Sundown

Sundown, Michel Franco

Sundown

Regista: Michel Franco

Cast: Tim Roth, Charlotte Gainsbourg, Iazua Larios Ruiz, Henry Goodman, Samuel Bottomley, Mónica Del Carmen, Albertine Kotting McMillan

Paese: Messico, Francia

Anno:2021

Autore recensione: Ciro De Luca

Seconda volta consecutiva in concorso per Michel Franco, dopo il fragoroso Nuevo Orden, si torna ad atmosfere più chirurgiche, silenziose ed asettiche, ma non per questo meno spietate.

Tim Roth e famiglia sono ad Acapulco in vacanza , quando un’improvviso lutto costringe il nucleo familiare ad un’improvvisa ritirata. Charlotte Gainsbourgh e figli riescono, seppur provati, a rientrare in patria, l’uomo ha dimenticato i documenti in hotel, resta a terra, solo.

Il cinema di Franco è sempre stato caratterizzato da una durezza di fondo che volentieri si è prestata ad un vero e proprio conflitto, violenza e sopruso, d’altra parte adattandosi allo stile minimale del suo impianto visivo: un’iceberg emotivo in terra messicana.

In questo caso stiamo decisamente circumnavigando la punta di un iceberg in pieno e torrido Messico, dove la tortura interiore e solo contornata da quella esterna, sociale, forse addirittura superflua, consequenziale solo ad una contestualizzazione fin troppo ben impressa nel nostro immaginario, ma sulla quale fortunatamente poco ci si sofferma. 

Sundown, Michel Franco

L’improvviso isolamento del nostro protagonista risulta essere la vera e propria novità per il buon vecchio Franco, c’è quindi come un mistero da risolvere e lo si capisce dal fatto che la sua non è un vero e proprio tentativo di isolarsi, ma bensì essere isola, inesplorata e desiderosa di nuove radici, nuove rive.

Questa isola sembra essere ancestralmente scena di una passione di prima sensazione infima, che si traveste da sgravo di responsabilità, abbandono, ingiustizia e nel mentre ci si domanda se tutto quello che ci viene mostrato è davvero quel che sembra e da li, da questi quesiti, una lampadina si accende e tutto non si mostra mai fine a se stesso.

I precedenti lavori di Franco, seppur nella loro intricata composizione cervellotica, hanno sempre calamitato l’attenzione sul mostrare senza lasciare nulla all’intuito o all’immaginazione dello spettatore, ma bensì mostrare, tirare fuori i classici pugni nello stomaco di cui ne è sempre stato maestro.

Questo nuovo mordente non è da considerarsi una svolta nella sua cifra, ma se un cinema lento o addirittura anemico si vuole imputare, bisogna dar merito innegabilmente di aver creato una tensione che nemmeno un colpo di pistola in pieno giorno in spiaggia riesce a spezzare.

Questa volta non c’è violenza che tenga, orrore da mostrare, se ci si sente già sconfitti o morti dentro.

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