Un jeune poète Regista: Damien Manivel
Un jeune poète
Anno: 2014
Regista: Damien Manivel Autore
Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Francia;
51 Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro
“Ci sono tante cose che vorrei scrivere.”
Chi da adolescente non ha sognato di essere attore, scrittore, modello, cantante, calciatore e soprattutto poeta.
Il poeta ha una aurea di essere sensibile affascinante e nell’anno del Il giovane favoloso di Mario Martone pure sfigato e brutto. Nonostante questo essere poeta, è un’aspirazione ma, il sogno appartiene a un mondo invisibile che si scontra con la dura realtà.
È quello che scopre Rémi nel film Un jeune poète del regista Damien Manivel presentato alla 51° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro.
Rémi è un adolescente, ha deciso di essere un poeta ma non ha ispirazione e neppure buon gusto.
Allora come riuscirci? Decide di andare in vacanza in un bel posto della Costa Azzurra, Sète. Qui inizia la ricerca delle ispirazioni. Uno studio fatto con attenzione ma con atteggiamenti buffi e divertenti. Ci racconta il regista:
"Il film ha un lato comico, riprendo i cliché sulla figura del poeta, né il personaggio né lo scenario sono realistici", spiega Damien Manivel. "Più che di poesia, il film parla delle nostre passioni, dei nostri sogni, delle nostre difficoltà a esprimerci e a crescere. Il personaggio incontra molti ostacoli. Non c’è ostilità nei suoi confronti, ma la mancanza di risposte del mondo". (http://cineuropa.org/nw.aspx?t=newsdetail&l=it&did=290453) Girato in dieci giorni, Un jeune poète è prodotto dal regista stesso con la sua società MLD Films.“
Rémi è un ragazzo normale, maglietta, calzoncini e infradito.
Cerca l’illuminazione nel bellissimo cimitero, nella spiaggia, in una fotografia, in un museo, in una ragazza, nella vodka, al pub, durante la pesca, negli amici.
Rémi è un tipo solitario, parla da solo, ma non è uno snob, anzi cerca di relazionarsi con dei ragazzi, anche se non lo considerano.
Il regista è ironico, lo mostra mentre nel bar all’aperto con la mano nel mento, il taccuino e la penna, sta pensando come riempiere quelle pagine vuote. Nel mondo di internet consulta un vocabolario cartaceo.
Non sappiamo la fine, la sorte di Rémi appartiene al futuro e all’incertezza ma sicuramente non alla poesia, ma poco importa. Il tentativo di un adolescente è sempre apprezzabile, è la maniera per crescere, per affrontare i dubbi e le paure della vita.
Scene solari, piene di luce, tanti campo lungo per introdurre il ragazzo all’interno del mondo. Il film è montato alla rinfusa senza una cronologia esatta.
L’ironia è sempre presente e rende il film gradevole, una contrapposizione umana contro il religioso misticismo poetico del Leopardi di Martone.
Per questo Rémi è ancora più poeta. Lo è anche nella maglietta. Non l’ha mai cambiata per tutto il tempo della villeggiatura nonostante il caldo e l’afa. Forse l’ispirazione potrebbe diffondersi anche con gli effluvi odorosi del sudore di giorni senza acqua.
Non c’è solo un’igiene precaria fra le fonti poetiche ma anche la più normale sofferenza per l’amore rifiutato e il pianto sommesso del giovane nel bellissimo panorama del cimitero di Sète.
La vittoria per premio Lino Micciché per il miglior film del concorso è meritata.