Brawl in Cell Block 99 Regista: S. Craig Zahler
Brawl in Cell Block 99
Regista: S. Craig Zahler
Cast: Vince Vaughn, Jennifer Carpenter, Don Johnson, Marc Blucas, Udo Kier, Clark Johnson
Anno: 2017
Provenienza: USA
Autore Recensione: Roberto Matteucci
“Dovresti puntare più in alto con i desideri.”
Nell'agosto del 1971, il professore Philip Zimbardo condusse una ricerca stimolante sul comportamento in una prigione. La ricerca è conosciuta con il nome di Stanford prison experiment (SPE) dal nome dell'università di Palo Alto.
Con un annuncio su un giornale furono reclutati, dopo una selezione, venti quattro studenti universitari, appartenenti a una borghesia media, di buon livello culturale e nessuna psicopatologia.
Come funzionava lo studio? Nei sotterranei dell’università fu predisposto un carcere come quelli reali. Gli studenti, come in un gioco di ruolo, furono divisi casualmente fra prigionieri e carcerieri. Era una finzione, ma i ragazzi dovevano partecipare attivamente rispettando le regole e i comportamenti. Doveva durare due settimane ma dopo sei giorni l'esperimento fu chiuso. Il motivo fu una perdita di controllo dei ragazzi. Ci fu un totale smembramento della personalità con la presenza di atteggiamenti dannosi e pericolosi.
Subito le cavie entrarono nei propri ruoli, manifestando una reale partecipazione al loro essere prigioniero o guardie.
Le guardie cominciarono ad avere condotte opprimenti e sadiche mentre i prigionieri diventarono passivi e masochisti. Una disgregazione individuale e collettiva compiuta attraverso reali sevizie dei secondini, sia di giorno, sia, addirittura, di notte, quando l'esperimento doveva essere sospeso. Le violenze gratuite aumentarono e i detenuti le accettavano senza ribellarsi.
Queste sono le carceri, luoghi di prepotenza dove si perde il controllo delle proprie esecuzioni per far prevalere quelle del gruppo, per mezzo di una identificazione fra le proprie azioni e quelle della categoria di appartenenza.
Il risultato era abbastanza prevedibile, presenti nei secoli le prigioni, da sempre, non sono luoghi ameni e pacifici, i detenuti sono spesso oggetto di abusi infami delle guardie.
Le conseguenze dello studio però furono eclatanti.
Tuttavia nello studio manca una parte, manca un raggruppamento. Nelle carceri ci sono i due classificazioni fondamentali: guardie e carcerati. Spesso però anche i prigionieri si scompongono in due sottogruppi: uno violento, come e forse di più dei carcerieri, e l'altro la cui sottomissione aumenta fino a rimanere schiacciato dalla crudeltà e inumanità di entrambi i gruppi.
Di questi comportamenti il cinema si è occupato con delle storie bellissime.
Il regista americano S. Craig Zahler ha utilizzato questo principio, nel film Brawl in Cell Block 99, presentato alla 74° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Non si è risparmiato a esaltare la violenza all'interno delle mura di cinta un penitenziario americano. A raggiungere il risultato è stato aiutato da un prestante e vigoroso Vince Vaughn, il quale ha svolto il ruolo di energumeno un poco troglodita ma buono e innamorato e soprattutto infervorato da forte coraggio.
Questa descrizione psicologica del personaggio nasce nella bella scena iniziale.
Bradley è tutto muscoli e poco cervello, un giorno è licenziato in tronco. Ma siccome la sfiga ci vede benissimo quando torna a casa trova la moglie a letto con un altro.
Tutti si aspettano una reazione furiosa, cattiva, e infatti così si comporta. Ma c’è una sorpresa, non sfoga l'ira contro la moglie o l’amante. L'oggetto della sua idrofobia è la loro povera macchina. Improvvisamente Bradley smonta con le mani, a suon di pugni pezzo per pezzo l'auto. Ci riesce con calma, con decisione, con ferocia, con rabbia come se fosse Hulk. Il risultato è sia un catorcio, sia una spiegazione psicologica del personaggio. Ci racconta il granitico Vaugh:
“ … scopre che c’è questo tradimento e credo che dica molto del personaggio. Ha questa grande rabbia in lui, che vorrebbe sfogare, e fa male. Ma è strano e lui, di certo, non vuole essere violento nei confronti di lei, non vuole essere quel tipo di persona. Quindi esce di casa quando non riesce a controllarsi e scaglia tutta la sua rabbia contro la macchina. E, davvero, durante la lettura del copione era la scena che più volevo girare. Soprattutto per la conversazione che hanno dopo Bradley e Lauren: ho trovato sorprendente che lui, in qualche modo, si prenda le proprie responsabilità. E penso di essermi innamorato del personaggio, come fosse in grado di perdonare Lauren, di provare empatia, persino voler guardare a vanti e costruire qualcosa, ciascuno accettato i propri difetti. Mi ha commosso.” (i)
Ed infatti proviamo empatia per il personaggio perfino quando, dopo qualche mese, lo rivediamo a lavorare per uno spacciatore. Gli eventi sembrano prendere una piega positiva, con la moglie ha fatto pace ed è rimasta incinta. Perciò ha bisogno di un lavoro e redditizio. Hanno comperato una bella casa e hanno soldi da spendere. Ma durante uno scontro notturno fra bande è arrestato e condannato a sette anni di carcere.
Sbattuto, giustamente, in cella, per una serie di ragioni si trova invischiato in una sporca faccenda per salvare la moglie. È una questione da risolvere in prigione, dove inizia una battaglia fra carcerati e poliziotti, e fra gli stessi reclusi.
Se nell'esperimento di SPE gli abitanti del finto carcere furono scelti fra un: “ … group of psychologically healthy, normal collage students ...” e si è “ … dramatically transformed in the course of six days spent in a prison-like environment ...” (ii) possiamo immaginare ciò che accade in una galera autentica, con delinquenti reali, quasi sempre rissosi, aggressivi, psicopatici e cattivi, con nulla da perdere.
Lo stesso deve pensarlo il regista perché inizia una escalation esagerata, gonfiata, drogata, sfrenata ma nello stesso momento catartica e liberatoria. Bradley si scatena in una guerra senza pietà, con una violenza talmente spietata e crudele da lasciare increduli. L’immedesimazione con Bradley ci appassiona fino ad applaudire quando stacca la testa a un altro carcerato; entusiasmarsi di un atto brutale forse vuol dire che anche noi facciamo parte dell'esperimento di Stanford?
Bradley è il carattere più curato, con l'ascetica e contraddittoria grande croce tatuata sulla nuca. È la prima immagine vista quando nella prima scena Bradley scende dall'auto.
L'autore utilizza tante inquadrature dal basso, da dietro, partendo dalla voluminosa nuca. I toni chiaroscuri servono a magnificare la statura e la muscolatura fuori misura. La luce artificiale è necessaria in un luogo chiuso come deve essere un penitenziario.
Bradley è talmente grosso da riempire da solo l'inquadratura ma non sono solo muscoli, in realtà, ci spiega il regista che nel film: “C’è amore, redenzione, e gestire il dolore fisico ed emotivo è una costante del film” (iii) e infatti sarà l'amore a vincere nonostante una testa staccata a calci e lasciata in una toilette alla turca.
(i) http://www.theitalianreve.com/it/intervista-brawl-in-cell-block-99/
(ii) http://www.csdp.org/research/haney_apa.pdf
(iii) http://www.theitalianreve.com/it/intervista-brawl-in-cell-block-99/