Pu bu – The Falls - 瀑布
Pu bu – The Falls - 瀑布
Regista: Mong-Hong Chung
Cast: Alyssa Chia, Gingle Wang, Lee-zen Lee, Yi-wen Chen, Hsin-yao Huang, Waa Wei, Li-Yin Yang
Provenienza: Taiwan
Anno 2021
Autore recensione: Roberto Matteucci
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“Ti consiglio di starmi distante.” “I suggest you keep your distance.”
In Cina, alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1949, le tensione fra i comunisti capeggiati da Mao Zedong e i nazionalisti di Chiang Kai-shek sfociarono in una guerra civile. Le armate comuniste in breve tempo conquistarono gran parte del paese. I nazionalisti compresero di essere stati sconfitti e Chiang Kai-shek diede l'ordine di trasferire i reparti del suo esercito rimasti efficienti nell'isola di Taiwan. Da Taiwan formò un governo nazionalista. Gli Stati Uniti protessero Taiwan in funzione anticomunista per molti anni. Nel 1972 Nixon vola a Pechino per il primo incontro ufficiale. La vittima sacrificale fu Taiwan. L'accordo stabiliva l'appartenenza di Taiwan alla Cina Popolare. L'Assemblea Generale dell'ONU approverà, per far posto alla Cina di Pechino, l'espulsione di Taiwan dalle Nazioni Unite.
Ora, Taiwan ha relazioni diplomatiche con solo quattordici nazioni di cui, la più importante, è la Santa Sede. Gli altri sono piccole isole e qualche stato dell'America Centrale. Anche gli amici più gloriosi, come gli USA e il Giappone, hanno un atteggiamento titubante. Gli interessi economici e la posizione anti Cina impongono una difesa di Taiwan, ma i taiwanesi sanno, un giorno, dovendo scegliere, il sacrificio del loro paese sarà inevitabile.
Gli abitanti di Taiwan vivono con questo mastodontico e minaccioso nemico a pochi chilometri. Il loro futuro durerà ancora molto? O finiranno come Hong Kong? Con questo turbamento emotivo gli abitati di Taiwan ci convivono da tempo. Non ne parlano e continuano a vivere come se nulla fosse. Ma nell'inconscio il dubbio si è insinuato lentamente e inesorabilmente.
Nel mondo, la stessa paura è apparsa con la pandemia del virus covid-19. I legami personali sono deteriorati, hanno imposto la distanza, esaltato le corrispondente virtuali, la coabitazione in minuscoli alloggi, l'indossare mascherine, guanti e protezioni visive. I vecchi modelli dello stare insieme, della condivisione sono svaniti. I rapporti si sono incattiviti inclusi quelli familiari. Coesistere in piccoli spazi, senza la possibilità di avere altri affetti, amicizie o motivazioni, compromette la socializzazione. Soprattutto a rischio sono i nuclei familiari, compresi il rapporto sacro fra una madre e una figlia adolescente.
Queste preoccupazioni sono narrate nel film Pu bu – The Falls – 瀑布 del regista taiwanese Mong-Hong Chung presentato alla 78° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
A Taipei il virus si è diffuso, come nel resto del mondo, velocemente. Le misure di sicurezza sono ovunque uguali. Una studentessa Xiao Jing è costretta alla quarantena. Una compagna di classe è risultata positiva. Perciò deve tornare a casa dove vive unicamente con la madre Pin-wen.
Nel bel appartamento borghese, madre e figlia devono indossare la mascherina. I rapporti già tesi si degradano scatenando ostilità. La madre si lamenta, rimprovera a Xiao Jing la quale reagisce con astio. Appare un normale confronto generazionale ma tutto peggiora fino al un capovolgimento familiare. Rimanendo a casa, Xiao Jing scopre l'aspetto negativa della mamma: non paga la domestica da tre mesi, non ha saldato le rate del condominio, ha perso il lavoro. Pin-wen è caduta in una grave crisi mentale, soffre di disturbi psichici e la figlia non si è accorta di nulla. Ora, è Xiao Jing a occuparsi della madre. Xiao Jing è agitata, è impensierita, gli impartisce consigli, la segue, la controlla. Un vincolo d'amore intenso e intimo. Ma ci vorrà uno shock sconvolgente, una preoccupante cascata per riportare la pace.
I temi di Pu bu sono sensibili, introspettivi e attuali. Il covid-19, la malattia, la depressione, la pazzia, la sparizione, la morte, il conflitto generazionale con le problematiche di abitare a Taiwan.
Il regista racconta di come l'idea della trama nasce all'interno della sua famiglia, sentita come una necessità:
“My wife asked me one day if I could make a movie without any death or violence — or anyone’s hand getting chopped off. Could I make a film about everyday life, people just eating, walking around and not much happening? I took it as a sort of half joke.”
...
Yeah, I was trying to keep it simple, to use simple methods — nothing grand — to tell a very simple story.” (1)
La moglie di Mong-Hong Chung, stanca del genere splatter, gli chiede di girare una pellicola senza cadaveri o tonnellate di sangue. Quindi un film semplice e di normale quotidianità. Ma Pu bu è un film semplice e normale? Forse, ma sicuramente non è superficiale. Esclude la violenza e la morte ma introduce la malattia più mistificatrice, quella della pazzia. La pazzia è normalità? Forse sì.
Ma la famiglia è semplice e normale? Non secondo l'autore. La famiglia è universale e melodrammatica, è un microcosmo di un universo con una miriade di variabili. Pertanto la storia di Xiao Jing e Pin-wen è particolare, sorprendente, da approfondire con dedizione.
“When you are turning these family stories into a film or a novel, however, it’s important to expand the melodrama, and add some surprising elements. Because family life is so universal, you need to deepen these individual’s issues — even if they are similar in some way to what we all go through ...” (1)
I temi sociali sono la diffusione del covid-19 e specialmente le sue ripercussione disumane a causa dei malfunzionamenti, delle distorsioni e della scarsa attenzione ai problemi della salute anzitutto nel settore della gestione pubblica.
Per Mong-Hong Chung la conseguenza è crudele “people are getting disconnected from each other, and starting to feel very distant from each other.” I rapporti umani si guastano. Hanno imposto lontananza e disconnessione fisica. L'utilizzo della mascherina è il simbolo più evidente, la metafora della vita, non è un banale riparo è qualcosa di più, è una costrizione mentale:
“I started to envision what life would be like if this mom and daughter lived together in this building. The story happens in early 2020 when the pandemic had just started, so I thought that it was a great symbol for how people are getting disconnected from each other, and starting to feel very distant from each other. So it’s not just a human wearing a mask on their face, it’s like the whole house has a mask over it as well. And then it’s not just a literal mask anymore, there’s also something in the mind that’s constraining you.” (1)
L'epidemia ha comportato un virulento sentimento di sbigottimento, con una crescita del terrore a livello di subconscio collettivo. C'è una differenza, a Taiwan, questa paura collettiva del covid-19 è inferiore a quella geopolitica. Come ricorda il regista:
“Imagine that. I don’t feel that I can complain about the pandemic’s affect on us. In Taiwan, life has mostly been business as usual. However, over the past few decades in Taiwan we have continued to feel a lot of pressure — political pressures, or tension between Taiwan and China. Our geopolitical situation. To me, these feel more threatening than the pandemic.” (1)
L'angoscia è palpabile, il vicino è notevolmente bellicoso e rivendica la proprietà dell'isola. Taiwan è una società legata sensibilmente alla cultura cinese e ai tre pilastri della sua civiltà ma dal 1949 è cresciuta diversamente dalla Cina Popolare. Una sua occupazione sia pacifica, sia militare avrebbe il risultato di una distruzione di oltre cinquantanni di sviluppo differenziato. Questa è la apprensione dei Taiwanesi. Hong Kong e suoi ultimi avvenimenti, ha incrementato questa inquietudine.
L'altro argomento è la pazzia. È descritta delicatamente. La madre ha una nevrosi per la fine del matrimonio e forse una gelosia per la nuova famiglia del marito. La vita usuale svanisce, diventa oscura. Un ambiente di abitudini sofisticate crolla pezzo per pezzo. Ma la solitudine, la mancanza di dialogo rende la follia invisibile agli altri.
Pin-wen ha un contegno borghese, altero, benpensante. È lo specchio della sua casa, elegante, grande, pulita. Diventa autodistruttiva, debole, soffre di accidia. È precipitata in un abisso sconosciuto. Con l'aiuto della figlia, solo di essa, potrà riprendere gradualmente una esistenza semplice e normale. La bella casa di Pin-wen è stata venduta, abitano in una modesta abitazione.
Xiao Jing è una teenager, un po' ribelle, ma non offensiva, solo scostante. Un comportamento simile agli adolescenti ma senza aggressività, in questo c'è la semplicità della struttura del film. La personalità, madre è figlia, è un palindromo. Xiao Jing è diventata volitiva, coraggiosa, energica e attiva. Guida la madre ogni passo e gli rimane sempre vicina rispettando la confuciana regola dell'amore filiale:
“... per amore filiale è saper provvedere al sostentamento dei genitori. Ma persino cani e cavalli vi riescono! E dunque, se non il rispetto, che cosa distinguerebbe gli uomini dagli uomini?”
Il film ha una struttura comprensibile e lineare ma alcune scene, escono dalla linea diretta per emozione e intensità.
La presentazione dei personaggi della Pin-wen e Xiao Jing è seguita dalla nascita del conflitto, sempre fra loro, fino a capovolgersi. Il rapporto si stabilizza, la madre migliora. Il colpo di scena è infallibile. Per guarire completamente, la madre deve avere uno shock, un colpo di scena: è la sequenza della cascata.
Alla struttura principale sono aggiunte altre scene esplicative: quella della cascata, della clinica mentale, dell'agente immobiliare, quella simbolica del serpente nell'appartamento. Queste sequenze segnano il ritmo, in mancanza, la storia non avrebbe tensione.
La scena del serpente ha qualcosa di mistico. Nel palazzo ci sono delle impalcature per ristrutturazioni edili. Durante la notte un serpente si arrampica, entra dalla finestra e si nasconde dietro il lavandino della cucina. La madre, la quale sta sveglia fino al mattino per guardare la figlia, lo vede. Al suo risveglio, Xiao Jing la trova davanti al lavello, lo sta sorvegliando, vuole impedirgli di entrare nella camera della figlia. Ma nessuno gli crede, né la figlia, né il custode, il quale iride la donna. Chiamano i vigili del fuoco ed effettivamente lo scoprono. Pin-wen aveva ragione, la visione del rettile non è un segno di follia. La madre stava vivendo nel reale. Un serpente infernale stava minando la nuova instabile vita di Pin-wen ma sparisce nelle mani forti del pompiere.
La metafora artistica sono le discussioni davanti a una copia malmessa di un quadro di Edgar Degas, Cavalli da corsa in un paesaggio appesa sulla parete della clinica nella quale la madre è ricoverata.
Il dipinto è del 1894, rappresenta otto fantini, tutti con divisa diversa, su dei cavalli in un prato. Sullo sfondo una collina con la cima soleggiata mentre un fianco è ombreggiato. Sette sono di spalle e uno in direzione opposta. Sembrano confusi, sembrano muoversi senza direzione. L'interpretazione del regista:
“I can share a story with you. When I wrote The Falls I actually paused for a while in the middle. The story I started with was about a mother taking care of her daughter, who is the one who has a mental illness. I was struggling a bit in the process, and I went to a mental health institute to try to better understand these conditions. And while I was visiting, I came upon [a print of] Degas’ painting, Racehorses in a Landscape, hanging in one of the wards. The painting had been there for decades, and it had faded and become all blue. So it’s basically the same painting that I used in the film, [in that pivotal scene where the mother discusses the painting with a fellow patient who has some knowledge of art history.]
My wife is actually an art history professor and has been studying and writing about Degas for a long time. So I took a photo of the painting in the hospital and sent it to her; and after I returned home we discussed it and she told me all about the painting and its history. The lines in the film where the characters in the hospital are talking about the painting were all written by my wife. For example: The mystery of the painting, how the riders are all dressed up but it’s unclear where they are going. Perhaps this is a situation, or a dilemma, that a middle-aged single mother in her late 40s or 50s, whose daughter is about to leave for college, would encounter? Where is her life going? Can we even extend the question to think about what is the future of humankind — particularly in this moment? This is when I decided to switch the story and make it about a mother with a mental illness, whose daughter is caring for her. And then all of the writing began to go more smoothly again.” (1)
Dove stanno andando i fantini? Questo disorientamento, questa incertezza è un'altra metafora. Lo smarrimento, l'indecisione vissuta dai cavallerizzi potrebbe essere uguale a quella di una madre con una figlia in partenza per il college? Ovvero, si potrebbe allargare il significato. Qual è il significato della vita? Ovvero, qual è l'avvenire dell'umanità? Di fronte alla pittura di Degas, Pin-wen, con un'altra paziente discutono sulla sua interpretazione. La mancanza di una rotta è l'origine della pazzia? Una volta individuata la strada questa potrebbe sparire? Un quadro è una cura della follia?
La madre è assunta nel Carrefour, c'è il timore di un atto inconsulto. In realtà, pur avendo in precedenza un dirigenziale e ben remunerato stipendio, pare trovarsi a suo agio nel sistemare gli scaffali. È scrupolosa e svolge un lavoro corretto pure ben voluta dai colleghi. Ha soltanto un gesto di stizza. Un cliente recrimina per scatola di biscotti più piccola. La reazione di Pin-wen è pacatamente violenta ma approvata all'unanimità dal pubblico.
Poi c'è l'edificante scena della vendita dell'abitazione. Licenziata, la madre deve vendere la casa. Ma le due donne non conoscono il mercato e sono ingannate da un'agente immobiliare. Si è accorto della loro ingenuità e si accorda con il compratore. In cambio di una provvigione extra e personale gli promette l'immobile a un importo più basso. Il giorno della stipula il responsabile dell'agenzia si accorge della truffa e lancia il contratto in faccia al corrotto agente. Pin-wen potrà incassare un ragionevole prezzo.
Il linguaggio del film è essenziale, ben costruito con l'intreccio di scene eloquenti. Il silenzio riempie le inquadrature, consentendo una loro lettura dettagliata e precisa. La colonna sonore è ideale, una musica classica associata con un sibilo udito solo da Pin-wen. Il montaggio è narrativo, con l'inclusione di alcune inquadrature del sogno.
Il colore predominante è il blu. Le scene sono ammantante dalla luce blu, avvolgendo sia i personaggi, sia l'arredamento. La scelta dell'autore è deliberata:
“Then one day I saw a house completely enclosed in blue canvas. Like in the film, it was all covered up because some work was being done to the building. I take a walk every night around 11pm, and I ran into this house in my neighborhood. That night I didn’t go home; I went back to my studio and began writing the story of The Falls.
Poi un giorno vidi una casa completamente racchiusa in una tela blu. Come nel film, è stato tutto nascosto perché si stavano facendo dei lavori all'edificio. Faccio una passeggiata ogni sera verso le 23 e mi imbatto in questa casa nel mio quartiere. Quella notte non andai a casa; Sono tornato nel mio studio e ho iniziato a scrivere la storia di The Falls.
I started to envision what life would be like if this mom and daughter lived together in this building. The story happens in early 2020 when the pandemic had just started, so I thought that it was a great symbol for how people are getting disconnected from each other, and starting to feel very distant from each other. So it’s not just a human wearing a mask on their face, it’s like the whole house has a mask over it as well. And then it’s not just a literal mask anymore, there’s also something in the mind that’s constraining you.
So this image, of the building enclosed in blue, is what got me started, and it drew all these different things together — the idea of doing a simple story about everyday life, between a mother and a daughter.” (1)
Un condominio con i teli dell'impalcatura blu sono presenti nel film. Il telo esterno riflette dentro le stanze, tutto ha uno sfondo blu. Il telo è una mascherina. Ha perfino la stessa tonalità di quelle chirurgiche. Non solo gli esseri umani indossano una maschera sul viso ma persino l'intero edificio ha una gigantesca mascherina. Forse, una mega maschera ha offuscato altresì le menti, limitando libertà, la voglia di vivere, il desiderio, il divertimento.
Confucio, Dialoghi, Einaudi, Torino, 2003 2006, 2:7
Sitografia: Rodolfo Bastinanelli, “Lo status Internazionale di Taiwan”, Geopolitica.info, data di pubblicazione 19 settembre 2020, data ultimo accesso 26 gennaio 2022 https://geopolitica.info/lo-status-internazionale-di-taiwan-2/
Bibliografia: Mario Sabattini, Paolo Santangelo, Storia della Cina, Laterza, Bari, Biblioteca storica, Quinta edizione, con aggiunta dei capitoli IX e X.