Il linguaggio segreto del corpo – La comunicazione non verbale di Anna Guglielmi
Il linguaggio segreto del corpo – La comunicazione non verbale di Anna Guglielmi
Piemme, Milano
Luglio 2007, prima edizione
Autore recensione: Roberto Matteucci
“Il corpo parla un linguaggio che può essere compreso solo da un altro corpo.” (Pag. 7)
In ufficio ho una sedia, si reclina per circa trenta gradi. A volte metto le mani dietro la testa, mi allungo e mi rilasso dondolandomi con le gambe in avanti.
Qualcuno, frettoloso a emettere giudizi, potrebbe pensarmi in un piccolo pisolino. Se entra un superiore e mi chiede cosa sto facendo, tengo alla portata di mano il libro di Anna Gugliemi Il linguaggio segreto del corpo – La comunicazione non verbale (Piemme, Milano, I edizione, luglio 2007).
Al mio boss gli leggerei a pagina 111: “Mentre si dondola è come se stesse dicendo io ho già trovato la soluzione, sbrigati a parlare che te la dico.”
È la prima utilità monumentale del libro.
Tante altre sono le spiegazioni, le interpretazioni, i chiarimenti di lettura del corpo. I nostri movimenti sono dettati da un cervello, il quale ordina mosse, molto spesso, simili fra gruppi e comunità a causa di una lunga tradizione o stratificazione mentale e sociale. Perciò in una singola postura l’autrice, legge un significato stabilito. Se memorizziamo le tante posizioni, con il relativo significato, potremmo comprendere il pensiero intrinseco - dei nostri interlocutori, o dei nostri dirimpettai in una sala d’aspetto, o in una carrozza del treno - senza parlarci.
“Chi si afferra le mani dietro la schiena si sente rilassato e sicuro di sé ed è cosciente della sua autorità.” (Pag. 135) Questo è facile, Enrico Cuccia – mitico leader di Mediobanca e della finanza italiana – camminava frettoloso con questa posa. Ma anche mio padre cammina con le mani dietro la schiena e, sicuramente, non è Enrico Cuccia … magari!
E così via. Il libro ci spiega tanti comportamenti. Un libro divulgativo, utile per tante situazioni ma senza letture segrete. Nulla è nascosto o esoterico. Tutto è chiaro e tecnico.
Alcune interpretazioni sono bizzarre o fetish. Come intravedere una personalità, durante un colloquio di lavoro, dall’odore dei piedi.
“… potete provare a riconoscere che tipo di odore emana un paio di scarpe, perché da questo si possono individuare le disfunzioni di cui soffre una persona.” (Pag. 82)
Altre sono più adeguate, da studiare, per poi utilizzarle con occhio veloce.
Come la citazione di Roberto Assagioli, maestro della psicologia transpersonale italiana. Se fingiamo di essere arrabbiati, finisce che lo diventiamo veramente. Dobbiamo essere distensivi e aperti sempre, e le persone più prossime, saranno distese e aperte a loro volta.
C’è poi la scelta del posto. È indicativo quando si entra in una sala con delle persone. La preferenza è guidata dal nostro umore e dal nostro livello di misantropia.
Se ci sediamo al tavolo più lontano, vicino all’ingresso: non venite a disturbarmi.
Se ci sediamo centrale, spalle al muro e viso verso la porta: siamo aggressivo e stiamo aspettando un possibile avventore.
Spalle alla porta: siamo introversi.
Il libro procede con tanti esempi. Sono da leggere e da studiare, appartengono al primo livello d’introduzione di una persona, di qualsiasi tipo sia il colloquio. Poi l’autenticità assoluta non esiste, perché ci sono altre influenze materiali, psicologiche sul nostro corpo.
Con un chiodo fastidioso su una sedia, starei seduto come sollevato, ma non perché desideroso di andarmene, ma perché avrei paura di rompere i calzoni.
Ma in prima battuta è sempre vero quello scritto sul libro, poi ci vogliono altri indizi.
Perfino gli studiosi di lettura del corpo o di comportamento non sempre la pensano ugualmente.
Quando si parla in pubblico, Anna Guglielmi suggerisce: “… di scegliere uno o due persone e su di loro puntare lo sguardo.” (Pag. 209) perché lo sguardo generico appare finzione e non rende sicurezza.
Cesare Sansavini in Parlare in pubblico (Giunti, Milano, 2010) la pensa diversamente:
Quando parliamo in pubblico, dobbiamo rivolgere il contatto visivo: “A tutti indistintamente. L’oratore deve essere democratico e mostrare il proprio profondo interesse attraverso un sincero contatto visivo proiettato su ogni partecipante.” (Pag. 36)
La differenza è l’essenza della teoria. Noi sceglieremo, se puntare qualcuno ovvero avere un occhio per tutti, dalla pratica. Importante è sapere la teoria, in seguito, con la nostra esperienza andremo a scegliere secondo nostra abitudine e accortezza, acquisite nel tempo.