The Worthy Regista: Ali F. Mostafa con Mahmoud Al Atrash e Ali Suliman
The Worthy
Regista: Ali F. Mostafa
Cast: Mahmoud Al Atrash, Ali Suliman, Samer al Masri
Anno: 2016
Provenienza: UAE
Autore Recensione: Roberto Matteucci
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“I need water.”
The Worthy, film del giovane regista degli UAE, Ali F. Mostafa, presentato al 13° Dubai International Film Festival, è tratto da una sceneggiatura preparata per una pellicola americana hollywoodiana.
È una storia apocalittica, distopica, un sci-fi thriller. Come sempre in questo genere, si parla di futuro ma ci sono evidenti collegamenti con l'attualità.
Il mondo è sconvolto, la cultura e la civiltà sono scomparse, la distruzione totale è causata dalla mancanza di acqua. Tutte le fonti sono contaminate, rimangono solo delle piccole riserve. La cultura dell'umanità è annientata. La gente si è rifugiata in posti chiusi, protetti, fuori ci sono razzie di bande di sbandati, i quali cercano di depredare il poco rimasto.
Un gruppo di persone, guidate da Shuaib e dai suoi due figli, si è asserragliata in una grande fabbrica abbandonata e in rovina, ma con una cisterna di acqua potabile decontaminata.
Sono barricati, sono armati, non escono e vietano a tutti di entrare.
Una notte, braccati da una gang, arrivano un uomo e una donna. Dopo una battaglia feroce con gli inseguitori, Shuaib accetterà di accoglierli nonostante i dubbi degli altri.
Gli stranieri rappresentano una minaccia, un minaccia mortale. Mineranno l’esistenza e l’integrità del rifugio.
Fra i sopravvissuti, c’è una comunità di individui dotate di qualità speciali, vogliono costruire un nuovo nucleo dei migliori e icostruire le basi di una esistenza vergine, sono i The Worthy, i meritevoli.
La prima scena è un flashback, in una terra ancora normale, un camionista da un passaggio a un anziano. È un vecchio triste, con lo sguardo cupo, con un tormento interiore. Escono alla Exit 77, l'anziano uomo scende e gli dà un consiglio:“Beware the black flags” l'autotrasportatore era Shuaib.
La trama si svolge nella vasta e disabitata fabbrica. È un film di azione, veloce, crudele, dark, con sequenze macabre e disgustose. Lo scontro è raziocinante, disumano, nella quale emergono Eissa il buono – il figlio di Shuaib – e il cattivo, lo straniero Jamal, penetrato con un sotterfugio.
Il finale è ovviamente top secret ma inizio e fine si congiungono racchiudendo l'intera storia dentro un cerchio ostile e pauroso.
I paesi arabi basano la loro immensa ricchezza sul petrolio, parlare di un futuro distopico per scarsità d’acqua sembra una freddura. In realtà, l’idea è adattata bene e la similitudine d’obbligo. Il petrolio non durerà per l'eternità, se dovesse finire o non fosse più strategico, tutto cadrebbe in disfacimento.
Perciò è necessario differenziarsi, creare un unione di meritevoli capaci di adeguarsi alla nuova situazione, fondando una società multiforme, diversificata pure economicamente, senza essere interamente dominata dal petrolio.
Innumerevoli minacce pervengono soprattutto dall’esterno. Esempio è l'avvertimento del vecchio al camionista di stare attento alle bandiere nere. I vessilli neri sono accomunati a eventi funesti.
L’altro richiamo è la meticolosità per l'immigrato. Lo sviluppo architettonico e commerciale degli Emirati Arabi avviene grazie ai lavoratori dall'estero, ma l’attenzione agli ingressi è costante. Se un giorno arrivasse uno forestiero mai visto, il quale afferma di essere scappato da un luogo pericoloso, quale sarebbe il comportamento da tenere per non portarsi a casa un nemico?
Il film è adrenalinico, attivo in ogni istante. La tensione nello scontro è crescente. La velocità spesso si traduce in scene al ralenti, il quale contribuisce a renderle esagerate e improvvise. Inaspettato, la sfida avviene per le trappole, per i giochi rischiosi, per le sfide letali, per gli inganni bizzarri e, principalmente per la tantissima disumanità e indifferenza per la sofferenza. Tranelli e sotterfugi atroci sono collocati per valutare le capacità deduttive e di coraggio di Eissa.
L’autore sottolinea i diversi caratteri umani dei conviventi nell’edificio. Prevalgono il valore, l’abilità e l’umanità di Shuaib. La sua severità nei controlli ha un attimo di debolezza, ed è quello fatale.
Eissa possiede la stesso audacia del padre, aggiunge la spavalderia della gioventù, l’amore e la solidarietà, e la disponibilità a essere un leader, pronto a rischiare la vita per salvare gli altri.
Jamal è lo spietato sconosciuto, esegue micidiali macchinazioni, noncurante di essere già predestinato.
Il regista muove attori ed effetti con la volontà di sorprendere.
“May he rest in peace” e la camera si alza per mostrare la terrificante devastazione intorno allo stabilimento. Non c’è segno di vita, unicamente rifiuti fino all’infinito, i tanti oggetti, ritenuti fondamentali nella quotidianità, sono ridotti a ingombranti spazzature.
Fuori non c’è speranza. Se il mondo si spaccasse, tutti sarebbero condannati “we are in the same path” e l'inquadratura si sposta per riprendere una tomba con una croce sopra.
Perfino i momenti di pace fra il gruppo nella fabbrica, con i loro racconti del passato e la canzone sussurrata, sono solo altre turbative.
L'autore colora il film di nero, sia per la notte scura, sia per le mura e gli anfratti del desolato opificio. Ma nero è anche il sangue, le torture cercate, le indispensabili menomazioni, tutto procura disordine fisico e mentale, questo è lo scopo. Vuole sconcertare, annichilire la visione della desolazione globale intorno ai superstiti, non serve a nulla cercare asilo in un forte nel deserto.
Il film è un atto di maturità per il cinema arabo, lo spiega il produttore di The Worthy, Rami Yasin:
“The Arabic movies that travel to International festivals all come from a political background or a social background, generally speaking. They’re about Israel/Palestine, the Iraq invasion, Lebanese Civil War.” (1)
Il cinema è molto di più, non si vive di un unico genere, altrimenti il pubblico si stanca:
“It’s great to do films that go to Cannes and open in Berlin and Toronto... but they don’t encourage audiences to go the theatres.” (1)
Ali F. Mostafa realizza un film vertiginoso, intelligente, da vedere in tutto il mondo. È aiutato dagli interpreti.
Mahmoud Al Atrash è Eissa, bravissimo nelle azioni rapide, muscolari e contemporaneamente concentrato nel ruolo e nella sensibilità di essere un ‘meritevole’.
Ali Suliman è Jamal; sadico, malvagio, cinico, distaccato, audace, dall'espressione fredda e intollerabile.
Magazine Empire Arabia – december 2016 issue 013