Terra Regista: Marco De Angelis e Antonio di Trapani

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Terra

Anno: 2015

Regista: Marco De Angelis; Antonio Di Trapani

Autore Recensione: Roberto Matteucci

Provenienza: Italia

51 Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro

“E voi non siete pronti per un nuovo inizio.”

Qualcosa di sovrannaturale sta portando la terra alla fine, e mentre per l’apocalisse contiamo i minuti rimasti, alcuni personaggi perlustrano quello che, per essi, perderemo.

E se il mondo sparirà, secondo l’opinione dei due registi Marco De Angelis e Antonio Di Trapani nel film Terra presentato alla 51° Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro dove ha ricevuto la menzione speciale per la sperimentazione linguistica, non sarà un grande rimpianto, anzi per essi una benedizione divina. Pareri; io sono di diversa convinzione. Per me il mondo (nonostante tanti difetti) è stupendo e gli auguro lunga vita.

In Terra potrebbe sembrare il contrario ma cinema sperimentale non vuol dire fatto senza cognizione di causa. È una ricerca di immagini: “non succede niente nonostante le immagini si susseguono da un capo all’altro di un’inesistente vicenda” … “In narrazioni di questo tipo accadono in realtà tante cose. Basta soltanto andarle a cercare sul piano del significante invece di fermarsi ad aspettarle su quelle del significato.” (Angelo Moscariello, Come si guarda un film, Laterza, Bari, 1982)

Se definito seguendo questo principio, Terra è strapieno di significante. Alla fine della proiezione, il dibattito con i critici è stato intenso, tutti si esaltavano a estrapolare visioni interpretative.

Nel film c’è tanto, troppo, di tutto e con principi alquanto consolidati, quindi facilmente graditi a un pubblico conformista.

Immagini sfuocate, quasi più disegnate che riprese. I colori deformati, una voce fuori campo cerca di portare chiarimenti. Figure elettriche, perché tutto è sfuggente, dalla stessa natura: acqua deserto fiumi boschi: “servirà ancora dare nomi alle cose?”

Qual era l’idea dei registi? C’è lo spiegano nella loro intervista: “all’inizio avevamo un’altra idea” … “cresciuto per accumuli di idee” … “polifonia audiovisuale”. (http://www.pesarofilmfest.it/intervista-a-marco-de-angelis-e-antonio-di-trapani)

Perciò nel loro cinema non c’è soggetto, non c’è sceneggiatura, ci sono solo loro due: hanno iniziato un lavoro con un’idea, poi per volontà o costrizione (di chi non riesco a comprenderlo), ne esce un’altra storia. Perché? C’è lo dicono sempre gli autori: “La domanda è che cosa è il cinema … senza una risposta certa … più passano gli anni più è incerta la risposta.” (http://www.pesarofilmfest.it/intervista-a-marco-de-angelis-e-antonio-di-trapani)

Volevano fare una cosa, poi, incerti, a come rispondere a “che cosa è il cinema”, hanno ristretto l’uso della camera per avventurarsi a un montaggio estremo con immagini, foto, e per avere un consenso universale immagini di retorica sulla guerra.

Il problema è la dilatazione sproporzionata dei tanti linguaggi e delle intense citazioni. Abbiamo un risultato profondo ma uno sfondo di esagerazione esibizionista.

Roberto Matteucci

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“There’d he even less chance in a next life,” she smiled.
“In the old days, people woke up at dawn to cook food to give to monks. That’s why they had good meals to eat. But people these days just buy ready-to-eat food in plastic bags for the monks. As the result, we may have to eat meals from plastic bags for the next several lives.”

Letter from a Blind Old Man, Prabhassorn Sevikul (Nilubol Publishing House, 2009)

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