utilizzata dai dirigenti per osservare e vigilare le lavoranti. Si scende e si osservano decine di macchine per cucire, il loro strumento. A sconvolgere è l'assenza delle persone, dove sono andate a finire la moltitudine di donne? Sono svanite? Ovviamente non sono sparite, ci sono ancora, si sono trasformate. Ora sono donne cinesi, indonesiane, indiane, bangladesi. Il laboratorio di Tosatti non è stato distrutto ma trasferito e adeguato alle tecnologie. Storia della Notte e Destino delle Comete è un'opera politica. Una lotta combattuta con battaglie sindacali e l'impegno di una popolazione uscita dalla guerra capaci di creare il boom economico reale e vivo.
Logicamente alla Biennale prevale sempre l'arte, le inventive e le capacità innovative di tanti autori volenterosi, caparbi e coraggiosi. Ma l'edizione 2022 appare monotona, con artisti egoisti, sottotono, asserviti – volontariamente o involontariamente? - da un pensiero unico dittatoriale incapaci di simboleggiare pensieri di ribellione. Non c'è contraddittorio, non c'è dissenso, non ci sono espressioni discordanti. Non c'è neppure un eretico da bruciare nel rogo. Gli artisti appaiono sottomessi, allineati, soggiogati.
Perfino in una Biennale Arte piatta e modesta c'è del bello, di artistico, di libero. È il padiglione della Russia, vuoto, abbandonato, sorvegliato. L'edificio verde vuoto rimanda a una guerra per la libertà, contro i colonizzatori mai sconfitti ma solo camuffati, decadenti ma pur sempre pericolosi.
Karl Marx, La questione ebraica, Zue Judenfrage, Massari editore, Bolsena, 2003
Walter Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino, 2011