Madres paralelas

Madres parallelas, Pedro Almodòvar

Madres paralelas

Regista: Pedro Almodòvar

Cast: Penélope Cruz, Milena Smit, Israel Elejalde, Aitana Sánchez-Gijón, Julieta Serrano, Rossy de Palma

Paese: Spagna

Anno 2021

Autore recensione: Ciro De Luca

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Da sempre, tranne che per il suo esordio, preferito e corteggiato dal Festival di Cannes, quest’anno la meno dispotica Mostra del Cinema di Venezia è riuscita ad aggiudicarsi, per la sua apertura, il nuovo e a dir poco atteso lavoro di Pedro Almodòvar.

Non c’è da ripetersi in presentazioni e facili elogi per una carriera che già da un po è da considerarsi consacrata e intoccabile nella sua consolidata reputazione di colonna portante del cinema europeo, a pieno peso sulle spalle di tutta la cinematografia spagnola (non tra le più prolifere in senso di qualità generale e risonanza) e genere a se stante, che a solo nominarlo vengono in mente i più disparati riferimenti.

Questa ultima fatica segna il grande ritorno ai suoi temi più congeniali e apprezzati, dopo il riuscitissimo e celebrato Dolor y Gloria che autobiograficamente sembrava voler far virare il suo cinema sotto un’onda di autentica celebrazione dell’Io, puntando in alto e arrivando a toccare vette davvero notevoli di autobiografismo.

Madres parallelas, Pedro Almodòvar

Qui torniamo ad osservare donne, madri e le molteplici sfaccettature dell’essere donna, ma prima di arrivarci c’è un’ingombrante e centrale premessa politica che rappresenterà l’addendo più pesante tra quelli che si sommeranno, senza esclusione di peso, ai molteplici temi narrativi della storia.

Basti pensare che il già corpulento melodramma di Janis, tra scambi di culla, amori che fuggono e ritornano, ed un’immancabile virata omosessuale diviene nucleo di una cellula politica sui fantasmi della guerra civile e la restituzione dei morti alle proprie famiglie.

Se per sommi capi tutti i tasselli sembrano essere ben orchestrati, con la solita profondità di sguardo e fascinazione che in Almodòvar quasi mai scarseggiano o tendono al cedimento, la fine della visione o in almeno parecchie occasioni della seconda parte, sembrano però soffrire di una certa vertiginosità, o per meglio dire indigestione di avvenimenti.

Quando tutto sembra per trovare una propria conclusione, il sorpasso di un nuovo svincolo danneggia pian piano l’economia del racconto e la confusione prende decisamente il sopravvento sulla seppur buon congeniata storia.

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