Anons - The Announcement Regista: Mahmut Fazil Coskun
Anons - The Announcement
Regista: Mahmut Fazil Coskun
Cast: Ali Seckiner Alici, Tarhan Karagöz, Murat Kiliç, Sencan Güleryüz, Serkan Ercan, Erdem Senocak, Mehmet Yilmaz Ak
Anno: 2018
Provenienza: Turchia, Bulgaria
Autore recensione: Roberto Matteucci
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Il 15 luglio del 2016 un gruppo di militari tentò un colpo di stato in Turchia.
Il presidente Erdogan lasciò in aereo la città nella quale era ospitato. Soldati provarono a occupare – come in ogni insurrezione - ministeri, televisione, radio, strade e aeroporti. Ci fu un momento di sbandamento e d'incomprensione ma in poche ore i lealisti, ripresero il controllo. La sollevazione fallì ma le conseguenze non furono indolori per la Turchia.
La Turchia è un paese importante, membro della Nato, avamposto durante la guerra fredda. L'esercito è volitivo e influente nelle faccende politiche; spesso si è espresso determinatamente. Nella sua storia sono stati tre i colpi di stato conclusi positivamente.
Ma in tentativi falliti furono molto di più. Come è accaduto nel 2016, molte sollevazioni sono state approssimative e poco studiate.
In Turchia c'è una certa consuetudine ai golpe. C'è una interpretazione spesso ironica. Accadono, bisogna farsene una ragione, viverli come un terremoto o una siccità.
La storia di un fallimento militare è il focus del film Anons - The Announcement (L'annuncio in italiano) del regista turco Mahmut Fazil Coskun presentato alla 75° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Dopo il colpo di stato riuscito del 1960, ci furono altre due iniziative entrambe fallite, nel 1962 e nel 1963. L'autore descrive il secondo. Non è un ritratto storico ma umano, ironico e sarcastico degli ufficiali golpisti.
Narra di quattro graduati della riserva: il tenente Sinasi, il maggiore Kemal, il maggiore Rifat e il colonnello Reha. È la notte del 22 maggio del 1963 a Istanbul. I quattro ufficiali aderiscono alla sommossa e hanno il compito, apparentemente facile, d'impadronirsi della radio della città e leggere un annuncio favorevole alle forze armate.
L'inizio è in una sera tempestosa, piove fortissimo. In un taxi ci sono due passeggeri. Una canzona riempie la scena. Nel buio della macchina l'autista fa le solite domande curiose ai viaggiatori. Sono interrotti due volte, la prima perché devono spostare un cane morto dalla strada. La seconda perché fermati in un posto di blocco della polizia. Quest’ultima ha una reazione sconvolgente, i passeggeri caricano le pistole prima di scendere. Il viaggio continua, a destinazione i clienti pagano l'autista sparandogli.
Indossata l'uniforme si recano alla stazione radio. La invadono, bloccano la sorveglianza. Devono registrare un messaggio a favore degli insorti. Incontrano una resistenza forte e tenace. Ma non per la reazione dei militari o dei carri armati del governo in carica. È una resistenza diversa, più subdola, più caparbia, più vigorosa.
I nemici sono le assenze dal lavoro, i matrimoni in crisi, i burocrati, i vicini chiacchieroni. Nulla si può contro essi. Per i ribelli non c'è speranza, saranno schiacciati e sterminati.
La loro disfatta non sta nell'essere arrestati o fucilati. Accade qualcosa di peggio: nessuno si è accorse del colpo di stato. L'indifferenza di Istanbul si abbina alla freddezza e al distacco dei quattro militari al ristorante dopo la notte fatale.
Le analogie con gli avvenimenti del luglio 2016 sono casuali; la realtà copia l'arte come sempre. Lo spiega Mahmut Fazıl Coşkun alla domanda specifica:
”Was this film inspired by, or is it a comment on, the attempted military coup d’état on 15 July 2016?”
“The coup that happened in Turkey in 2016 was a total coincidence. We started to write the script for The Announcement four years ago, and we had already finished one draft of the script when the coup happened. It felt so strange to see that coup happening as we were going to start shooting two months later, and there I was sitting at home, watching the reports on the coup on TV, and of course, I realised it was almost the same story as my script. It was very strange.” (1)
Non è una stranezza. È la vita quotidiana della gente costretta a convivere con la follia del potere. È un film anti potere, è un film sul potere combattuto con la assurdità.
È lo stile della storia:
“The style of the film is very reminiscent of deadpan comedies from the likes of Aki Kaurismäki and the early Coen brothers; were they inspirations?
I like senseless humour and observing, and staying behind a little bit, so maybe it reflects my personality. Of course I like these films and that humour. But I think it’s different from Kaurismäki and the Coens because they cut a lot, whereas I have more long takes, staging and carefully designed frames. I wanted to show the ideal world of the military guys. When I say military, it applies to any kind of idealism – communists, fascists or materialistic – anyone that has an ideal world, and that for me is the frame, the box itself, of society. In the film, I just wanted to hear the voices off-frame, the voices of others.” (1)
Il tema è approfondito con numerose sequenze beffarde e caustiche.
S'inizia con la diffusione dei frigoriferi in Turchia, all'epoca erano sconosciuti. Tutti sono meravigliati dallo elettrodomestico: “sono cari questi armadi?”
Durante il golpe compare diverse volte. Sarà utilizzato per nascondere un cadavere.
Sarà oggetto di discussione del militare interessato a commercializzarli. Conversa con il direttore della stazione per avere informazioni sui prezzi degli spot pubblicitari, mostrando apatia nei confronti della ribellione.
Ancora più allucinante è la questione dell'inno coreano.
Uno degli ufficiali ha una bella voce. Combatteva in Corea durante la guerra civile. Fu chiamato a cantare l'inno della Corea del Sud. Quando comincia tutti rimangono sbigottiti: è quello della Corea del Nord. Si è sbagliato. È un errore fantastico, antimilitarista, pacifista e pazzamente ironico. Fu cacciato dal fronte.
L'episodio è ricordato dai colleghi. La scena: in una piccola stanza sta cantando di nuovo l'inno dinanzi agli altri due militari, lo sguardo è concentrato, fiero, contemplativo. Peccato che stia indossando una patetica canottiera.
Un episodio surreale, come la barzelletta del Martini.
Simbolica è la ricerca del tecnico della radio. I golpisti vorrebbero trasmettere l'annuncio ma è impossibile perché l'assistente al suono è assente. Il direttore si lamenta “purtroppo non c'è modo di essere informati in anticipo quando avvengono fatti simili.”
Una freddura efficace sulla ironia della normalità, d'altronde, ricorda sempre il direttore, erano andati a prenderlo a casa anche per colpo di stato del 1960.
Mentre protesta per il mesto disinteresse dell'anno prima, nessun militare si presentò alla radio.
Per i golpisti non c'è altra soluzione. Prendono la macchina, arrivano all'abitazione del tecnico ma è fuori. Chiedono all'anziano dirimpettaio, entrano nel suo salotto per utilizzare il telefono.
Seduti nel soggiorno d'epoca, direttore, truppa e vicino conversano gentilmente, con molte smancerie. Il vecchio recrimina amabilmente: “date troppo spazio alla musica occidentale”. I soldati sono freddi, indifferenti, il tempo passa, il colpo di stato incombe ma sono bloccati da garbate chiacchiere.
Più complessa è la scena di apertura e quella finale. C'è un collegamento evidente. In un ambulatorio, tutto è bianco, in contrasto con il nero dominante della notte piovosa. Il colore cereo è interrotto dal verde della divisa del sanitario. Il dottore è tedesco, sta visitando un turco, parla e l'infermiera traduce. È una inquadratura statica, campo medio, c'è un senso di angoscia.
Si ritorna nell'ultima parte. Il paziente è il panettiere Murat dipendente del fornaio di uno dei golpisti. Guida il camioncino accompagnando i militari all'emittente. Dentro c'è il pane, perché approfitta del viaggio per le sue consegne quotidiane.
Murat è estraneo alla macchinazione però in una scaramuccia si rompe un dente.
Nello studio ci sono le visite mediche per i turchi richiedenti un visto di lavoro per la Germania. La risposta è negativa, a Murat manca un dente.
Il tono della scena è articolato, fuori dal linguaggio del film eppure ha il significato di raccontare l'emigrazione turca verso una Germania bisognosa di manodopera a buon mercato. Murat, insieme al taxista e a un traditore, saranno le vittime dell'attacco.
Il linguaggio, la struttura, la narrazione, il soggetto sono chiari e definiti:
“There are many comic moments in the film, with soldiers speaking about fridges just arrived on the market in Turkey or about Martini drink while something dramatically serious is going on. I found particularly funny the story of a conspirator who recounts he was expelled from the Korean front because he sang the wrong anthem, the one of the other Korea. Is this story based on a true event?
Yes the story is based on true events mostly or maybe it’s better to say it’s inspired from true events. We read many diaries, newspapers etc. Most of the characters and small stories are in the film are fictional though, such as frigidaire, martini or Korean anthem.” (2)
La realtà è solo finzione e il regista crea tante belle immagini, in posa, come dei dipinti. Come la bellissima inquadratura statica nello studio di registrazione. Il frame è rappresentato dal vetro dello studio e della intelaiatura. I tre ufficiali sono sull'attenti, fermi, senza sorriso, severi, lo sfondo è nero, fissano la camera, lo spettatore, come per scusarsi di essere degli incapaci.
Ci sono diverse ambientazioni teatrali in piccoli spazi come i dialoghi sia nel taxi, sia nel furgone del pane.
I soldati professionisti sono assenti. I riservisti hanno altri impegni e altri lavori, più preoccupati dei frigoriferi.
Sono sconfitti. Il loro compito non riescono a compierlo. Non hanno notizie da Ankara dove i ribelli avrebbero dovuto attaccare i ministeri. La mattina, senza conoscere l'esito, escono e si recano in un ristorante per la colazione. Nulla è successo. Istanbul è la solita città, nessuno s'è accorto. Il colpo di stato è mancato nel menefreghismo generale. Forse fu una diatriba interna al potere, sia civile, sia militare, perché la gente comune fu totalmente demotivata. La gente ha altri problemi.