Hava, Maryam, Ayesha Regista: Sahraa Karimi

Hava, Maryam, Ayesha

Hava, Maryam, Ayesha

Regista: Sahraa Karimi

Cast: Arezoo Ariapoor, Fereshta Afshar, Hasiba Ebrahimi

Anno: 2019

Provenienza: Afghanistan, Iran

Autore recensione: Roberto Matteucci

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Mi brucia lo stomaco.” “Mangia che ti passa.”

La posizione geografica dell'Afghanistan è centrale nel passaggio dalla Cina all'Europa. La conseguenza sono le tante continue guerre, conflitti, invasioni combattute nel loro territorio. Si inizia dai macedoni di Alessandro Magno, per passare dai mongoli di Gengis Khan, ai turchi, agli inglesi, ai russi, ai talebani e infine dagli americani dopo il crollo delle torre gemelli.

Il paese ha ora raggiunto un fragile equilibrio. La sicurezza e il controllo governativo di tante provincie è incerta. Mentre la presenza dei soldati americani e di altri paesi consente una discreta stabilità soprattutto a Kabul.

Nonostante la guerra e le vittime, l'Afganistan è un paese con una elevata crescita demografica. Il tasso d'aumento è del 2,37%, al ventinovesimo posto al mondo. I bambini nati sono il 37,5 per ogni mille persone, addirittura al dodicesimo posto al mondo. (1)

Alla crescita demografica non corrisponde un uguale incremento economico, il reddito procapita è appena duemila dollari a persona annuo. (2)

Le sensazioni e delle difficoltà delle donne di Kabul sono raccontate dalla regista Sahraa Karimi nel film Hava, Maryam, Ayesha presentato alla 76° Mostra Internazionale dell'arte cinematografica di Venezia.

Hava, Maryam, Ayesha

Establishing shot su Kabul. È una grande città, tipicamente araba, bianca, con i tetti piatti. Una parte delle case è in collina mentre in pianura si vedono alcuni palazzi più grandi. È inverno, ci sono ancora tracce della neve. Il suono è dato dalle sirene delle ambulanze e della polizia.

A Kabul vivono Hava, Maryam e Ayesha, tre donne molto diverse.

La regista racconta di un Afghanistan nel quale la procreazione è un valore, ma spesso diventa un problema insormontabile nonostante all'amore di avere un figlio. Il maschilismo è la vera causa che impedisce le donne ad avere dei figli. Colpisce tutte le classi sociali. Gli uomini fedifraghi, traditori, ingannevoli, incapaci di amare, sono solo capaci di trattare le donne come degli oggetti.

Per la regista c'è un'unica soluzione estrema. Nessuna donna lo desidererebbe ma ne sono costrette per l'indegnità degli loro amanti: l'aborto!

La camera riprende un cortile. Una donna incinta, Haya, sta tagliando la legna. Il suocero, un vecchio spregevole sessista, continua a dare ordini, indifferente della sua condizione. Vai a prendere la sputacchiera, lavala bene, porta la nonna in casa, vai a fare la spesa, cucina, servi a tavola, nasconditi perché arrivano gli amici del marito e non la devono vedere. Il marito è un emerito stronzo. Haya cade ed esso è indifferente nonostante la donna non sente più il figlio muoversi nella pancia. Gli chiede di portarla da un dottore ma se ne frega, vuole uscire con gli amici.

Hava, Maryam, Ayesha

Cambia ambiente sociale e culturale. Inquadratura di una elegante e bella giornalista, presentatrice di una TV News: Maryam. Il telegiornale parla degli attacchi terroristici a Kabul. La forza di Maryam è narrata nella sequenza del litigio con il direttore: esso gli sta proponendo un lavoro come modella. Maryam gli risponde decisamente, volitivamente. Rifiuta con decisione una occupazione deprimente della propria professionalità. Il direttore tace e si scusa timorosamente. Maryam torna a casa. Un bel appartamento, elegantemente arredato. Ma a casa è sola. Si era sposata sette anni prima ma dopo aver scoperto il tradimento del marito, lo ha cacciato. Ora è una donna infelice, delusa, amareggiata. È incinta e il marito non lo sa. Esso continua a corteggiarla a chiedergli scusa ma la sua decisione è categorica. Preferisce la tristezza e la solitudine.

La terza donna è Ayesha, diciottenne e anch'essa incinta. Il fidanzato, dopo averlo saputo, l'ha abbandonata. Ora si ritrova costretta ad accettare il matrimonio con un cugino. Ovviamente però il figlio deve sparire. Con l'aiuto di una amica e vendendo i regali del futuro coniuge ha trovato un ambulatorio.

I tre episodi si riuniscono nella scena finale.

Hava, Maryam, Ayesha

Ayesha indossa un burga per non farsi riconoscere, cammina furtiva in un lungo corridoio, la camera è statica e lei diventa sempre più piccola.

Si ritrova insieme a Haya e Maryam nella sala d'attesa per abortire. Pure Haya è con il burga ma se lo toglie all'interno.

Sono tre donne sole, gli uomini sono inesistenti, appaiono sono per telefono.

Per Hara gli uomini sono delle ombre, quelle degli amici del marito quando stanno entrando in casa. Essa deve stare lontana e non disturbare, è esclusivamente una serva.

Ovvero per Maryam e Ayesha gli uomini sono dei fallimenti umani. Anche questi non si vedono e non si sentono. Come nella piece teatrale di Jean Cocteau - La voce umana - l'uomo non esiste, si intuisce solo per le parole della donna, ma potrebbe anche essere immaginazione.

Gli uomini non sono inutili e insignificanti. Peggio, sono dannosi, indifferenti, codardi, fuggono invece di affrontare le responsabilità: “sei l'errore della mia vita” dice Maryam.

Sono delle belle donne, forti. Anche Haya lo è; apparentemente è succube ma in realtà affronta la vita con forza. Ama il figlio, è radiosa quando lo sente muovere.

Simbolo dell'energia delle donne si comprende da un piccolo magnete attaccato al frigorifero di Maryam, c'è scritto “I love woman”.

  1. https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/af.html

  2. https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/af.html

Roberto Matteucci

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“There’d he even less chance in a next life,” she smiled.
“In the old days, people woke up at dawn to cook food to give to monks. That’s why they had good meals to eat. But people these days just buy ready-to-eat food in plastic bags for the monks. As the result, we may have to eat meals from plastic bags for the next several lives.”

Letter from a Blind Old Man, Prabhassorn Sevikul (Nilubol Publishing House, 2009)

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