Lan Xin Da Ju Yuan - Saturday Fiction Regista: Ye Lou
Lan Xin Da Ju Yuan - Saturday Fiction
Regista: Ye Lou
Cast: Li Gong, Mark Chao, Pascal Greggory, Xiangli Huang, Ayumu Nakajima, Joe Odagiri, Chuan-jun Wang, Tom Wlaschiha, Saul Speyer, Songwen Zhang
Provenienza: Cina
Anno 2019
Autore recensione: Roberto Matteucci
Click Here for English Version
“Talmente misteriosa, piena di segreti.”
Nel 1931, il Giappone aveva conquistato la Manciuria, la parte nord della Cina, confinante con la Corea. L'anno successivo i nipponici occuparono Shanghai. Per la Cina:
“la questione della resistenza al Giappone era destinata ad assumere un carattere prioritario”. (1)
Negli anni trenta, Shanghai aveva ancora parti della città sotto le dominazioni straniere tramite le concessioni. Inghilterra, Stati Uniti, Francia ma anche altre nazioni come Italia, Russia, Portogallo, Olanda, Svezia e Danimarca avevano i loro territori.
La città era un bailamme di lingue e di nazionalità. Con l'attacco di Pearl Harbor, questa promiscuità, si trasformò un miscuglio pericoloso. Shanghai divenne un campo di battaglia fra i servizi segreti del mondo.
È un background misterioso, affascinante, ideale per concepire una vicenda di spionaggio con una struttura teatrale. Il film è Lan Xin Da Ju Yuan - Saturday Fiction del regista Ye Lou, presentato alla 76° Mostra Internazionale di arte cinematografica di Venezia.
Il 1 dicembre del 1941, dopo molti anni di assenza, a Shanghai arriva la famosa attrice Jean Yu. È stata chiamata dall'ex amante per interpretare l'opera Saturday Fiction al teatro Lyceum.
Jean Yu è celebre, iconica, ha un carisma internazionale. La bellissima attrice, dietro uno sguardo intenso e malizioso, ha qualcosa d'incomprensibile, qualcosa di enigmatico.
Le finalità di Jean Yu sono molteplici: liberare l'ex marito in carcere e carpire lo sconvolgente segreto dei giapponesi. Queste finalità sono secondarie; per un attore lo scopo dell'esistenza è recitare con tutta la passione possibile, in qualsiasi circostanza.
Li Gong è Jean Yu. Ha interpretato film importanti, è perfetta per il ruolo magico di Saturday Fiction.
Il film ha due stage: il teatro Lyceum e l'elegante, suggestivo Cathay Hotel; due posti incantevoli in sintonia con il fascino di Li Gong.
Essa è seducente, impenetrabile, pure vanitosa, convinta della propria superiorità, della propria lussuria, infatti è la concupiscenza il mezzo per ottenere occulti segreti. Possiede anche sapienza, intelletto, celati da una finta debolezza.
Intorno a essa ci sono tanti uomini sedotti ma perfino Bai Mei; una bella ragazza che ha sempre occhi languidi per l'attrice.
È un racconto di spie, in una Shanghai d'altri tempi, con una donna ammaliante.
C'è un elemento storico, uno sociale, uno onirico. Un macrocosmo esposto in un microcosmo qual è un teatro, grande, bellissimo, ma pur sempre un teatro.
Difficile individuare lo sfondo etico. Il bene e il male non sono distinguibili perché le finzioni, i tradimenti, i misteri, i nemici sono tanti e subdoli. In questo affollamento di caratteri non si distinguono i valori primari.
Il film ha una struttura complicata ma necessaria per un ambiente di agenti segreti.
I livelli sono diversi, su vari step temporali e spaziali.
Con una disposizione B A B si va avanti e indietro senza limitazioni, come accade nel teatro Lyceum e nel Cathay Hotel. Rappresentazione scenica e realtà si mescolano, sovvertendo la comprensione.
Come in Pirandello: teatro e vita si intrecciano per un unico fine, quello introspettivo e umano. Lo specifica il regista:
“un ambiente esterno molto complesso tra quello che accadeva fuori e quello che accadeva nella realtà e ciò che veniva recitato ma alla fine mi interessava molto di più concentrarmi nel mondo interiore del personaggio … il suo ritmo interiore, quella sua complessità, io seguendo quello potevo seguire tutto il ritmo del film.” (2)
Descrive l'interiorità di Jean Yu con la sublimazione, e con la parodia: il teatro è la parodia della vita.
Il film contiene un surrealismo formale: la visione dall'albero è una cartolina d'epoca, con campo medio ripreso da dietro. La differenza è nella scelta fondamentale del bianco e nero. Una fotografia elegante, riesce a delineare i protagonisti: il nero nasconde, il bianco si alterna utilizzato in high o low view.
La luce appare e scompare. La fonte è prima facilmente individuabile, poi eclissata.
La luce esalta il mistero e l'irrealtà, mai naturale. La luce è artificiosa, artefatta, studiata.
È un crescendo teatrale fino al clamoroso finale. Il 7 dicembre i giapponesi bombarderanno Pearl Harbor, ecco l'eclatante segreto. I mortali intrighi impediranno di comunicarlo al mondo.
Il film ha una poetica raffinata fino a raggiungere l'acme nella copia de I dolori del giovane Werther firmata da Friedrich Wilhelm Nietzsche.
Mario Sabattini e Paolo Santangelo, Storia della Cina, Laterza, Bari, V Edizione, 2008,