Bik Eneich - Un Fils - A son Regista: Mehdi Barsaoui
Bik Eneich - Un Fils - A son
Regista: Mehdi Barsaoui
Cast: Sami Bouajila, Najla Ben Abdallah
Provenienza: Tunisia, Francia, Libano, Qatar
Anno 2019
Autore recensione: Roberto Matteucci
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“Ecco il fegato.”
È un drammatico mondo quella della malattia. Quando arriva si apre una visione differente della vita, distruggendola, sia per l’ammalato, sia per chi sta bene. Una sfaccettatura del dolore è il problema dei trapianti, con l’urgenza di trovare un donatore, di trovare un corpo.
La carenza di donatori è diffusa anche nelle società di epoche passate.
“L'idea della scarsità degli organi ha pure degli antecedenti storici nella perenne difficoltà di reperire corpi umani e parti di corpi per autopsie, studi ed esperimenti medici.”
…
In Europa, tra il xvi e il xviii secolo, i cadaveri dei prigionieri mandati al patibolo venivano offerti a barbieri e chirurghi che potevano disporne come preferivano. I "corpi criminali" erano richiesti allora come adesso per ragioni mediche e "scientifiche". In Brasile e in Francia (Laqueur 1983) agli albori dell'età moderna i poveri non godevano di alcuna autonomia al momento della morte e i loro corpi potevano essere confiscati dai ricoveri e dagli ospizi e venduti a ospedali e studenti di medicina.” (1)
Nella attuale Tunisia, quali difficoltà affrontano chi necessità di un organo?
Le limitazioni religiose sono minime; la Sura 5 Versetto 32 del Corano:
«Chi uccide una persona è come se avesse ucciso l’intera umanità, e chi salva la vita di una persona è come se avesse salvato tutta l’umanità».
La conferma è nel sito http://www.transweb.org/faq/q18.shtml:
“The religion of Islam strongly believes in the principle of saving human lives. According to A. Sachedina in his Transplantation Proceedings' article, Islamic Views on Organ Transplantation, "the majority of the Muslim scholars belonging to various schools of Islamic law have invoked the principle of priority of saving human life and have permitted the organ transplant as a necessity to procure that noble end."
Questo principio si scontra con antiche tradizioni. Il regista tunisino Mehdi Barsaoui lo unisce con contrasti personali tormentati, come l'adulterio in una nazione islamica, nel film Bik Eneich - Un Fils - A son presentato alla 76 Mostra Internazionale dell'arte cinematografica di Venezia.
È il 24 settembre del 2011 in Tunisia. La rivoluzione araba è terminata. Da qualche mese il presidente Zine El-Abidine Ben Ali è in esilio in Arabia Saudita, dopo venti tre anni di potere.
Con la cacciata di Ben Ali, la situazione peggiorò. L'economia regredì, le tensioni crebbero, il laicismo dello stato scomparve e la Tunisia divenne campo di battaglia di altri paesi e di altri interessi. Il terrorismo trovò un terreno fertile.
Fares e Meriem stanno viaggiando in macchina per una breve vacanza a Tataouine nel sud della Tunisia. Con essi c'è Aziz, il figlio di dieci anni. Improvvisamente, inizia un conflitto a fuoco fra esercito e terroristi. Aziz è ferito gravemente. È trasportato all'ospedale. La diagnosi è spietata: improrogabile trapianto di parte del fegato.
Ma gli organi a disposizione sono esigui, la lista di attesa lunga, e Aziz ha poco tempo, se non fosse operato rapidamente, morirebbe.
Il test della compatibilità con i genitori ha un risultato inaspettato: Fares non è il padre. La coppia già annientata dalla tristezza, deve scontrarsi in una cupa crisi relazionale.
I temi della storia sono molti: politici, religiosi, la rivoluzione araba, la guerra in Libia, il terrorismo. Si sovrappongono quelli intimistici e privati come la donazione e la compravendita d'organi, il tradimento, la gelosia, la paura, il dolore.
Il regista parla di Bik Eneich - Un Fils - A son:
“È un film estremamente progressista e coraggioso, che tocca argomenti tabù, come la questione dell'adulterio.
Questi sono temi che mi sono cari. Aspiro a una società moderna in cui l'uomo e la donna siano perfettamente liberi e uguali, non solo sulla carta. Piaccia o no, in Tunisia l'uguaglianza di genere non è ancora una realtà.La Tunisia è stato il primo paese arabo ad abolire la schiavitù, a dare alle donne il diritto di voto, a tenere elezioni libere, per non parlare dei diritti che Bourguiba ha concesso alle donne. Tuttavia, la società tunisina può essere molto reazionaria, con leggi completamente liberticide, come la legge sull'adulterio. Oggi a una coppia di adulteri danno cinque anni di prigione quando viene confermato l'adulterio. Non c'è nemmeno la possibilità di fare appello.
Si tratta di una società totalmente patriarcale, in cui il padre è automaticamente il tutore del bambino.
Nel film si parla anche di donazione degli organi, un tema controverso...
La donazione degli organi esiste in Tunisia, ma rimane un tabù culturale in rapporto alla religione: i musulmani devono rispettare l'integrità del corpo.” (2)
L’afflizione dei genitori è emblematicamente esposta in questa sequenza.
Campo medio. Una stanza di un ospedale, i colori sono il bianco e il blu, ma sono opachi. Meriem cammina nervosamente, la camera la segue delicatamente. I suoni sono i suoi singhiozzi e i rumori di una normale clinica. Procede verso il muro, e si vede Fares, appoggiato a una colonna affranto.
Dalla porta si scorgono dei camici bianchi, la donna si gira, scuote il marito, entrambi di spalle si avvicinano. Cut.
Primo piano del viso di Meriem. Il dottore passa davanti alla camera, prima la nasconde e poi si ferma. È il perno dell'immagine, sta spiegando l’esigenza dell'operazione. Cut.
Ii coniugi sono di fronte e il sanitario è inquadrato da dietro. Gli spostamenti della camera sono lenti per riprendere i volti.
L'associazione è perentoria, la medicina, la ferita del figlio, sta dividendo la coppia sia per il dolore, sia per la sofferenza fra essi. È chiamato dall'altoparlante e, senza aspettare la risposta, esce. Perciò, ora marito e moglie non hanno più ostacoli fra essi, e sempre flemmaticamente si girano osservando i passi del medico. L' intralcio è sparito.
La scena ha qualcosa di recondito. Mehdi Barsaoui si schiera a favore della donna. Marito e moglie sono diversi, nonostante l’esteriorità. Hanno la medesima disperazione ma Fares ha una rabbia interiore mentre Meriem ostenta ha una sensibilità maggiore.
Il maschilismo esiste in Tunisia, perciò i diritti della coppia non sono uguale, solo l’uomo può scegliere per il figlio. La donna è un ammennicolo.
L’uomo deve sfidare la tragica concretezza. L’autore narra un altro tema:
“La donazione di organi non è così sviluppata come lo è in altri paesi, e non per leggi restrittive in quanto è legale, perfettamente consentita dalla legge. Ma la religione musulmana prevede il rispetto della sacralità del corpo ed è contro il fatto che il corpo sia privato di una parte degli organi, perché è necessario rispettare le spoglie del defunto. La mia non vuole essere una denuncia, ma un invito a una riflessione ai praticanti della religione musulmana, che è una religione che si fonda sul concetto di generosità, su quanto è il culmine di un atto di generosità il dono degli organi, perché può salvare delle vite. È importante superare questo concetto del considerare meno puro un corpo nel momento in cui è privato di un organo.” (3)
Le scelte bioetiche e religiose sono più conservatrici in Tunisia. Nonostante anni di laicismo, le decisioni morali audaci sono problematiche.
Perciò, l’irritazione del regista nei confronti di Fares peggiora. Lo spinge a compiere una opzione odiosa, e soprattutto, insinua, che la moglie avrebbe avuto un comportamento discordante.
Sulla spinta di un intrallazzatore inizia un viaggio pericolosissimo in Libia. Il fine è comperare un bambino abbandonato, per l'estirpargli il fegato per Aziz.
“Mostrava come dei bambini fossero in prima linea, a difesa di quella residenza. Privati di qualunque senso di umanità, e usati come degli strumenti di artiglieria. È stato quello che mi ha dato l’idea di sviluppare questo tema del traffico di organi, per mostrare come in un paese, dove tutto sta crollando, non c’è più nessun tipo di difesa, di rispetto per l’essere umano. L’economia è in frantumi, ogni cosa è possibile, anche paradossalmente è possibile che si concepisca un bambino come un fornitore di pezzi di ricambio.” (3)
I caratteri seguono attentamente queste caratteristiche sociali e umane.
Fares è l'attore Sami Bouajila, già sposo in disaccordo con la consorte in Les bienheureux. Nel 2000 interpretava il giovane Felix, alla ricerca di emozioni insolite nella La strada di Felix.
Fares è fintamente moderno e laico - “Pretendi di essere un progressista?” - mentre è appariscente nella sua superiorità maschilista e di classe. È membro di una borghesia benestante della Tunisia e può, sadicamente, comprare un ragazzino.
Meriem è fintamente debole. È bugiarda. Non ha avuto scrupoli nel tradire il marito, per un piacere personale. Anch'essa adopera la sua supremazia femminile ingannevolmente per impietosire il suo vecchio amante e vero padre di Aziz. Se ne frega se ha una nuova famiglia.
L’amante, il figlio, il ragazzino libico e, forse, Fares sono le facili vittime di un ambiente con numerosi dilemmi. Di nuovo il regista lo spiega:
“Cineuropa: Ha ambientato il film nel 2011, anno della rivoluzione tunisina. Come si inserisce questo film nel contesto politico della Tunisia oggi?
Mehdi M. Barsaoui: Direi che la famiglia che ho messo in scena rispecchi la Tunisia nell'era di Ben Ali. I genitori sono belli, giovani e ricchi. Il bambino è ben educato. Ma dietro l'immagine di questa famiglia perfetta, si nascondono segreti inconfessabili. Ho cercato di descrivere la mutazione del paese, con il peso culturale che la religione può avere sulla nostra vita quotidiana e sullo stato della donna. Volevo fare un film sull'emancipazione femminile, ma anche maschile. Il messaggio principale che volevo lanciare è semplice e complicato allo stesso tempo: non appena i personaggi del film, Fares e Meriem, decidono di liberarsi dal peso del passato, riescono a vedersi, a parlarsi e a comunicare.” (2)
La falsità della felice famiglia è descritta nella prima parte, con la festa all’aperto di alcune coppie borghesi tunisine
E, soprattutto, nella scena antecedente alla sparatoria. La tragedia dimostra l’ipocrisia e la slealtà sotto la superficiale spensieratezza.
Campo lunghissimo sul deserto. Una strada taglia l'arido panorama. Un’auto appare all'orizzonte. Cut.
Interno della vettura. Ci sono Fares, Meriem e Aziz. Primo piano del figlio e del padre. Cut.
Primo piano della madre. Una sirena in lontananza. Cut.
La polizia li sorpassa velocemente, ripresi dall'abitacolo della macchina. Nello stesso momento, i tre, festosamente, accendono la radio e si mettono a cantare Gregorious di Si Lemhaf. La canzone è ritmata, rapida, allegra: “Those are not the real words/Dont be a fool”. Ballano, ridono, si muovano gioiosamente. Sono spensierati, oppure come afferma il Mehdi Barsaoui: “... famiglia perfetta, si nascondono segreti inconfessabili.”
Festosità e morte appaiono insieme.
Il linguaggio è semplice ma efficace. Establishing-shot sui tetti di Tataouine, lunghi close-up, camera continuamente sui personaggi. Durante la terribile scelta del bambino libico, il regista utilizza la ground-level-shot sui loro piedi, fino alla decisione finale.
I particolari dei pezzi di computer, dei fascicoli gettati a terra rivelano la corruzione, la decadenza di un mondo in guerra. I montaggi sono diretti, o alternati come quando Meriem telefona al padre biologico, e Fares è, contemporaneamente, invischiato con un lercio trafficante d'organi mentre gli chiede più soldi.
Le scene sono realistiche come la rappresentazione della città o dell'ospedale.
Le espressioni finali hanno tutte la direzione dovuta, non c'è religiosità, e neppure una libera volontà, ma forse eliminate le scorie della falsità, la disgrazia potrebbe spingere a seguire una esistenza più giusta.
Franca Porciani, Patrizia Borsellino, Vite a perdere. I nuovi scenari del traffico d’organi. FrancoAngeli, Milano, 2018 (pag. 49)
https://quinlan.it/2019/09/27/intervista-a-mehdi-m-barsaoui/