Anita’s Last Cha Cha - Ang huling cha-cha ni Regista: Sigrid Andrea Bernardo
Anita’s Last Cha Cha - Ang huling cha-cha ni Anita
Regista: Sigrid Andrea Bernardo
Cast: Angel Aquino, Therese Malvar
Provenienza: Filippine
Anno: 2013
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Click Here for English Version
“Io sono troppo grande per essere scullaciata.”
La danza del cha cha cha proviene da Cuba. Come tutti i balli nati nell’isola caraibica ha un tono veloce ed è l’uomo a guidare il passo.
Uguale passione per questo ballo la troviamo a sedicimila chilometri, nelle isole delle Filippine, dimostrazione della vasta diffusione della musica latina nel mondo.
La danza è addirittura il titolo di un film - Anita’s Last Cha Cha - Ang huling cha-cha ni Anita - della regista filippina Sigrid Andrea Bernardo presentato al 13th World Film Festival of Bangkok.
In un piccolo villaggio della zona di Obando, vicino a Manila, ci sono ancora delle relazioni sociali intense. I ragazzini vivono tranquillamente, giocano in campagna o gironzolano nelle strade tuttora non asfaltate. Fra essi c’è la dodicenne Anita. Una fanciulla bella, vivace, intelligente, sensibile.
L’ambiente pacifico del paese si agita per il ritorno di Pilar. Una donna affascinante e con solida personalità. Si era trasferita a Dubai anni prima. Nonostante le voci sulla sua dubbia moralità, Pilar decide di occupare la vecchia casa di famiglia. Ha un passato da sistemare, dei conti da regolare specialmente con sé stessa. Per lavorare sfrutta gli studi e l'esperienza di massaggiatrice. Ha molti clienti, non solo per l’abilità del tocco della mano, ma soprattutto per la stupefacente bellezza.
Se per gli abitanti la ricomparsa di Pilar è burrascosa, per Anita si trasformerà in un innamoramento irrefrenabile.
Sigrid Andrea Bernardo ci spiega il motivo della storia:
"Ci siamo passati tutti, nell'infanzia, durante quel periodo abbiamo avuto tutti una cotta infantile a un certo punto. Che si tratti di un amico, di qualcuno più grande che ammiriamo o anche di un adulto, è una fase di quella che viene chiamata "crescita" e lo sappiamo tutti bene ". (1)
Per la comprensione intellettuale della pellicola bisogna omettere la vicenda del lesbismo perché banale. Il film ci parla in maniera profondamente dolce e sentimentale di amore adolescenziale. L'adolescenza è il tempo dell'esplosioni di cotte assordanti, indelebili nella psiche. Questo è il tema sostenuto con capacità visiva dall'autrice: la facilità per un giovane di perdere la testa all’inverosimile, e dei primi amori trasfigurati in sogni eterni.
Anita è diventata grande, è un ufficiale dell’esercito filippino. La scena iniziale è in caserma, in sottofondo la musica del cha cha cha. Anita è comandante di un plotone e affronta duramente una soldatessa ritardataria. Al termine della giornata suona l’armonica ed è sorpresa da una nostalgia struggente. Comincia il racconto della sua gioventù.
La regista gioca sulla percezione della bambina, scatenando immagini al rallenti o primi piano spesso buffi e ironici. Agli occhi di Anita, l’umanità è deformata ma piena di speranze. Nei sogni a occhi aperti, Pilar le appare nei luoghi più disparati, ma alcune volte sono incubi, con Pilar impegnata a ucciderla. Pensandola, Anita è incapace di leggere la verità. Quando Pilar bacia il suo ex fidanzato, Anita non comprende, è confusa, suona l’armonica, è inesperta ma è curiosa di afferrare gli avvenimenti intorno a sé: “alcune persone non riescono a prendere una decisione. Ci sono donne che vogliono avere figli, mentre altre non vogliono averne. Ad alcune persone piace stare qui, mentre altri sognano di vivere all'estero. Alcune persone lottano per vivere ogni giorno
mentre altre rinunciano alla vita. Poi ci sono persone anziane che si comportano come bambini, e bambini che si comportano da grandi. È una confusione.”
Nel villaggio non c’è soltanto amore e concordia. Quantunque, la brillante luce, gli allegri bambini impegnati a giocare al matrimonio fra due donne, l’eleganza di Pilar, la dolcezza di Anita, nel paese filippino si nascondono, invisibili, tragedie umane e personali. Pilar ha un grande segreto familiare, pur di non svelarlo fugge dalla persona amata e si espone alla ripugnanza degli abitanti.
La radicata dicotomia del luogo è sottolineata in due sequenze montate alternate: un aborto e una nascita. Sono facce contrarie, la vita e la morte di una creatura, ma entrambe sono descritte con i segni forti della sofferenza e della crudeltà.
Grazie al ritmo il film è piacevole. La violenza è presto dimenticata, non occultata ma accantonata per lasciare fluire la gioia. Sigrid Andrea Bernardo gestisce il linguaggio uguagliandolo al cha cha cha, alternando rapidità e decelerazioni, ma mantenendo continuamente dialoghi, immagini, musica connesse.
Il culmine è la processione di Santa Clara. La Santa è trasportata in strada, la gente balla, canta, festeggiano. C’è anche Anita, la sua esistenza prevede la perpetua presenza di Pilar, non nella realtà, ma negli onirici ricordi dell’infanzia.
Il lungo flashback finisce con l'incontro fra l'Anita bambina e quella matura di fronte alla casa di Pilar. Ci sono tanti sguardi commoventi nel film, ma l’inquadratura più emozionante è il primo piano di Anita. Parla alla camera, come se di fronte ci fosse Pilar, ma scopriamo lentamente un cuscino.
“We’ve all been there, childhood that is, and during that time I bet we all had a childhood crush at some stage. Be it a friend, someone older we admired or even an adult, it’s a phase in what’s called ‘growing up’ and we all know it well.” Tradotto dall’autore da https://www.filmedinether.com/features/interview-director-sigrid-andrea-bernardo-talks-anitas-last-cha-cha/