Demons Regista: Daniel Hui
Demons
Regista: Daniel Hui
Cast: Vicki Yang, Glen Goei, Daniel Hui
Provenienza: Singapore
Anno: 2018
Autore recensione: Roberto Matteucci
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“Sarò come un padre per voi.”
Konstantin S. Stanislavskij ha stabilito dei criteri scientifici e chiari nello studio della recitazione e nella relazione fra attore e regista.
“Noi registi sappiamo meglio di chiunque altro quanto costi questo atteggiamento e come blocchi il lavoro comune, perciò bisogna elaborare una corretta etica e disciplina artistica, per costringere questo tipo di attori a prepararsi a casa prima di ogni prova.” (1)
Non si tratta solo di etica e disciplina, principalmente è un processo creativo nel quale la recitazione nasce dallo studio.
Per ottenerla i registi devono faticare, guidare, stimolare, incentivare: “Molti attori e attrici privi di iniziativa creativa, vengono alle prove e aspettano che qualcuno li trascini sulla strada della creatività e qualche volta un regista, dopo molti sforzi, riesce a far prendere fuoco a questi attori passivi. … Soltanto noi registi sappiamo quanta fatica, inventiva, pazienza, nervi e tempo ci vogliono per smuovere questi attori dalla loro pigrizia e dal loro punto morto. Le donne con civetteria non fanno che ripetere: “Cosa ci posso fare! Non posso recitare, finchè non sento la parte. Quando la sentirò, tutto verrà fuori da solo.” (2)
Il regista deve utilizzare “fatica, inventiva, pazienza, nervi e tempo” ma indubbiamente Stanislavskij mai disse che il regista dovesse utilizzare anche il cannibalismo.
Cannibale è il regista teatrale Daniel, protagonista insieme all'attrice Vicki, del film Demons di Daniel Hui.
L'autore: “In realtà entrambi i personaggi di Vicki e Daniel, e ovviamente anche il personaggio che interpreto io nel film, sono tutte versioni di me. Direi che si tratta di differenti lati di me e delle mie paure. Per questo motivo il film è molto personale per me, come anche quello che fa Vicki.” (3)
Il mestiere del regista fa paura, tutto deve essere perfetto, e se non c'è suddivisione di responsabilità fra regista e attore tutto sarebbe perso. Per questo il regista deve usare tutto il suo potere. Troppo potere. Una egemonia che, forse involontariamente, potrebbe produrre danni e vittime. Nella vita i registi possono essere anche amichevoli e simpatici ma nel set devono essere dei cannibali, devono mangiare l'anima degli attori. Daniel Hui trova delle giustificazione a tanta cattiveria e lo afferma risoluto: “You know, one of my biggest fears it that I will become that person. Especially me as a man and as a film director. I have the position of privilege and power, so whatever would happen to me I could easily inflict on others, even unknowingly. My point of view is that a lot of times these people who perpetrate the acts of violence, most of the times it is not that they are intentionally cruel people. It is just that they don’t care or they don’t know, because they are in such a position of power that they don’t have to consider how the other person feels.” (4)
Primissimo piano, un ragazza e un regista “Perché dovrei prenderti come attrice?” è il primo colloquio fra Daniel e Vicki. La donna mostra subito il suo carattere, risponde timidamente, balbetta; la camera si apre: “Perché non si è ancora spogliata?”
Sono i due caratteri.
Daniel è superbo, convinto della propria superiorità, altezzoso, cinico, avido di successo, orgoglioso. Nei suoi primo piano l'uomo è affettato, antipatico, fuma un sigaro pieno di sussiego.
Vicki è il contrario. Non ha nessuna lussuria, nessuna carnalità, insignificante con una dose di malinconia e inerzia, e tanta apparente debolezza. Ripresa quasi sempre piangente, con i suoi deliri e le sue fobie ovvero vomitando in ginocchio.
C'è una tensione quasi religiosa fra i due. Per il successo dell'opera Daniel deve succhiare la sua anima. La narrazione necessita l'abbandono di ogni forma di realismo, una presenza di scene surreali, immaginifiche, strane, horror, metafisiche, oniriche, irrazionali.
In un viaggio in macchina i due si sdoppiano e si uniscono, ripresi da dietro, di profilo. È un viaggio notturno. Le persone sono doppie, nascoste, la debole luce si trasforma in nebbia. C'è qualcosa di spirituale, una forza invisibile, sconvolge la debolezza della donna facendola fuggire. Il regista la segue, la ferma.
Per calmarla, per dargli sicurezza, la porta a letto. Essa non si oppone, accetta come se fosse un atto dovuto. Ma Daniel non è una specie di Harvey Weinstein. Infatti è gay, vive con un ragazzo – interpretato dallo stesso Daniel Hui – quindi scopare con Vicki è non è piacere ma un lavoro, perché come diceva Stanislavskij, l'attore deve lavorare sulla parte anche a casa.
È un susseguirsi di scene illusorie, assurde, illogiche.
Nella scena del pesce. Il regista è invitato a cena da Vicki e dal fratello, con il quale vive. Il regista come atto di cortesia non porta alla donna un mazzo di fiori ma un bel pacco, con tanto di fiocco. Dentro c'è un pesce, una specie di rombo. Cosa ci deve fare la donna con il pesce: “Provalo. Dovresti indossarlo”. La donna se lo mette in testa. Ovviamente il fratello gli dice di contraccambiare: “Coraggio muggisci” e lei muggisce: “Proprio come una mucca”. La camera inquadra il regista e il fratello alternativamente mentre sguaiatamente ridono e prendono in giro la povera Vicki. Una scena disturbante, Daniel Hui la descrive in questo modo: “A lot of scenes are quite disturbing and scary. For example the one with the fish, because for Vicky the situation is so painfully embarrassing and uncomfortable, but the two other characters at the table are just laughing.
Daniel: That is the scene which made me most uncomfortable when I was editing. It’s strange because when we were shooting it we were laughing so much, because we just found it so funny. It was hard to shoot and we were all ruining the takes, because we were all laughing. But then when I edited it, I suddenly realized I felt extremely uncomfortable with the scene. It is strange, like I said, sometimes we do not realize what we are doing until it is too late.” (5)
Questi episodi continuano fino al finale dello spettacolo. È un successo. Daniele e Vicki sono ripresi da dietro mentre ricevono gli applausi del pubblico. Improvvisamente Vicki si volta indietro, verso la camera, è sgomenta in viso. Dopo il trionfo Vicki sparisce.
La seconda parte cambia tono.
Ora il regista è accusato fisicamente da parte della polizia.
Inconsciamente è punito con visioni spaventose e processato da una setta misteriosa.
La prima espiazione è in una scena kafkiana, incomprensibile e, anche questa fortemente disturbante. Daniel Hui:“Especially in the scene where Glen has a meeting with funds committee, everyone understands each other, and they are laughing but he doesn’t understand so suddenly he’s kicked out of that unit. The same when you’re in the foreign country and you don’t speak the language, you’re outside.” (6)
La scena è quella del rifiuto dei finanziamenti allo spettacolo. Due donne gli spiegano i motivi: “Ci viene chiesto di caricare il malware di dispositivi elettronici per controllare il livello ipnotico. Sì, e questo riesame mostra la prova di rizomi incorporati. Potrebbero arrestare il parametro continentale di auto-ispezione. Finché ci nasconderai il costo e del rotoscopio potrai ancora beneficiare di molti noduli miopici. Non diciamo che non potrai rigenerare il tuo biltimore ma la concorrenza impone che frequenza e feedback siano decompressi in modo da poter rafforzare questo instabile settore.”
Follia pura. Frasi senza senso. Precedentemente la follia era manifestate con parole, gesti e movimenti caratterizzati da una forte moderazione.
Ora invece scoppia la ribellione sia stilistica, sia visiva di Daniel Hui.
Adesso l'accusa è tremenda: cannibalismo. Figurativo o materiale? “La verità è che sei un cannibale”.
Il regista è sotto processo. I giudici sono strani personaggi, con cappucci alla KKK. Il rosso domina, il volto del regista è intriso di sangue. La difesa ha una unica direzione:
“senza di me dove saresti ora?”,
“sei destinato a interpretare sempre lo stesso ruolo.”
Ma la verità “è come se non avessi più potere”. Il regista ha perso il potere e ora si trova sconfitto, abbattuto, distrutto. Il taglio della testa è d'uopo.
Nel film la camera si muove con zoom lenti fino ad arrivare ai primo piano. Poiché la follia e la dissociazione prendono sopravvento, Hui usa delle scene elettroniche, montate con tanto sangue. L'elemento elettronico moderno si confronta con quello più atavico dei fantasmi.
Il rapporto attori e regista è qualcosa di magico, è una relazione intensa e conflittuale. Consapevole di questi contrasti, Daniel Hui ha un intelligente idea. Sceglie un pari peso perciò affida il ruolo dei Daniel a un vero regista teatrale Glen Goei, così ha evitato cannibalismi e decollazioni.
Konstantin S. Stanislavskij Il lavoro dell’attore su se stesso, Laterza, Diciassettesima edizione 2005, Pag. 500
Konstantin S. Stanislavskij Il lavoro dell’attore su se stesso, Laterza, Diciassettesima edizione 2005, Pag. 501