La mélodie Regista: Rachid Hami Cast: Kad Merad, Samir Guesmi, Alfred Renely, Jean-Luc Vincent
La mélodie
Regista: Rachid Hami
Cast: Kad Merad, Samir Guesmi, Alfred Renely, Jean-Luc Vincent, Tatiana Rojo, Slimane Dazi, Mathieu Spinosi, Zakaria-Tayeb Lazab, Youssouf Gueye, Mouctar Diawara, Shirel Nataf, Anaïs Meiringer, Amine Chir, Claudine Vinasithamby, Idaya Haddouche
Anno: 2017
Provenienza: Francia
Autore Recensione: Roberto Matteucci
“Sono anche delle canaglie.”
Freud non aveva un buon rapporto con la musica: “… il contenuto di un’opera d’arte esercita su di me un’attrazione più forte che non le sue qualità formali e tecniche …
…
… per la musica, sono quasi incapace di godimento. Una disposizione razionalistica o forse analitica si oppone in me a ch’io mi lasci commuovere senza sapere perché e da che cosa.” (1)
Non era una questione di gusto, semplicemente non riusciva a psicanalizzarla, perciò gli sembrava distante. Scientificamente potrebbe avere ragione. É difficile assegnare alla musica un significato materiale, logico, o intravedere qualche segno del complesso di Edipo.
Se è impossibile una interpretazione diretta invece è possibile psicanalizzare e simboleggiare il rapporto fra le persone e la musica.
Su questo amorevole legame esiste una vera letteratura.
Una sotto categoria molto importante ed emozionante è quella della corrispondenza fra la musica e gli adolescenti. Per i giovani la musica costituisce il mezzo per una formazione umana, utile per crescere e per prendere consapevolezza.
Specializzati sul tema sono sicuramente i francesi. La musica e i giovani sono presenti in tanti film degli ultimi tempi, a partire da Les choristes - I ragazzi del coro del 2004 con Kad Merad, ovvero con il successo commosso di La Famille Bélier. Ricordo Le dernier coup de marteau del regista Alix Delaporte, una pellicola presentata nel 2014 alla mostra del cinema di Venezia,
Nel 2017 alla 74° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è stato presentato La mélodie del regista Rachid Hami. La maturazione di alcuni ragazzi dipende dal violino.
È il violino, infatti, il protagonista della prima scena. Lo vediamo in primo piano nel metro, in una strada affollata e infine in una scuola.
Simon – interpretato da Kad Merad - è un maturo professore di musica. Ha un passato non felice, con molti problemi. Il suo volto esprime disincanto, pessimismo, cinismo.
Accetta, probabilmente costretto e contro voglia, un lavoro in una scuola media. I suoi allievi assomigliano ai ragazzi presentati con tanto realismo dal regista Laurent Cantet nel famoso film La classe - Entre les mure, il quale per primo ha mostrato le diversità culturali nelle scuole francesi odierne.
Con un rapido montaggio veloce osserviamo gli studenti, i volti sono simili a quelli di tanti adolescenti, anche se provenienti da tante parti del mondo.
Dietro ogni viso c'è una storia non facile, con tante fragilità emotive, sociale ed economiche.
E ovviamente tutte le tensioni personali, familiari, sociali si incontrare in quell'agglomerato casuale che è la scuola, dove tanti ragazzi senza nessuna maturità ed educazione si affrontano e si scontrano: “non si concentrano più di 30 secondi.”
Nella prima parte si forma il dibattito culturale fra il vecchio e scoglionato professore, e tanti studenti immaturi. Essi vivono in un mondo proprio: ridono per battute da deficiente e usano l'archetto del violino come spada. Non sono giustificabili, come è ingiustificabile la rabbia e le reazioni scomposte contro di essi di Simon.
Qualcosa cambia con avvento della musica: in primo piano, i ragazzi con sguardo meravigliato, osservano il professore mentre suona deliziosamente. La passione è percepita, in alcuni di essi nasce l'esigenza di migliorare il proprio futuro, perciò iniziano a studiare musica.
Fra i ragazzi emerge Arnold. Vive solo con la madre, la quale lo supporta con amore ed esempio. Arnold vuole suonare, lo sente dentro di se. Vuole un posto per concentrarsi, dove studiare in pace.
Va a suonare sul tetto del palazzo in cui abita. C'è la neve, è freddo ma il panorama è bellissimo. La sua condotta è seguita da altri compagni. Si ritrovano tutti sul tetto, prima scherzano, poi imparano l’importanza dello studio di gruppo.
Nella seconda parte, oltre l'impegno degli allievi, entrano in gioco pure i genitori. Tanto sono diversi i ragazzi fra loro, tantissimo sono dissimili gli adulti. Ma il professore ha compreso come comportarsi con essi, come farsi apprezzare; sul suo volto è tornato il sorriso. Simon si impegna personalmente per far stimare i figli da padri e madri, anche essi problematici.
Ha cambiato metodo e il violino diventa importante nell'inquadratura.
Il successo è meritato e la metafora è prestigiosa. L'esito favorevole è dipeso da tutti, dalla scuola – la cui funzione è interpretata da Farid – dal professore capace di riprendere fiducia nella sua vita e inviare messaggi positivi agli studenti. Ovviamente gli studenti i quali hanno individuato uno scopo, un fine nella vita. Con essi ci sono i genitori, hanno difeso i figli anziché snobbare le loro passioni; la metafora: solo insieme si vince.
L'idea del soggetto è comune, e già visto. È il problema maggiore affrontato dal regista, obbligato a difendere le similitudine di La mélodie. E infatti durante la conferenza stampa alla mostra del cinema di Venezia, una giornalista ha posto il problema. È stata abile, anziché chiedergli se ci fossero degli ovvi legami fra La classe e Whiplash, gli domandò furbescamente se aveva visto entrambi i film.
La risposta di Rachid Hami è stata intelligente, specificando esattamente le differenze. “La Classe ha un approccio più di tipo scolastico, centrato sulla scuola … mentre La mélodie è il film sulla musica in ambiente scolastico. ...
La mélodie è molto diverso dagli altri due, La mélodie è un po' una commistione tra La classe però c'è anche una dimensione un po' fantastica nel film, con personaggi che vanno al di là della propria realtà.” (2)
Le classi multirazziali non le ha inventate Laurent Cantet, è un dato di fatto, una realtà incontrovertibile.
Rachid Hami usa un tono immaginario, sia perché i ragazzi rappresentano i nostri tempi – ad esempio, cercano di studiare violino guardando tutorial su youtube – sia perché bramano di avere successo partendo simbolicamente dall'alto, studiando nel tetto e avendo sotto di essi tutta la città.
Il regista usa il primo piano per stare sugli studenti, sui genitori, girando spesso la camera per imprimere un l'aspetto corale. L'emozione della musica è l'altro strumento utilizzato con abilità dal regista. Accetta la sfida e non ne diventa sopraffatto come spesso succede soprattutto con sonate ultra famose. La musica non si ferma perfino quando la scena è finita, deve rimanere sempre dominante anche se si parla di altro.
(1) Sigmund Freud, Il Mosé di Michelangelo, Bollati Boringhieri, Torino, I edizione 1976, ristampa Aprile 2004