Aquarela Regista Victor Kossakovsky

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Aquarela

Regista: Victor Kossakovsky

Anno: 2018

Provenienza: UK, Germania

Autore Recensione: Roberto Matteucci

“In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.” (1)

Nella Genesi, Dio aleggiava, soffiava, spirava nell'acqua. Avrebbe potuto scegliere qualsiasi luogo ma scelse l'acqua. Ovviamente, le scelte di Dio non sono casuali.

Il pensiero della Bibbia appartiene anche al regista russo Victor Kossakovsky.

Nel film Aquarela, presentato alla 75ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, rappresenta l'acqua con spirito biblico. L'acqua è capace di amare ma pure di rabbia insopprimibile.

Lo stesso Victor Kossakovsky, nella conferenza stampa di presentazione, descrive l'acqua con termini religiosi:

“… ho questo personaggio, che è il personaggio più potente, mai filmato che può essere diavolo o anche angelo in un secondo cambia volto … con questo carattere devo adeguare un linguaggio adeguato … “ (2)

Il risultato artistico è una pellicola complessa ed esigente. Narra, per la durata di un lungometraggio, la vita – in tutte le sue forme – dell'acqua; immagini sommerse dalla colonna sonora rock 'n' roll, imponente e travolgente, di Eicca Toppinen.

Nelle inquadrature dell'oceano il blu domina; è il colore primario sovrastante per tutto il film.

Di nuovo il regista:

“... mi chiamano il Rembrandt del documentario ...”… “… colore, come una pennellata, o acqua come materia ...”. (2)

Ma Kossakovsky ama il blu mentre non ricordo il lapislazzuli come colore predominate del pittore fiammingo.

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L'inizio è su un lago ghiacciato: il Lago Bajkal in Russia. Sono inquadrature aeree, immaginifiche, stupende, con il sole riflesso sul ghiaccio. Una persona solitaria si trova su una lastra ghiacciata, altri con un gommone vanno a pescare.

Tutto si trasforma in dramma, una macchina corre follemente sul ghiaccio. Il cambiamento dell'acqua in ghiaccio non dura in eterno e ritorna nella forma primordiale a causa della pesantezza dell'auto. La conclusione: automobile e passeggeri cadono nell'acqua gelata.

Non deve essere la prima volta. Arriva un gruppo di persone, il loro mestiere è il recupero delle macchine dei fessi crollate per la debolezza del ghiaccio: “… il paraurti è ancora buono …”

La sequenza è accompagnata da una musica veloce, altisonante; segue il ritmo del ragazzo che tira la corda. Intorno ci sono scene di normale familiarità di un paesino vicino al Bajkal.

Questa parte richiama il film russo Belye nochi pochtalona Alekseya Tryapitsyna - The Postman's White Nights del regista Andrej Končalovskij, anch'esso ambientato sull'esistenza quotidiana di un villaggio su un lago della Russia.

Successivamente si passa ai grandi iceberg del polo.

L'impressionante mastodontico vigore del ghiacciaio si rompe, si trasmuta, e un boato incredibile ci assordisce; il suono dell'iceberg non basta, c'è ancora una colonna sonora spaventosamente poderosa della band finlandese.

L'energia del mare è affiancata dalla presenza dell'uomo: nell'oceano una nave a vela, condotta da una donna, sfida le onde mentre al polo è un rompighiaccio a sgretolare il ghiaccio. Sono sfide impossibili e come in una barca di Hokusai il marinaio non appare impressionato dai marosi; Victor Kossakovsky:

“Noi facciamo un errore nel non capire il nostro ruolo nel mondo noi pensiamo di essere molto importanti, che possiamo definire il mondo come vogliamo, … noi siamo solo un pezzo piccolissimo del pianeta, se noi dovessimo sparire nessuno se ne accorgerebbe ...” (2)

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Sulle note rock, l’acqua dei flutti è di colore bianco chiaro e si trasforma in bianco e nero. Il blu è sparito, ma non la potenza dell'acqua e i bordi delle increspature formano uno schizzo bellissimo per trasparire in tante visioni moderne e antiche.

È la bravura del regista, essere capace di disegnare, tratteggiare linee, curve con la telecamera, un vero Rembrandt.

Ambiente, acqua, oceano, morte, disastri naturali sono la storia del film con due caratteristiche distintive, i due peccati capitali che si affrontano senza paura: superbia e ira.

Superbo è l'uomo, presume di essere dominante, superiore, soverchiante, ma in realtà è unicamente presunzione.

L'acqua, il territorio, si credono altrettanto imperanti e rispondono alla superbia con l'ira, con la rabbia, con la forza distruttrice. Nel finale l'autore riprende un tornado, sta spazzando duramente e violentemente le strade, devastando, impedendo alle persone di circolare; ci sono alberi caduti, vento fortissimo e tantissima pioggia. È un'altra forma di acqua, questa scende a gocce dalle nuvole.

È l'idea di Kossakovsky, sceglie raffinate scene, le quali ci consentono di riflettere, di porci delle domande per analizzare l'intrinseco significato della natura, per l'autore l'allegoria è l'acqua.

Ma nonostante la fondamentale solennità, l'acqua è veramente il soggetto ideale per confrontare uomo e ambiente? L'autore ha ripreso esattamente i valori delle due forze in campo?

Convinzione diffusa – pure dallo stesso autore – di un genere umano killer, talmente micidiale da cancellare l'ecosistema; e se accadesse il contrario? E se fosse la natura lo sniper capace di colpire e annientare l'uomo come migliaia di anni fa?

Pensiero evidente e razionale guardando Aquarela, con un'acqua – metafora della natura – implacabile.

(1) Genesi, 1,1:2

(2) https://www.raiplay.it/video/2018/09/Conferenza-stampa-del-film-AQUARELA--del-01092018-0eab363f-a568-484a-88e6-be545f1c997c.html

Roberto Matteucci

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“There’d he even less chance in a next life,” she smiled.
“In the old days, people woke up at dawn to cook food to give to monks. That’s why they had good meals to eat. But people these days just buy ready-to-eat food in plastic bags for the monks. As the result, we may have to eat meals from plastic bags for the next several lives.”

Letter from a Blind Old Man, Prabhassorn Sevikul (Nilubol Publishing House, 2009)

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