Cut Regista: Amir Naderi
Cut
Regista: Amir Naderi
Provenienza: Giappone
Anno: 2011
Autore Recensione: Roberto Matteucci
68. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
“Il cinema sta già morendo.”
Amir Naderi regista iraniano lancia un urlo apocalittico sulla situazione del cinema. Il film Cut è un atto d’amore incredibile e unico, una metafora degli sforzi dei registi per ottenere finanziamenti per la realizzazione delle idee.
Shuji è un ragazzo giapponese appassionato – solo come un giapponese può esserlo – di cinema. La sua è una battaglia contro il mondo intero. Armato di megafono, si getta fra le strade sovrappopolate di Tokyo cercando di ottenere un minimo di attenzione.
“Non sei mica Yukio Mishima” gli ricorda l’amico. Con tanto coraggio gestisce a casa – sul terrazzo del tetto – un cinema, dove un gruppo di eroici appassionati si reca a vedere vecchi film muti e in bianco e nero. Il suo appartamento è imbottito di locandine, manifesti, pellicole. Desidera anche essere uno sceneggiatore e regista.
I finanziamenti gli sono concessi dal fratello, uomo della Yakuza. I film non sono distribuibili e il fratello è ucciso perché incapace di restituire i tanti soldi.
Qui inizia la metafora sulla devozione profonda per il cinema. Shuji è chiamato a pagare il debito poiché il fratello è morto. Non ha lavoro, s’intende solo di cinema, allora accetta la folle proposta di trasformarsi in pungiball vivente per i frequentatori di una malfamata con sala gioco d’azzardo e annesso bar alla Hooper.
Nel bagno dove è stato ucciso il fratello, Shuji trova la forza e il coraggio di sfidare decine di persone: questi a pagamento potranno colpirlo con dei pugni allo stomaco o in faccia. La sfida è riuscire a resistere. In breve tempo il viso e il corpo si trasformano sotto le percosse.
La carne e l’anima si mischieranno alle immagini di film, capaci di concedergli la forza di resistere.
Il suo masochismo è lo stesso di tanti autori. Lo stesso Amir Naderi ha presentato a Venezia nel 2008 il film Vegas: Based on a True Story. Il bel film – work in progress – sulla desolazione del gioco d’azzardo a Las Vegas, ma non ha mai trovato distribuzione in Italia.
Tanti sono i motivi della pellicola. I pellegrinaggi alle tombe di registi giapponesi. S’inizia dal mitico Akira Kurosawa, a quella di Yasujiro Ozu e di Kenji Mizoguchi. La tomba di Ozu è contrassegnata dal solo ideogramma 無 “niente”, testamento di un poeta unico.
Segue la straordinaria potenza del ‘’cineforum’’ di Tokyo. Dall’alto si può ammirare tutto un mondo diverso, mentre uno sparuto gruppo si affida ai sogni di un cinema di altri tempi. Tantissime scene di film d’epoca sono tracciate su un telo e sul suo corpo disfatto.
Emozionate è la famosa frase del Il terzo Uomo di Carol Reed pronunciata da Orson Welles sugli orologi a cucù. Si Finisce con una nuova sfida, i cento film salmodiati per gli ultimi cento colpi non sono un the end ma la ricerca di una nuova storia, di un nuovo film.
Dei cento film più importanti nove sono italiani:
Luchino Visconti La terra trema
Francesco Rosi Salvatore Giuliano
Federico Fellini La strada e 8 e mezzo
Gillo Pontecorvo La battaglia di Algeri
Pierpaolo Pasolini Accattone
Vittorio de Sica Ladri di biciclette
Michelangelo Antonioni L’eclisse
Ermanno Olmi L’albero degli zoccoli
Roberto Rossellini Paisà.