Viaggio sola Regista: Maria Sole Tognazzi

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Viaggio sola

Regista: Maria Sole Tognazzi

Provenienza: Italia

Anno: 2013

Autore Recensione: Roberto Matteucci

”Sono il tuo ispettore ideale perché non ho una vita.”

Secondo la regista Maria Sole Tognazzi almeno il 17% della popolazione italiana è single. Una percentuale significativa, importante.

Nel film Viaggio Sola, la regista affronta il tema di una donna matura, Irene, senza famiglia.

Non è sposata, non ha un fidanzato, non ha un figlio, non ambisce di adottarlo e non ha neppure una modaiola relazione omosessuale.

Ha pochi legami: una sorella, un ex fidanzato e nessuna amica.

Ha però un invidiosissimo lavoro: ispettrice di alberghi di lusso. È senza sosta in giro per il mondo, ospitata in super alberghi a cinque stelle, con spese rimborsate per intero. Controlla sistematicamente gli standard richiesti.

Non sente il peso della mancanza di qualcuno, va al cinema da sola, viaggia da sola, non è manco alla ricerca.

Quando conoscerà in un albergo un’antropologa, inizia con lei una breve amicizia.

Ritengo che le leggi per accrescere la moralità in Italia non debbano riguardare i politici e altre banalità del genere, invece dovrebbero interessare la nostra rettitudine. Ne suggerisco due.

La prima legge dovrebbe recitare: la tassa di successione è del 100%.

La seconda legge dovrebbe prevedere il rogo per i figli che fanno il mestiere del padre.

Uno dei settori a guadagnarci sarebbe quello del cinema, ambiente nel quale il nepotismo regna sovrano (e non soltanto in Italia).

Con il mio bel pregiudizio sono andato a vedere Viaggio Sola di Maria Sole Tognazzi, figlia di Ugo Tognazzi. Devo riconoscere di essermi sbagliato, perché il film mi è piaciuto.

Un soggetto interessante, l’idea originale di scegliere come mestiere della protagonista l’ispettrice per hotel di lusso. Il soggetto è minimalista ma sontuoso dell’ambientazione.

Purtroppo la sceneggiatura non ha saputo sviluppare a pieno le potenzialità, è rimasta indietro, e sulle ispezioni negli alberghi avrebbe potuto innalzare un mondo.

La regia è stata umile, ma non modesta, inquadrature semplici, un montaggio classico, una costruzione lineare della storia.

Per dare il senso della famiglia, la regista dispone tutti di fronte alla camera e riprende con un campo medio, elementare ma efficace.

È divertente quando usa la voce fuori campo per elencare il questionario sui metodi da seguire per un controllo totale. Nasce anche una discontinuità fra la domanda e il verifica ma serve per rendere tutto più umano, compreso l’utilizzo delle domande per la casa di Irene.

Questa volta Margherita Buy è perfetta, perché l’antipatica isteria dei suoi precedenti personaggi non è presente. Nel film la nevrosi è canalizzata, bene, nel mestiere scrupoloso, meticoloso e pignolo.

“Solitamente mento quando mi fanno questa domanda.”

Alla fine sembra cedere ma riesce a rimanere se stessa, il suo modo di recitare – monocorde e sempre uguale – non appare. È simpatica allorché si atteggia a 007, con occhiali scuri, computer, sguardo indagatore; con gran merito della regista.

La domanda finale se siamo soli è valida per tutti: uomini e donne. Però la solitudine è una parte della nostra esistenza, con cui conviviamo. Non avere legami comporta anche libertà, ad esempio viaggiare da soli. Avete provato andare in vacanza senza nessuno? C’è il gusto della scoperta, dello stringere nuove amicizie, avere delle relazioni originali, conoscere mondi opposti, costretti a dare il meglio di se, aguzzare l’intelligenza, controllare i rischi e valutare i pericoli, essere se stessi senza formalizzarsi alla nostra consueta personalità. A pensarci se fossimo accompagnati, ci sarebbe un grande aspetto negativo: se all’aeroporto devi andare in bagno non sai dove lasciare le valigie e sei obbligato a portarle dentro … però si sopravvive.

Inoltre la vita deve procedere, e Irene ci racconta proprio questo. L’esistenza va avanti e l’idea – banale – di cambiare radicalmente non è mai la soluzione esatta.

Il bel finale gioca sui sogni dei single di trasformare la vita, un bel montaggio ci aiuta a scherzare sulle manie di tanti.

Certo la noiosa ripresa del centro di Berlino c’è la poteva risparmiare, però la storia procede con scioltezza e piacere.

Roberto Matteucci

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“There’d he even less chance in a next life,” she smiled.
“In the old days, people woke up at dawn to cook food to give to monks. That’s why they had good meals to eat. But people these days just buy ready-to-eat food in plastic bags for the monks. As the result, we may have to eat meals from plastic bags for the next several lives.”

Letter from a Blind Old Man, Prabhassorn Sevikul (Nilubol Publishing House, 2009)

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