Kafka sulla spiaggia di Murakami Haruki
Kafka sulla spiaggia di Murakami Haruki
Einaudi, Torino
2013
Autore recensione: Roberto Matteucci
“Annuisco in silenzio.” (Pag. 198)
Gli spiriti in Giappone sono parte decisiva della loro filosofia.
La Via degli Spiriti è la traduzione di shintoismo; e lo spirito è ovunque, sia nell’uomo, sia nella natura.
Gli spiriti sono presenti nella letteratura giapponese da sempre. Fra gli autori contemporanei Banana Yoshimoto racconta vicende spirituali.
Giocando con una sottile ironia lo stesso tema è trattato da Murakami Haruki in Kafka sulla spiaggia (Einaudi, Torino, 2013).
Il romanzo parla di Tamura Kafka, un ragazzo di quindici anni. Ha delle relazioni difficili con il padre, mentre la madre è scomparsa da anni con la sorella. Senza meta precisa, abbandona in segreto la casa. Ma i sentimenti interni, le angosce, il passato e quelli della famiglia se li porterà con sé: “… ma anche se vai più lontano che puoi, non è detto che riuscirai davvero a fuggire da qui. Secondo me è meglio non fare troppo affidamento sulla lontananza.” (Pag. 4)
Inizia un viaggio nel quale riuscirà a completare le parti mancanti della propria vita. Non sono dei banali elementi esteriori, sono invece profondi, interiori, da ricercare nell’immaginazione, nei sogni. Fanno parte di noi, non sono un mondo circoscritto, ma il problema è penetrarci per ottenere un tutt’uno.
Oltre la semplicità della storia, c’è un mondo irreale, incomprensibile: il Giappone.
Murakami, consapevolmente, affronta un lavoro dettagliato, colto, filosofico. Non aspettiamoci una rappresentazione logica, non ci sarà e sarebbe inutile. In altre sue opere, in realtà veritiere sono inseriti elementi illogici, irrazionali. Ma in Kafka sulla spiaggia tutto è accentuato.
Tamura Kafka è un ragazzo solitario, parla poco, in lotta con il mondo e con la vita.
Parallelamente alla fuga di Kafka c’è un’altra storia, accaduta alla fine della seconda guerra mondiale. In un bosco, una maestra sta accompagnando degli alunni alla raccolta di funghi, quando accade un fatto misterioso.
I due rami partono insieme per confluire lentamente in un unico filone.
Durante il viaggio, Kafka incontra Sakura, una bella ragazza disponibile ad aiutarlo e a consolarlo.
Oshima lavora presso una biblioteca appartata, con esigui frequentatori. È un ragazzo colto e intelligente, riesce ad aiutare Kafka, e a mantenere un livello dissacratorio. Divertente è come affronta due femministe in visita ispettiva sulle pari opportunità dei bagni. Oshima le mortifica in un lungo discorso, in cui ribadisce la stupidità dell’esame delle mere apparenze.
Saeki è la donna proprietaria della biblioteca. Una donna matura, affascinante, di classe appartiene al mistero e al passato.
Alla ricerca di un perché sconosciuto, si gettano altre due persone. Un camionista Hoshino, il quale accetta di assistere Nakata. Nakata è un personaggio tratteggiato brillantemente. Una strana malattia durante l’infanzia gli ha provocato delle differenze umane e mentali. Nakata non ha nessuna forma di attaccamento, non ne comprende il significato, è totalmente libero: “Non conosceva insoddisfazione né rabbia, non soffriva la solitudine, non nutriva ansie per il futuro, non avvertiva disagi.” (Pag. 235)
Appare intellettivamente indietro ma possiede altri esplodenti qualità, come quella di parlare ai gatti. Con lui Murakami si lascia andare perfino a forme di umorismo: “Ma i gatti stranieri parleranno lingue straniere?” (Pag. 328)
Alcuni elementi linguistici e tematici si ripetono spesso.
Tamura Kafka è silenzioso, riflessivo perciò ripete in continuazione “annuisco”, come a voler confermare la sua incertezza e immaturità.
Sangue. C’è tanto sangue, in molte forme. Dai corpi sanguinanti, ai gatti trucidati, alle mestruazioni. Oshima soffre di emofilia.
Ci sono tantissimi omaggi. Molti generi: Beethoven, Hayden, Truffaut, la letteratura giapponese, i classici greci, Edipo, Garcia Lorca, Hemingway. E ovviamente Kafka, con la citazione di Colonia penale. Forse perché il racconto di Franz Kafka è un dialogo surreale, assurdo ai confini della realtà, com’è Kafka sulla spiaggia.
E poi arrivano gli spiriti, i fantasmi. “Una persona può diventare un fantasma anche da viva.” (Pag. 243)
Tamura Kafka dovrà affrontare, scegliere nel mondo degli spiriti. Perché è il suo karma, la sua vita, la sua famiglia a costringerlo a ricondurre tutto in se stesso: “Si riferisce all’influenza del karma di esistenze precedenti… nella vita ogni cosa, anche la più piccola, non è mai casuale.” (Pag. 35) Tanti elementi violenti sono accaduti, e degli spiriti sono nati da questi eventi. È necessario riportare tutto nell’unica dimensione possibile: “E gli spiriti viventi sono generati da passioni violente, come fossero una loro manifestazione spontanea. Purtroppo non mi risulta ci siano casi in cui gli uomini si trasformano in spiriti viventi per realizzare grandi progetti di pace o obiettivi razionali.” (Pag. 246)
Nel finale i mondi si ricongiungono, con la speranza di aver spezzato energia negativa che aveva bloccato il fluire degli spiriti.
Murakami non ci lascia un attimo di respiro, confondendoci con continui e inspiegabili avvenimenti. Ma è irrilevante, in un libro come Kafka con la spiaggia, bisogna ricercare l’immaginazione, il sogno. Il sogno parte da una citazione di una poesia di Yeats: “In dreams begin responsabilities.” (Pag. 143)
E con i sogni c’è l’immaginazione: “Tu hai paura del potere dell’immaginazione. E ancora di più, hai paura dei sogni. Hai paura della responsabilità che potrebbero cominciare nei sogni.” (Pag. 150)