El Cristo ciego Regista: Christopher Murray

El Cristo ciego

Anno: 2016

Regista: Christopher Murray

Provenienza: Cile Francia

Autore: Roberto Matteucci

73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

“Dio non stava fuori, stava dentro e se comprendi questo puoi essere un Cristo.”

La Pampa del Tamarugal è un territorio inclemente, un deserto situato nel Cile settentrionale. È molto difficile vivere in questi territori perché la natura non consente tanti compromessi:

“El clima se caracteriza por la ausencia casi total de lluvias y por temperaturas de alrededor 30° C durante el día para descender a cerca de 0° C durante la noche. Esta “oscilación térmica” genera que las rocas se dilaten y contraigan en un proceso ininterrumpido, lo que termina fracturándolas y creando las finas partículas que conforman la superficie del desierto.” i

In questo deserto implacabile, crudele, il regista cileno Christopher Murray ambienta El Cristo ciego presentato alla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Secondo l’autore la scelta della pampa del nord ha un significato, perché è:

“ … lugar de mucho sincretismo religioso, un polo religioso muy importante del país pero tambien con una realidad social muy cruel …” ii

Michael è un ragazzo, vive con il padre in un piccolo villaggio. Come mestiere ripara biciclette. Quando era un bambino, andò nel deserto insieme all’amico Maurice, facendosi crocifiggere. L’amico gli piantò dei chiodi nelle mani e Michael si trovò con le stigmate come un San Francesco cileno.

Dopo questo gesto Michael sarà il Cristo cileno. Si trova in uno stato di misticismo, afferma di essere un Dio, di essere capace di compiere miracoli: “Farò un miracolo.”

Ma intorno ha il vuoto, solo prese in giro, ironie, maltrattamenti. In una società profondamente cristiana, l’arrivo di un nuovo Dio sulla terra equivale al giorno del giudizio universale.

Apprende che l’amico Maurice – trasferito in altra città – è seriamente malato. Michael è deciso di aiutarlo con un miracolo. Perciò inizia un viaggio solitario nel deserto. Per essere nella parte si toglie le scarpe e procede a piedi nudi.

Durante il tragitto Michael affronta la spiritualità dei vari paesi. Si scontra con i partecipanti di una processione, dove è picchiato. Incontra un ragazzo giocatore di calcio, anch’esso in pellegrinaggio. Il ragazzo lo porta a casa, nella quale vive con la madre. Qui trova un ambiente rilassato, sereno e il soddisfacimento carnale. La madre lo adesca portandolo a letto. Il viaggio continua, incontrando tante sofferenze e persone difficili.

Ma il vero obiettivo è l’incontro con gli indios. Chi meglio di essi può esaltare il pensiero dell’autore:

“When I got connected with the community and discovered their dramatic reality and faith ...”

“I am not religious but I strongly believe that trying to go inside the intimate emotion behind faith is a way to understand our emptiness and conflict as a society. So for me, if a belief or a divine apparition is real or not, is not important. What’s interesting is how that experience or story is built to give meaning to the intimate life of someone or a community.”

“There’s a face of Chile far away from the myth of neoliberal economy as a path to development. On the contrary, there’s an image of inequality, abuse and social injustice that impact people in a brutal way. It is in that dramatic context, which affects communities all over the word, that I’m interested in how religious myth and faith are born for creative meaning.” iii

È un boccone grosso quello degli indios, tirati dalla giacchetta da tutti. È una popolazione arcaica, portatrice ancora di antica spiritualità ma in condizioni di estrema povertà, sfruttata nelle miniere della zona. Per essi, ovviamente, pure Michael è un Dio; probabilmente lo sarei anch’io se parlassi di grandi sistemi, con i piedi scalzi, un sorriso scemo, farneticando sulle ingiustizie nel mondo.

Nel finale avviene proprio un gesto di ribellione degli indios, rifiutano la religione ufficiale complice della speculazione economica degli indigeni.

Christopher Murray è un po’ come il nostro Piergiorgio Odifreddi, ateo indefesso, ma che sta sempre a parlare e scrivere di Dio come non farebbe neppure una beghina di novanta anni. Ma si sa la lingua batte dove il dente duole.

Murray è ateo, però quasi gli dispiace: “I am not religious but I strongly believe that trying to go inside the intimate emotion behind faith is a way to understand our emptiness and conflict as a society.” ii

Il povero Michael è la prima vittima, è una specie di Frankenstein.

Le stigmate dovrebbero provenire da Dio e non perché si è infilzati a un albero da un inconsapevole amico con un chiodo e un sasso.

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Perciò Michael è più una macchietta. Cammina scalzo per ore ma quando arriva a casa della donna, non si lava: “sto bene così”, come se fosse uno dei pellegrini con i piedi sporchi e gonfi della Madonna dei pellegrini di Caravaggio, dimenticandosi però di quando Gesù lavò i piedi ai discepoli: “ … ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri.” iv

Il peggio però arriva con i dialoghi. Michael parla come Paulo Coelho: ogni frase aspetta la standing ovation e un’iniezione d’insulina per eccesso di sdolcinatezza. Peggio ci sono le parabole sconclusionate, Michael le racconta come un barzellettiere depresso.

L’attore Michael Silva si troverà poco dopo a ad affrontare un altro viaggio, forse neppure molto diverso da quello di El Cristo ciego. Sarà il tuttofare e chauffeur del comunista Neruda nell’omonimo film di Pablo Larraín.

La storia procede come un road movie sociale e spirituale. Il regista si serve di luce fosforescente nel deserto, mentre le scene notturne sono buie con fonti di luce minime. La cupezza è sia nel personaggio, sia nella lentezza di fondo. L’attesa del miracolo non accresce la fede in nessun tipo Dio anzi lo allontana. I miracoli di Gesù erano allegri, partecipati, fonte di gioia e di vita. Trasformare l’acqua in vino è letizia pubblica. Michael non è capace di compierli e delude soprattutto la religiosità della gente corsa a osservarlo all’opera: “Siamo venuti a vedere il miracolo.”

Anch’io sono andato al cinema a vedere il miracolo, ma non è avvenuto.

i http://www.tarapacaenelmundo.cl/index.php/pampa-del-tamarugal

ii https://m.youtube.com/watch?v=v35JvnnWAk8

iii Ciak in mostra daily n. 3 di venerdì 2 settembre 2016

iv Giovanni 13:15

Roberto Matteucci

https://www.facebook.com/roberto.matteucci.7

http://linkedin.com/in/roberto-matteucci-250a1560

“There’d he even less chance in a next life,” she smiled.
“In the old days, people woke up at dawn to cook food to give to monks. That’s why they had good meals to eat. But people these days just buy ready-to-eat food in plastic bags for the monks. As the result, we may have to eat meals from plastic bags for the next several lives.”

Letter from a Blind Old Man, Prabhassorn Sevikul (Nilubol Publishing House, 2009)

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