La muerte de un burócrata - La morte di un burocrate Regista: Tomás Gutiérrez Alea
La muerte de un burócrata - La morte di un burocrate
Regista: Tomás Gutiérrez Alea
Cast: Salvador Wood, Silvia Planas, Manuel Estanillo, Omar Alfonso
Provenienza: Cuba
Anno: 1966
Autore recensione: Roberto Matteucci
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“Il Michelangelo dei poveri.”
L'etimologia della parola burocrazia è l'unione di bureau – dal francese ufficio - e kratos – in greco potere. (1)
Perciò, la burocrazia è il potere dell’ufficio. Ha una caratteristica particolare, è un autorità distinta, clandestina. Il governo, il parlamento, il dittatore, il re, il presidente sono considerati all’unanimità i poteri tipici ma anch’essi sono dei sottomessi. La burocrazia ha una propria vita, delle regole separate e spietate. È guidata da degli esecutori inumani, armati di moduli micidiali.
La burocrazia sopravvive al governo. Le rivoluzioni annientano ministri e deputati ma la burocrazia gli sopravive. Ha il merito di adeguarsi velocemente; se c’è una trasformazione si dà una sistemata ed è di nuovo brutalmente pronta a oprimere. La burocrazia si adegua a ogni forma di autorità sia democratica, sia autoritaria.
Ha una storia millenaria:
“… la burocrazia e i metodi burocratici sono molto antichi e che essi devono essere presenti nell'apparato amministrativo di ogni governo la cui sovranità si estenda su una vasta area. I faraoni dell'antico Egitto o gli imperatori della Cina crearono un'imponente macchina burocratica ...” (2)
Si parte dagli egizi, dai cinesi e si arriva ai nostri giorni. La burocrazia persiste in ogni era, apparentemente ossequiosa nei confronti dell'autorità. Ma dissimula, in realtà è un corpo estraneo, un parassita.
L'esercito della pubblica amministrazione è composto da funzionari implacabili; soldati inutili e spietati. Combattono la guerra come dei robot. Le armi sono delle regole incomprensibili, recitate a menadito in ogni circostanza e luogo. Norme scritte in un linguaggio esoterico, con formulari cervellotici da completare pedissequamente; l’errore è punito con la condanna sociale.
La burocrazia non ha limiti territoriali, non ha limiti di epoca, va bene per tutti i governi. Onestamente ci sono degli impavidi, coraggiosi ribelli. Inconsapevoli cercano di lottare contro di essa, ma è una battaglia persa, sarebbe meglio arrendersi subito e supplicare clemenza.
Juanchin è un giovane cubano, spavaldo tenta di fronteggiarla, di sconfiggerla. Siamo nel 1966 a La Habana. La storia del martire Juanchin è narrata dall'indimenticabile regista cubano Tomás Gutiérrez Alea nel film La muerte de un burócrata - La morte di un burocrate – Death of a Bureaucrat presentato restaurato alla Venezia Classici (Venice Classics) della Mostra Internazionale d’arte cinematografica del 2019.
Lo zio Paco è uno stakanovista, lodato per l’attaccamento al lavoro. La sua fabbrica produce busti di José Martí. Per incrementare la produzione ha inventato una macchina capace di realizzare industrialmente centinaia di busti. Purtroppo, un incidente durante l’uso della sua creazione sarà la ragione della sua dipartita. Per celebrare la sua devozione alla causa, i familiari e gli amici decidono di seppellirlo con il libretto del lavoro. Questo retorico gesto sarà cagione di una tragedia imprevedibile.
Il nipote Juanchin accompagna la vedova per ottenere la pensione. Tutto è in regola, gli può essere versata immediatamente, afferma con compiacimento il funzionario esaminatore della pratica. La zia deve solo consegnare il libretto del lavoro del marito. Ma il libretto è dentro la bara. Inizia il grande duello fra il nipote e la spietata amministrazione cubana.
Juanchin prova a riesumare la salma ma la risposta è negativa perché è una procedura attuabile solo dopo due anni dalla sepoltura. Non si arrende, li sfida apertamente, infiltrandosi di notte nel cimitero per rubarla. Recuperato il libretto deve riconsegnare la salma. Impossibile perché non risulta la riesumazione. Il corpo non può essere all’esterno dal cimitero anche se la realtà è palesemente contraria.
Lo scontro diventa globale all'ingresso del camposanto.
I temi dell'autore sono tradizionali ma sublimemente narrati.
C'è il funerale impossibile e difficile da concludere. Nel 1995, il regista riprende la tematica in Guantanamera diretto insieme a Juan Carlos Taibo.
In entrambi, il funerale è allegoria, è descrizione della situazione dell'isola caraibica.
Morte della burocrazia è pura satira sociale. La società cubana è rievocata con piglio mordace. Una vicenda contraddittoria per gli effetti positivi e negativi della rivoluzione. Identico tema nella deliziosa pellicola del 1993, Fragola e cioccolato, sempre dalla coppia di Guantanamera. In Fragola e cioccolato, la dicotomia è fra amore per Cuba, anche per gli aspetti positivi della lunga rivolta popolare, e quelli negativi delle crudeli conseguenze economiche.
Il tono di derisione non è questione locale è anche internazionale. La burocrazia non esiste solo a Cuba ma ha contaminato il mondo intero. I funzionari degli uffici governativi sono delle caricature del male, uguali ovunque. Sono delle macchine stupide ripetitive nei loro dinieghi.
Juanchin affronta l'armata infernale.
È un ragazzo timido, impacciato, educato, debole con degli scatti di orgoglio, queste qualità lo spingono a combattere battaglie memorabili.
È circondato da robot senza cuore. I burocrati non sono superbi, non disprezzano. Sono automi, dei replicanti, degli androidi, privi di sentimento.
La storia ha una struttura a capitoli. Ognuno ha una sottolineatura linguistica, a partire dalla scena dell’esequie, con delle sculture e foto ironiche.
Analisi di due esempi. Il primo.
Juanchin e la zia non convincono il funzionario a concedergli la pensione senza il libretto di lavoro. Perciò, insieme vanno a parlare con il capoufficio.
Campo medio, il dirigente con sussiego si pulisce gli occhiali. Mise en scene: un ufficio con una statua, dei libri e sullo sfondo una ampia finestra, attraverso la quale si può sbirciare nelle altre stanze. Ha una grande ordinata scrivania, con molti oggetti di cancelleria e un soprammobile, un cannone rivolto alla camera. Il dirigente catechizza con frasi altisonanti, piene di retorica, una filippica senza senso e praticità.
Cut. Campo medio, il nipote è seduto di fronte timidamente, la macchina da presa lo inquadra da sopra le spalle.
Cut. Inquadratura dell’impiegato colpevole di aver negato la pensione. È un primo piano, gli occhi puntano al basso, in direzione di Juanchin, schiacciato fra tutti. Lentamente gira la testa per ammiccare al collega di fianco.
Cut. L’amico contraccambia e gli sorride, poi la muove per accondiscendere alle parole del capo.
Cut. Il direttore ha la stessa posizione di prima, gioca con gli occhiali e continua la predica. Si alza, la camera si sposta lateralmente, e poi carrella indietro per filmare la scena totale in campo lungo. Tutti sono di spalle.
Cut. Il povero nipote è sempre più perso e minacciato. Osserva stupito l'ostile cannone soprammobile diretto su di lui, pertanto nascondendosi, lo sposta.
Cut. Campo medio del capoufficio in piedi, guarda dalla finestra, si rimette gli occhiali per vedere meglio.
Cut. Osserva una donna in un'altra stanza mentre si sistema le calze. Fuori campo, raschia la voce, distratto dalla vista.
Cut. Persiste la noiosa tiritera.
Cut. Juanchin lo interrompe confermandogli le doti esemplari dello zio lavoratore.
Cut. Il capoufficio in piedi ratifica e si muove nella stanza. La camera lo segue, racconta degli egizi, si siede, e in campo medio compie un atto allegorico, trova la soluzione e contemporaneamente rimanda il cannone soprammobile davanti al nipote. Però è deconcentrato, lo sguardo è sull'esterno.
Cut. L'attenzione è per una collega con un vestito stretto è china a raccogliere qualcosa dal pavimento.
Cut. Il capoufficio si solleva, Juanchin fa lo stesso ripreso da dietro, e pronuncia la sentenza, devono riesumare il cadavere. Non c'è alternativa. Tante chiacchiere evanescenti.
Questa è la burocrazia. Chiacchiere senza fine, tutto fumo e nessuna concretezza a risolvere i problemi. È il cannone soprammobile è rimasto puntato addosso Juanchin
Simile è la scena dell'autista delle pompe funebri intenzionato a riportare la salma trafugata.
Mise en scene: ufficio del cimitero. Campo medio del funzionario mentre discute con lo chauffeur. L'impiegato lo scruta, brontola, chiude un librone. Cammina dal capoufficio seduto su un cadreghino all'estremità di un lungo salone. Sembra un re impegnato a ricevere dei sudditi. La camera è su di essi. In primo piano c'è il volitivo autista occupato a spolverare la livrea, indifferente delle discussioni dei due burocrati. Parlottano, il capoufficio si rialza scrutando un foglio. Zoom, i due dipendenti del cimitero stanno raggiungendo il conducente intimandogli di non entrare con la bara.
Nello medesimo momento giunge l'autista di un altro funerale.
Il capoufficio: “questo signore è stato sepolto tre giorni fa” quindi è già sepolto. Il saggio guidatore, con comportamento ironico, indica con il dito la cassa da morto continuando a scrutare i due “ma se sta lì”. Il capoufficio guarda fuori. La diatriba persiste. I burocrati negano la verità. Per il librone, la Bibbia dei pignoli, è già seppellito. Il cadavere in strada, non esiste nonostante l'evidenza.
Però l'autista è uomo inflessibile e tenace: “Tengo venti anni di esperienza, ho seppellito ministri, senatori, vescovi, generali e dottori, così che voi non avete nulla da insegnarmi, così lo seppellisco ora” e scoppia una rissa, fintamente violenta, soprattutto divertente e assurda. Una vera farsa, con colpi fortissimi, con torta lanciata in faccia. Nessuno è escluso, perfino il poliziotto e il prete sono delle vittime.
La burocrazia si è trasformata in una religione, il loro mega registro è come la Bibbia, i ribelli sono sterminati.
L’esposizione ha elementi sociali, politici, ma pure umani.
La parodia assume dimensioni kafkiane perché il povero Juanchin è frantumato negli ingranaggi del formalismo, della lungaggine, del fiscalismo.
Il film ha i tempi e il ritmo della comica, con andatura veloce nella piacevole scazzottata fuori dal cimitero.
I burocrati sono ripresi nei loro gesti superflui, ironici ma veloci nella loro inutilità.
Non si deve fraintendere. I burocrati sono dei grandi lavoratori ma producono unicamente scartoffie.
Campi lunghissimi, focus ragionati, voce fuori campo, ubicazione della camera classica, graphic montage.
Fidel castro e Che Guevara hanno sbagliato rivoluzione, il loro slogan doveva essere: “Muerte a la burocracia.”